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Nuovi (e vecchi) casinò, il tempo delle scelte

12 giugno 2023 - 12:11

Torna alla ribalta politica il tema dei nuovi casinò italiani, una scelta che chiama in causa anche quelli esistenti.

Scritto da Anna Maria Rengo

Foto di Denys Nevozhai su Unsplash

Un casinò a Taomina, anzi no, due casinò stagionali: a Gardone Riviera e a San Pellegrino Terme. E perchè non tutti e tre? 
In queste settimane il tema dei nuovi casinò è tornato prepotentemente alla ribalta politica nazionale, con la presentazione di due proposte di legge, una alla Camera per la Sicilia e l'altra in Senato per la Lombardia, che lasciano presagire che il dibattito, che sembrava ormai morto, è destinato a riprendere vigore, dando voce a quelle realtà che in più riprese avevano criticato l'oligopolio di quelli esistenti, con ricadute benefiche su solo quattro territori di riferimento. Già, perché avere un casinò, se fino a qualche anno fa poteva quasi sembrare una sventura (basti pensare alle vicende di quello di Campione, ma anche alla travagliata storia di quello di Saint Vincent, giunto a un passo dal fallimento) e comunque, anche nel migliore dei casi, una fonte di guai, ora è tornata a essere un'aspirazione, anche come traino turistico e occupazionale. 

I venti sono certamente cambiati rispetto a quelli che tiravano  per esempio nel 2018, con la vittoria del Movimento 5 Stelle che aveva fatto della lotta al gioco con vincita in denaro uno dei suoi cavalli di battaglia politica, con le regioni agguerritissime contro il gioco pubblico (a farne le spese, in questo caso, sono state le sale slot, Vlt, bingo e scommesse  e via discorrendo, ma certamente il sentiment politico era fortemente contrario a tutto quello che aveva a che fare con il gioco in denaro) e i casinò stavano attraversando tutti un momento di crisi, chi “solo” in termini di incassi e ingressi, chi anche per buchi di bilancio che hanno infatti portato per due di essi, Campione d'Italia e Saint Vincent, appunto, a un passo dal fallimento.

Oggi, come torniamo a ripetere, la situazione è cambiata: al gonverno c'è una formazione politica che non guarda più ai gioco come al maggiore dei mali, le regioni sono in larga parte corse ai ripari, per preservare quella che è un'attività lecita e fonte di occupazione, i casinò si stanno riprendendo dalla pandemia e stanno vivendo un momento di grazia e stanno anche rimettendo in ordine i loro conti, ovviamente quelli che all'epoca non li avevano in ordine.
Ci sono dunque motivi perché il dibattito riprenda vigore. Anche se certo, sorprende un osservatore esterno che nel riordino del gioco, previsto nella legge delega al momento all'esame della commissione Finanze della Camera, nessuno abbia scritto una riga sui casinò, come pure tra le proposte emendative riferite all'articolo 13, nessuno si sia ricordato di questa carenza normativa sottolineata dalla stessa Corte costituzionale. 
Forse, diciamo forse, la delega poteva essere l'occasione per incardinare anche la questione casinò, anziché lasciarla a parte.

Dalla sorpresa agli interrogativi. Che cosa ne pensano i casinò italiani della possibilità che ne aprano di nuovi? In tempi passati, Gioconews.it lo avrebbe chiesto all'associazione che li rappresenta, Federgioco, ma allo stato attuale non è dato sapere quale sarà il suo futuro e pare essere rimasto, almeno pubblicamente, senza risposta il sollecito a una definizione della situazione che aveva fatto l'amministratore unico del Saint Vincent Resort & Casino, Rodolfo Buat. Certo, sorprende il solito osservatore esterno che i casinò italiani non sentano l'esigenza associativa, che gli altri operatori italiani sentono, come del resto pure i casinò europei, in larghissima misura, a livello individuale o come paese, aderenti all'European casino association, dalla quale Federgioco aveva invece dato già da tempo disdetta.
Staremo a vedere se i mutati scenari nazionali porteranno i quattro casinò a prendere posizione collettiva e a rivedere quelle, molto individualiste, assunte. 

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