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Competenza nei casinò, un 'must' per tutti

21 giugno 2024 - 11:04

Il tema della competenza nei casinò è centrale ma non riguarda solo il personale addetto ai tavoli.

Foto di Tim Mossholder su Unsplash

Foto di Tim Mossholder su Unsplash

Ma per quale motivo si può accennare alla “competenza” parlando solo del personale dipendente, dei giochi francesi e americani, della abilità degli impiegati in tutte le metodologie dei giochi da tavolo?
La competenza consiste in ben altro e senza dubbio deve essere coniugata con quella del personale. Ma la primaria qualità la si deve cercare e, possibilmente trovare, nel management e di chi o coloro ai quali è affidata la scelta relativa alla politica produttiva.
Chiaramente, e credo di parlare per l’esperienza vissuta in tanti anni di lavoro con incarichi di natura amministrativa e tecnici che mi hanno permesso di conoscere l’organizzazione del lavoro, della produzione e del controllo di quest’ultima.

È certo, lo immagino, che un impiegato anziano conosca sia i giochi francesi che americani o nuovi che dir si voglia; più difficile per qualcuno con meno anni di servizio e che il lavoro può averlo distratto dall’utilità del maneggio dei gettoni, del rastrello e della paletta.
Nessuno, penso, può pretendere il ritorno ai tempi in cui i tavoli di roulette erano doppi, dove il pagamento di una sestina ad una signora non si sarebbe fatto, in nessun caso, con il lancio dei cinque gettoni vincenti. 
Ecco che alla competenza si associa, obbligatoriamente, la professionalità  perché senza la seconda è difficile pensare a una casa da gioco dove la qualità del gioco e delle frequentazioni sia importante.
Ecco che la tipologia dei giochi da praticare inizia a divenire pesante se non si adottano accorgimenti atti a ridurre i costi lasciando la qualità del servizio reso alla clientela che risiede nella competenza e nella professionalità abbinate degli impiegati; in ciò consiste il primo servizio alla clientela e non ha costi.

Spesso, senza essere il solo e neppure il primo, mi sono associato a chi consigliava di adeguare l’offerta alla domanda, chi prevedeva il futuro anche prossimo nella multifunzionalità, chi, e questa volta mi trovo discretamente isolato, trova nel sistema di controllo della produzione la metodologia che consente di avere sempre e, comunque, l’andamento dei ricavi e del rendimento lordo dell’investimento. Non mi scuso come mi è accaduto altre volte perché quando leggo di certi argomenti non posso fare a meno di intervenire. Tanto per fare un esempio cambiando decisamente l’oggetto, mi permetto di aggiungere un qualcosa che mi pare non aver prodotto recentemente e bene in argomento mance al personale tecnico delle case da gioco italiane.
Nota al parere della Sezione regionale della Corte dei conti citato in seguito: “L’espressa qualificazione di entrata tributaria, operata dall’art. 19 del decreto legge n. 318/86 convertito in L. n. 488/86, in riferimento specifico alle case da gioco dei Comuni di Sanremo e Venezia, vale a connotare i  proventi derivati dalla gestione di una casa da gioco quali incassi i tipo pubblicistico. La disposizione in esame inquadrata nella finalità generale della legge di emanare provvedimenti per la finanza locale, era dettata da un duplice scopo di stabilire la collocazione nel bilancio dei Comuni di Sanremo e Venezia delle entrate derivanti dalla gestione delle rispettive case da gioco, dall’altro di risolvere anche con riferimento al passato, il dubbio circa il fatto che siano soggette alla imposizione tributaria diretta.”

Mi permetto aggiungere che le entrate di cui sopra fanno riferimento specifico ed esclusivo all’attività di gestione del gioco ovvero derivanti dal gioco, la differenza tra il vinto ed il pagato.
Chiudo richiamando il parere di una Sezione regionale della Corte dei conti; è un mio appunto che ritengo possa definire la locuzione proventi: “Si ritiene che l’attività svolta dalla società, consistente nella gestione di una casa da gioco abbia natura imprenditoriale e che pertanto sia idonea a produrre utili in senso civilistico-commerciale... Tali utili – con riferimento specifico ed esclusivo all’attività di gestione del gioco – sono quelli derivanti dalla differenza tra i ricavi (ossia i proventi complessivamente prodotti dal gioco) e i costi di gestione...

La mancia è una parte della vincita. La sentenza n. 1776 del 18 maggio 1976 della Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, a proposito della mancia al croupier, recita: “Il sistema mancia è retto da un uso normativo – si ricava dall’indirizzo  consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti e il gestore...

Ecco poi la sentenza del Tribunale di Venezia del 19 febbraio 1975 che riporto: “… È pacifico  che le mance in questione sono elargite dai giocatori vincenti... Le mance provengono pertanto da un terzo e sono corrisposte in occasione della vincita del donante, distinguendosi così dalle mance che possono venire... che sono in relazione con il rapporto di servizio... Esula, infatti, dalle mance in questione ogni carattere rimuneratorio poiché le elargizioni vengono fate dai giocatori vincenti non a compenso di un servizio reso ma per atto di mera liberalità...”. E ancora: “… Neppure è possibile configurare le mance come partecipazione agli utili dell’impresa. Le mance .. essendo elargite in concomitanza con una perdita da parte del gestore”.  L’argomento in parola era il quantum che i croupier devolvono alla gestione. 

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