Ecco un approfondimento sul mercato dei casinò terrestri a cura di Marco Fiore, pubblicato sulla rivista Gioco News di febbraio, consultabile integralmente online a questo link.
Dedico il secondo numero del nuovo anno della rubrica Panno Nero a un argomento sul quale è sicuramente difficile scrivere. In effetti la prima vera difficoltà è reperire informazioni sul valore di questo enorme mercato, recuperando in particolare i dati che più ci interessano, ovvero quelli relativi ai casinò terrestri.
Pare che nel 2022, secondo dati resi noti dall’European gaming and betting association, il mercato europeo, tra scommesse sportive e giochi online/offline, abbia prodotto ricavi per circa 108 miliardi di euro, con una crescita del 23 percento rispetto all’anno precedente. Un trend molto positivo che però beneficia del fatto che molte delle sale terrestri hanno riaperto a seguito della fine della crisi pandemica.
Secondo gli osservatori del settore le stime relative alla chiusura del 2023 sono altrettanto positive. Resta il problema, a mio parere difficilmente risolvibile, di tracciare un perimetro reale di questo mercato, oltre che di riuscire ad individuare a quanto ammontano gli introiti dei casinò terrestri rispetto a tutti gli altri giochi.
Aggiungo che parlare di casinò europei è alquanto riduttivo se l’idea di Europa è quella dei 27 Paesi dell’Unione rispetto ai 46 Stati membri del Consiglio d’Europa. Insomma la questione si complica alquanto.
Mentre esiste sicuramente un insormontabile problema di armonizzazione del mercato, in tema di regole e di licenze, esiste fortunatamente l’assoluta certezza che giocare alla roulette, piuttosto che al black jack o al punto banco, indipendentemente dallo Stato in cui ha sede un Casinò, sarà esattamente la stessa cosa.
Quanto da me affermato poco sopra, conferma la grande duttilità del gioco d’azzardo oltre che la sua potenziale trasversalità rispetto a usi, costumi, lingue e ogni altro atteggiamento che l’umana cultura ha saputo creare.
Una forza non da poco, quella insita nei giochi a noi più cari, che nel corso degli anni ha saputo resistere al processo di rivoluzione e modernizzazione che ha interessato l’umanità. L’ho scritto più volte, è certamente difficile, per non dire improbabile, pensare di innovare il gioco d’azzardo.
Digitalizzarlo e proiettarlo sulla rete ha rappresentato certamente un passo importante, piaccia o non piaccia, ma il suo Dna è rimasto immutato e non vedo come possa cambiare in futuro. Non è necessariamente un punto a sfavore di questo particolare divertimento, anzi, la ferrea tradizione su cui si basa può rappresentare il miglior collante per contaminazioni con divertimenti più moderni e più graditi alle giovani generazioni.
Quindi quale futuro ci aspetta, nella vecchia Europa?
Secondo il mio modesto parere, nessuno, almeno non nel breve o nel medio periodo. Per assistere alla nascita di un vero e proprio sentimento europeo, che vada oltre l’utilizzo di una moneta unica, dovranno passare molti anni e cambiare generazioni.
Altra incognita da non sottovalutare è l’intelligenza artificiale che avrà certamente un impatto sui processi produttivi e non solo, forse anche sul nostro modo di vivere e soprattutto di lavorare.
Le prime stime elaborate da studi scientifici prospettano cali della manodopera di oltre il 60 percento rispetto alla situazione attuale.
Altre stime ipotizzano la creazione di nuove figure professionali che dovrebbero, seppure solo in parte, compensare la disoccupazione che il mondo del lavoro si troverà ad affrontare.
Uno scenario complesso e allo stesso tempo preoccupante, il cui impatto nessuno è al momento in grado di prevedere. Purtroppo il problema è la velocità del cambiamento con cui dobbiamo confrontarci e con la quale è difficile stare al passo.
A chi ci governa non resta molto tempo per prendere le decisioni giuste, quelle necessarie a traghettare un modello di società ormai più che datato verso nuovi orizzonti di cui non sono nemmeno in grado di abbozzare i contorni.