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Gestione casinò, il costo del personale non sia l'unica leva

28 dicembre 2023 - 09:56

Le gestioni dei casinò hanno necessità di risollevare incassi e soprattutto utili: agire sul costo del personale non è l'unica strada possibile.

Foto di Marek Studzinski su Unsplash

È sotto gli occhi di tutti la difficoltà delle gestioni, chi più chi meno, dopo le note vicende; i risultati delle case da gioco nel Paese, fortunatamente non tutte, si sono ridotti e non si vede ancora poco la fine del periodo chiaroscuro. Nella viva speranza che arrivi il chiaro e in questa ottica sentono tutti il dovere di prepararsi.

La indubitabile rilevanza, nell’economia della Regione Valle d'Aosta, della casa da gioco di Saint Vincent dal punto di vista turistico e per i benefici economici per le entrate regionali che, pur non consistendo attualmente nella misura di una volta, non possono assolutamente ignorarsi anche ponendo mente alla occupazione diretta e dell’indotto, appunto, turistico così come si può rilevare dalla parte introduttiva del decreto del presidente della Giunta regionale in data 4 aprile 1946. 

Per il futuro, anche prossimo, se il mercato come è sperabile dovesse cambiare, si potrebbe pensare a un provvedimento legislativo atto a diminuire il costo del lavoro e, nello stesso tempo, potrebbe  permettere un miglioramento economico della gestione a tutto vantaggio delle entrate tributarie della Regione.
Si potrebbe seriamente pensare al gioco di casinò online dal vivo  e al reperimento di giochi nuovi meglio se in esclusiva. Così operando si può concretamente contribuire a incrementare i ricavi e, in conseguenza, l'occupazione e le entrate tributarie a sostegno del bilancio pubblico e, conseguentemente, dei servizi alla popolazione.

Ne consegue, tramite un'operazione che potremmo definire rientrante nel più ampio discorso del cuneo fiscale e della decontribuzione, un calo del costo del personale e una maggiore disponibilità economica per la gestione che si riversa in un contributo alla finanza pubblica locale.
Il costo del lavoro - incrementato dalla normativa di cui al decreto legislativo n. 314/97 - e la contemporanea diminuzione degli introiti sia lordi sia accessori contribuiscono alla evidente riduzione se non annullamento del risultato positivo di gestione. Il decreto in parola assoggetta a contribuzione pensionistica le mance per lo stesso importo assoggettato all'Irpef. Ciò ha incrementato il peso del costo del lavoro.

La legge europea 2015, art.7 (Disposizioni in materia di tassazione delle vincite da gioco. Esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’unione europea 22 ottobre 2014 …) è obbligatorio richiamarla nel ragionamento complessivo.
L’articolo citato prevede e stabilisce che le vincite al gioco corrisposte da case da gioco autorizzate in Italia o negli Stati membri dell’Unione europea o nello Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta.
Un insieme di concause ha contributo a creare la situazione attuale che vede sempre più diminuire le “entrate tributarie” a favore dell’ente pubblico titolare dell’autorizzazione alla casa da gioco, le percentuali sui proventi lordi da attribuire alla gestione per garantirne la continuità sono sempre più elevate. 

Il costo del lavoro, anche a causa della diminuzione dei ricavi, ha raggiunto una componente eccessiva sul totale di questi, che alcuni anni fa, era inimmaginabile. L’occupazione diretta e dell’indotto ne soffre e continuerà a soffrirne se non si pone rimedio ad una poco piacevole situazione. La riduzione del costo del lavoro in discorso permetterebbe un certo riequilibrio nella gestione che dal punto di vista finanziario peserebbe meno sul bilancio pubblico.
Non può nutrirsi dubbio alcuno sul fatto che la contribuzione sulle mance ha causato un notevole incremento del costo del lavoro per gli addetti direttamente alla produzione.

Fatta questa doverosa premessa ecco la proposta: le mance non sono soggette a imposta personale sul reddito delle persone fisiche così come le vincite; operando in questo modo non sono soggette a contribuzione pensionistica e il dipendente provvede in proprio tramite le Ooss a una forma integrativa della pensione.
Come abbiamo potuto notare ultimamente per sopperire all'incremento dei costi si agisce, in prima battuta, su quello per il personale. Non va però sottaciuto che anche l'occupazione diretta e dell'indotto sono un risultato utile per l'ente pubblico sul cui territorio è ubicata la  casa da gioco. Pensare all'apporto nel campo del turismo è un tutt'uno irrinunciabile; chiaramente si potrebbe sperare nell'aumento dei ricavi che,  nell'immediato, è poco probabile.
Certamente un riscontro all’impiego delle risorse derivanti dalla casa da gioco lo possiamo trovare nel bilancio al titolo primo del bilancio: entrate tributarie. Orbene, così come è agevole da verificare, la natura giuridica delle entrate derivanti all’amministrazione regionale e ai Comuni dalla casa da gioco e dal disposto della legge 488/86 è proprio quella evidenziata.

Si può individuare nella casa da gioco la possibilità di realizzare convenientemente entrate; forse non immediatamente ma in un prossimo futuro. Al tempo stesso sono convinto che il fattore occupazionale sia diretto sia dell’indotto turistico e alberghiero non possa essere coniugato disgiuntamente così come sono fermamente convinto che un meditato ampliamento dell’offerta si accompagni con un incremento occupazionale. 
Le case da gioco italiane non si trovano in buone acque e le entrate tributarie a favore degli enti pubblici proprietari non sono più quelle di un tempo. Sono drasticamente diminuite e i loro bilanci hanno difficoltà a chiudere con un utile anche minimo.

Il ricorso all’intervento sul costo del personale è spesso e volentieri adottato per superare le difficoltà di carattere finanziario, l’occupazione in calo concorre ad appesantire una situazione già grave per se stessa in carenza di entrate significative  che non ritroviamo più nei bilanci pubblici.
Oggi si parla di cuneo fiscale e di decontribuzione per diminuire il costo del lavoro e, contemporaneamente, incrementare il netto a favore del dipendente. Ebbene, per quanto inerisce le case da gioco si potrebbe intervenire detassando ulteriormente (al momento è il 25 percento) dall’imposta sul reddito delle persone fisiche le mance in modo che il datore di lavoro sia sgravato congruamente dall’importo dei contributi pensionistici, diminuendo al tempo stesso il costo del lavoro.  

La legge europea 2015, art. 7 (Disposizioni in materia di tassazione delle vincite da gioco. Esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’unione europea 22 ottobre 2014 …) già citata e la sentenza n.1776 del 18 maggio 1976 della Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, a proposito della mancia al croupier, recita appunto che la mancia è una parte della vincita.
Concludendo non pare logico trattare in modo differente la parte principale della vincita ottenuta dal giocatore e quella minore della quale beneficia il croupier.
Se, come abbiamo potuto constatare a norma della citata legge europea del 2015, la vincita non è soggetta ad imposta personale sul reddito, la mancia che è la parte più piccola della vincita dovrebbe e/o potrebbe seguire la stessa sorte.

Con questo provvedimento si intende da un lato diminuire il costo del lavoro di una parte dei dipendenti (i contributi pensionistici a carico del datore di lavoro) e, dall’altra a incrementare il netto a disposizione del dipendente. Che, con il risparmio che comprende l’imposta citata e la ritenuta pensionistica a suo carico, potrà provvedere, anche tramite le organizzazioni sindacali, a una polizza assicurativa privata.
Così operando pare agevole comprendere che il risultato della casa da gioco permetterà più facilmente il miglioramento delle entrate tributarie, perché di questo si argomenta.
In definitiva non si tratta di un impegno gravoso ma, ritengo, utile e necessario. È utile in quanto si assolve ad un invito della Corte Costituzionale (n. 152/1985) e non è di poco momento, è necessario perché contribuisce a non deprimere la domanda di beni e, nello stesso tempo, agire nell’interesse generale di quegli enti pubblici periferici con possibilità concreta di migliorare i pubblici servizi.

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