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Casinò e controlli, nelle leggi la radice dell'obbligo

23 gennaio 2024 - 10:52

Il controllo dei casinò italiani è un tema fondamentale, oggetto di grande interesse anche politico: le disposizioni di legge che lo rendono obbligatorio.

Foto di Zach Reiner su Unsplash

Si può o meno condividere l’interesse del signor Russo di Como relativamente alle vicende del Comune e del Casinò di Campione d’Italia. 

Non è la prima e, forse, nemmeno l’ultima volta che mi permetto di esprimermi in argomento controllo nella casa da gioco da parte dell’ente pubblico titolare della autorizzazione o licenza che dir si voglia. Non c’è dubbio, sono datate dal 1927 al 1933 e, precisamente, quella per Campione dal  decreto n. 201 in data 2 marzo 1933 identico, nella sostanza, alla descrizione che riporto solo per l’art.1:

Visto l’art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926 n.100;
Ritenuta la necessità assoluta ed urgente di provvedere;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del capo del Governo, Primo Ministro, Ministro Segretario di Stato per gli affari dell’interno;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Art.1. È data facoltà al Ministro dell’interno di autorizzare, anche in deroga alle leggi vigenti, purché senza aggravio per il bilancio dello Stato, il comune di San Remo ad adottare tutti i provvedimenti necessari per poter addivenire all’assestamento del proprio bilancio e all’esecuzione delle opere pubbliche inderogabili.
L’autorizzazione del Ministro per l’interno ha efficacia giuridica anche in confronto a terzi.
Nell’atto dell’autorizzazione, il Ministro per l’interno può riservarsi di subordinare alla propria approvazione l’esecuzione dei singoli provvedimenti, stabilendone, se del caso, i termini e le modalità.
A mio parere posso avanzare con tutta tranquillità che quanto precede e quanto di seguito si attaglia perfettamente anche al Comune di Campione.

L’articolo 19 del decreto legge n. 318 del 1 luglio 1986 convertito in Legge n.488/86, dal titolo: Entrate speciali a favore dei comuni di  Sanremo e Venezia, recita al comma 1: “Le entrate derivanti ai Comuni di Sanremo  e Venezia alle gestione di cui al Rdl 22 dicembre 1927, n. 2448 convertito dalla L. 27 dicembre 1928 n.3125, nonché al Rdl 16 luglio 1936, n. 1404 convertito dalla L. 14 gennaio 1937 n. 62, sono considerate, fin dalla loro istituzione, entrate di natura pubblicistica da classificarsi nel bilancio al titolo I, entrate tributarie. Non si dà luogo al rimborso delle imposte dirette già pagate”.
Poco rileva la motivazione per la quale il decreto n. 318 fu convertito in legge per il solo art. 19, importa, invece, la natura giuridica che fu conferita a determinate entrate dell’ente pubblico Comune. Ed è proprio quella natura giuridica che, a mio avviso, dovrebbe consigliare il controllo delle entrate in parola sotto ogni aspetto che rileva: quello della esattezza dei risultati e quello della regolarità del gioco e degli incassi.
Non pensate che l’argomento in discorso sia un mio chiodo fisso o qualcosa di più; molto probabilmente la militanza nel sindacato a livelli di una certa responsabilità ha contribuito ad acuire il mio interesse in materia.

Come ex dipendente di casa da gioco per tantissimi anni ho sentito il dovere di farmi una cultura in merito e non ho disdegnato, anche se con maggiore frequenza ultimamente, dedicare del tempo a ricercare su internet alcuni elaborati dei controllori comunali, nel caso specifico,  al Casinò di Sanremo.
Desidero anticipare che non conosco altra metodologia e, quindi, non posso escludere che ne esista una diversa che garantisce identici o simili risultati.

Sicuramente ritengo che nessun tavolo da gioco possa essere aperto o chiuso senza la presenza di un rappresentante del concedente; ciò per certificare l’esattezza della esistenza iniziale e della rimanenza finale in gettoni che indica la vincita o la perdita fatta salva la quantità dei contanti cambiati direttamente al tavolo dai giocatori da aggiungere alla vincita o detrarre dalla perdita.
Ritorno all’elaborato cui ho fatto cenno nel quale ho trovato, accanto ai risultati dei tavoli l’importo delle mance e dei contanti precedentemente specificati.
Ammetto, come in precedenza, la non unicità delle mie convinzioni ma non posso negare che il rinvenimento della documentazione mi ha fatto piacere. È certo che non so e non chiederò se le mance sono conteggiate tavolo per tavolo come sostengo, certamente ciò avviene per i contanti.

Il fondamento della metodologia che mi ha sempre convinto risiede nella percentuale a favore del banco e nella determinazione della mancia che viene corrisposta in occasione della vincita; penso, riassumendo, aritmetica e statistica.
Sicuramente non è questa la sede per argomentare sulla teoria della quale sono più che convinto per quanto all’efficacia dimostrata ma, non conoscendo le ragioni del frequente intervento del signor Russo in argomento controllori comunali, mi sono permesso quanto precede. 
Sia definitivamente chiaro ed inequivocabile che il sottoscritto non interviene per altre motivazioni che non siano ascrivibili a quanto da molto tempo vado sostenendo e che, pur non essendo unica, la metodologia che succintamente ho descritto, mi garantisce buoni risultati.
 

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