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Gestioni casinò, le tante strade obbligate e parallele

25 ottobre 2024 - 11:17

L'analista di gaming Mauro Natta esamina il tema degli obiettivi e delle necessità che le gestioni dei casinò, di qualsiasi natura siano, devono tenere in considerazione.

Foto di Denys Nevozhai su Unsplash

Il gestire una casa da gioco passa, per quanto ricordo, attraverso due strade che devono forzatamente camminare insieme: il contenimento dei costi e l’incremento dei ricavi come in ogni altra azienda che fornisce servizi.
Sicuramente non posso sottacere la rilevanza di adeguare l’offerta alla domanda e la qualità del servizio.
Alla prima esigenza si contribuisce applicando al massimo la multifunzionalità da parte del personale addetto, direttamente e indirettamente, alla produzione. Si deve, contemporaneamente, tenere in debita considerazione il mutare dei frequentatori e la necessità di diversificare l’offerta – non mi stancherò mai di sostenerlo – con l’introduzione di giochi nuovi e innovazioni/ ritocchi veri in quelli già praticati.
Alla seconda – a prescindere da quanto già si applica anche da qualche tempo – si deve valorizzare il rapporto umano tra cliente ed impiegato tale da far preferire, ove possibile, la frequentazione di un casinò piuttosto che il gioco online.
Con dette attenzioni possiamo prevedere un buon andamento nelle presenze e nei ricavi; ma non ci siamo ancora interessati del contenimento dei costi.

Da sempre l’individuazione della produttività è stato l’assillo di ogni gestore di casa da gioco. È noto che ogni gioco offre un vantaggio per il banco ma, certamente, non si può indirizzare il consumo su un determinato prodotto per il detto motivo.
La vera produttività si ottiene esaminando tanti aspetti: la domanda, la resa effettiva considerando le cosiddette ore tavolo e la forza lavoro impiegata, la resa teorica fornita dalla parametrazione del ricavo con le presenze, il posizionamento dei tavoli, l’incidenza di un prodotto sul totale dei ricavi ed altro ancora che ogni gestore deve conoscere bene.                                                                                    

Il tutto ha un inizio che permette con una certa tranquillità di pensare a un marketing mirato sia al contenimento dei costi sia al ritorno degli investimenti (raffronto costi/benefici) che il divieto di pubblicità pare rendere maggiormente attuale.
L’inizio consiste in una procedura da mettere in atto per il controllo a posteriori sulla regolarità del gioco, una modalità di rilevamento di tutti i risultati del tavolo (introito, mance, ore effettive di apertura, minimi e relative variazioni, casi particolari, ecc.).
Non è detto che una tale procedura, esposta in modo riassuntivo, non possa essere incrementata allo scopo di fornire ulteriori notizie anche a conforto di possibili anomalie alle quali porre rimedio.

Torno su un tema imprescindibile, ovvero la necessità – a mio avviso essenziale – della snellezza funzionale che deve caratterizzare la conduzione del reparto produttivo. E non soltanto perché le relazioni, la semplicità e completezza della comunicazione rappresentano le basi per la qualità di cui sopra.
Non pretendo nel modo più assoluto di avere la verità in tasca; l’esperienza mi ha fatto percepire che quanto sostengo è una possibile soluzione, forse ne esistono delle altre che non conosco, per intraprendere una azione mirata con un occhio di riguardo alle molteplici sfaccettature di un unico problema. E non ho alcun dubbio sulle mie convinzioni relative all’operabilità per un riavvio che si attenga al sano principio del ritorno degli investimenti, in specie lo ripeto, dopo il divieto di pubblicità.

Ecco ciò in cui credo fermamente e che una gestione dovrebbe avere tra le sue caratteristiche: il decisionismo consapevole, la snellezza funzionale e la concreta possibilità di una rapida, completa e più che altro comprensibile comunicazione.
Vorrei che fosse chiara la mia intenzione mirata a contribuire in qualche modo alla politica relativa alla conduzione delle case da gioco.
In tanti anni sono stato impiegato come amministrativo, tecnico e dirigente sindacale con il compito specifico di seguire il trend del mercato interno e nazionale.

In estrema sintesi all’età di 83 anni suonati mi è sorto il desiderio di supportare in qualche modo le azioni che saranno, bene inteso non le sole, alla base della gestione di una casa da gioco.                                                                       
Non posso dire, ma solo sperare insieme a molti altri, che arriveranno tempi migliori e, se mi è permesso, dare un modesto contributo fondato sull'esperienza. Allo stesso tempo non posso che augurare la piena riuscita di una iniziativa e buon lavoro a chi avrà il gravoso compito.
I risultati di un qualsiasi gioco sono collegati sempre al volume di affari e sono verificabili – bene inteso sul medio periodo – tramite alcuni riscontri alla base dei quali troviamo la matematica e non solo.

Il vantaggio del banco non è il primo parametro che consente tale verifica; negli Usa i gettoni si acquistano solo ed esclusivamente a tavolo dove si gioca e possono essere consumati solo in quel tavolo. È impossibile fare i “furbi”, cambiare molto e giocare poco; ci sono le telecamere su ogni tavolo.
Ne consegue che la regolarità del gioco verificata a posteriori negli Usa – il controllo concomitante avviene tramite telecamere come è stato notato – è dato dalla parametrazione tra contanti cambiati e risultato del tavolo conto tenuto della speranza matematica del banco.
Nei casinò ove è possibile acquistare gettoni alla cassa di sala e al tavolo il controllo si presenta, forse un po’ più macchinoso, ma realizzabile col beneficio tutt’altro che trascurabile di effetti collaterali di sicuro interesse per la gestione. Da non sottacere il limite imposto recentemente nell’uso dei contanti per cui il dato diventa anche meno rilevante, mancando il dato storico.

Mi piace, tra l’altro, richiamare l’effetto “rapporto umano” che non solo distingue il gioco nel casinò da quello online, ma si realizza in una componente importante dei ricavi in una casa da gioco: le mance. Intendo quelle che alla fine della giornata gli addetti trovano nelle apposite cassette; ciò per essere perfettamente compreso.
Forse le mance della fair roulette si conteggiano separatamente da quelle della roulette tradizionale; procedendo in questo modo invito ad una parametrazione col risultato del tavolo nel medio periodo. Può essere che il risultato possa risolvere,   tirando in ballo la resa effettiva e tenendo conto del minimo di giocata e del numero degli impiegati addetti, una curiosità: quale rende di più?  Accennavo in precedenza che non solo la matematica è richiamata; una breve parentesi sulla necessità del rapporto umano tra giocatore e impiegato che si realizza più facilmente in un tavolo piuttosto che in un altro la ritengo necessaria.

Ora passo alla statistica che ho scomodato parlando della speranza matematica e che, per quanto mi risulta, è la scienza che viene richiamata dai più convinti sistemisti. Probabilmente hanno ragione, senza dubbio alcuno ne sono convinti. Una cosa è certa: il giocatore, grande o piccolo che sia, è tendenzialmente portato a rammentare le vincite e a dimenticare le perdite.
Certamente il rapporto tra il contante cambiato direttamente al tavolo e il risultato può rivestire un concreto significato anche nelle case da gioco italiane così come, forse ora ben di più stante la limitazione di cui si è detto, la proporzione tra mance ed introito di uno stesso gioco (mi permetto un invito a provare separate le due tipologie di roulette precedentemente richiamate) sempre in un medio periodo.

Concludo richiamando due argomenti ai quali ho fatto cenno altre volte ed in altre occasioni. Il primo è che da una seria e completa procedura del controllo sulla regolarità del gioco si opera alla ricerca di un marketing mirato che il divieto di pubblicità impone più di prima.

Il secondo è una sorta di consiglio che mi permetto, non soltanto imitando, mi pare, quanto i giapponesi insegnavano qualche tempo or sono: la migliore pubblicità si realizza tramite il “porta a porta” alla base del quale troviamo l’ormai indispensabile diversificazione dell’offerta coniugata con la capacità di adeguarla in tempo reale alla domanda e la qualità dei servizi che - e non è di poco momento - costituiscono le fondamenta per una reale fidelizzazione alla quale è pratico non rinunciare. 
Non c’è dubbio alcuno sul fatto che la gestione è autonoma salvo, logicamente, adempiere alle obbligazioni contrattuali; che la proprietà è dell’ente pubblico titolare dell’autorizzazione e allo stesso tempo può essere l’azionista di riferimento nei casi di gestione a capitale misto, sempre, se la gestione è a capitale pubblico.
Il gestore può – sempre nell’alveo degli accordi con la proprietà – nel controllo comportarsi come meglio crede o come l’esperienza consiglia, la proprietà ha il diritto e il dovere di controllare la gestione, io credo, nel modo descritto in precedenza tale da far affiorare ogni possibile dubbio o sfumatura utile a richiedere chiarimenti.

La gestione, a prescindere da ogni tipologia della stessa, deve essere controllata dalla proprietà anche, e soprattutto, stante la natura giuridica delle entrate di specie.
In argomento entrate ritengo che siano all’origine di proprietà dell’ente pubblico salvo lasciare al gestore la parte contrattualmente stabilita per garantire finanziariamente la gestione; oppure sarà la pubblica amministrazione ad impegnarsi a versare al gestore quanto contrattualmente dovutogli. In ogni caso nulla cambia.

A mio parere personale – e auspico che sia condiviso – il controllo della proprietà non deve esaurirsi in quello sulle entrate, concomitante e a posteriori, allo scopo di verificare la regolarità del gioco e degli incassi, ma estendersi alla congruità dei costi, in specie, quelli mirati alla produzione e relativa produttività.
Quindi un controllo a largo raggio che si potrebbe configurare come un doppione, ancorché parziale, di quello che deve mettere in funzione il gestore, una procedura che, a ben vedere, può rivestire il compito di supporto e di conforto.

D’altra parte pare logico ritenere che la proprietà si riservi un controllo approfondito ed esteso il più possibile senza invadere la sfera di competenza di altri; verificare ogni aspetto del trend delle entrate che si può riflettere sui costi ed ancor più sugli investimenti si presenta doveroso nei confronti dell’operato del gestore. Se da una parte quest’ultimo provvede – anche nel migliore dei modi – a procurare benefici economici alla proprietà come da contratto, dall’altra è giusto che l’ente pubblico ne conosca i costi. La proprietà garantisce l’equilibrio economico finanziario della gestione ed è questo il supporto più rilevante a conforto dell’ultima osservazione.

Non ho alcun dubbio sulle mie convinzioni relative all’operabilità per un riavvio, con una situazione nuova, che si attenga al sano principio del ritorno degli investimenti, in specie lo ripeto, dopo il divieto di pubblicità.                                                                                           
Ecco,  lo ripeto. ciò in cui credo fermamente e che una gestione dovrebbe avere tra le sue caratteristiche: il decisionismo consapevole, la snellezza funzionale e la concreta possibilità di una rapida, completa e più che altro comprensibile comunicazione.
In altri termini, per intenderci, l’organizzazione del lavoro e, conseguentemente, della produzione sono i più importanti compiti ai quali adempiere. Chi o coloro che decidono devono essere sempre in grado di motivare una risposta negativa ad un collaboratore a seguito di una proposta ricevuta in ordine all’organizzazione in parola. In questo sono racchiuse le caratteristiche appena descritte che non sono assolutamente facoltative ben inteso per me.

Ma in argomento “organizzazione del lavoro e politica produttiva” mi piace aggiungere altre considerazioni che, a prima vista, potrebbero essere valutate superflue; a mio avviso non lo sono affatto.
Mi piace, tra l’altro, richiamare l’effetto “rapporto umano” che non solo distingue il gioco nei casinò da quello online, ma si realizza in una componente importante dei ricavi in una casa da gioco: le mance. Intendo quelle che alla fine della giornata gli addetti trovano nelle apposite cassette; ciò per essere perfettamente compreso.

Forse le mance della fair roulette si conteggiano separatamente da quelle della roulettetradizionale; procedendo in questo modo vorrei invitare ad una parametrazione col risultato del tavolo nel medio periodo. Può essere che il risultato possa risolvere, tirando in ballo la resa effettiva e tenendo conto del minimo di giocata e del numero degli impiegati addetti, una curiosità: quale rende di più? 
Certamente il rapporto tra il contante cambiato direttamente al tavolo e il risultato può rivestire un concreto significato anche nelle case da gioco italiane così come, forse ora ben di più stante la limitazione di cui si è detto, la proporzione tra mance ed introito di uno stesso gioco (mi permetto un invito a provare separate le due tipologie di roulette precedentemente richiamate) sempre in un medio periodo.
Ancora richiamo due argomenti ai quali ho fatto cenno in altre occasioni. Il primo è che da una seria e completa procedura del controllo sulla regolarità del gioco opera alla ricerca di un marketing mirato che il divieto di pubblicità impone più di prima.
Una sorta di consiglio me lo permetto, non soltanto imitando, mi pare, quanto i giapponesi insegnavano qualche tempo or sono: la migliore pubblicità si realizza tramite il “porta a porta” alla base del quale troviamo l’ormai indispensabile diversificazione dell’offerta coniugata con la capacità di adeguarla in tempo reale alla domanda e la qualità dei servizi che - e non è di poco momento - costituiscono le fondamenta per una reale fidelizzazione alla quale è pratico rinunciare. 
Non c’è dubbio alcuno sul fatto che la gestione è autonoma salvo, logicamente, adempiere alle obbligazioni contrattuali; che la proprietà è dell’ente pubblico titolare dell’autorizzazione e allo stesso tempo può essere l’azionista di riferimento nei casi di gestione a capitale misto, sempre, se la gestione è a capitale pubblico.

Il gestore può – sempre nell’alveo degli accordi con la proprietà – nel controllo comportarsi come meglio crede o come l’esperienza consiglia, la proprietà ha il diritto e il dovere di controllare la gestione, io credo, nel modo descritto in precedenza tale da far affiorare ogni possibile dubbio o sfumatura utile a richiedere chiarimenti.
È mio parere personale – e auspico che possa essere condiviso – che il controllo della proprietà non deve esaurirsi in quello sulle entrate, concomitante e a posteriori, allo scopo di verificare la regolarità del gioco e degli incassi, ma estendersi alla congruità dei costi, in specie, quelli mirati alla produzione e relativa produttività.

Un controllo a largo raggio si potrebbe configurare come un doppione, ancorché parziale, di quello che deve mettere in funzione il gestore; invece si tratta di una procedura che, a ben vedere, può rivestire il compito di supporto e di conforto.
D’altra parte pare logico ritenere che la proprietà si riservi un controllo approfondito ed esteso il più possibile senza invadere la sfera di competenza di altri; verificare ogni aspetto del trend delle entrate che si può riflettere sui costi ed ancor più sugli investimenti si presenta doveroso nei confronti dell’operato del gestore. Se da una parte quest’ultimo provvede – anche nel migliore dei modi – a procurare benefici economici alla proprietà come da contratto, dall’altra è giusto che l’ente pubblico ne conosca i costi. La proprietà garantisce l’equilibrio economico finanziario della gestione ed è questo il supporto più rilevante a conforto dell’ultima osservazione.
Quanto mi sentivo sinceramente di consigliare l’ho scritto ed è frutto della mia lunga esperienza. Le ripetizioni eventuali sono poste a maggior rilievo della  problematica.
Ora, sull’argomento in parola su cui rinuncio a scrivere ulteriormente dopo  la presente occasione, desidero pubblicare un riassunto, purtroppo non breve, di ciò che mi ero permesso di scrivere in passato e per qualche tempo.

Su questo tema, ovvero il modo, per mio conto, di gestire una casa da gioco non tornerò. Ho cercato o meglio tentato di seminare ma il raccolto è stato scarso!
Il mio prossimo impegno sarà rivolto all’esame della situazione riservandomi di esporre il mio punto di vista sempre basato sulla esperienza passata e su quanto le mie relazioni mi hanno permesso di tenermi aggiornato dal 2000  oggi. Se me lo  si permettete trattasi, a mio avviso, di critica costruttiva che, se non condivisa, potrebbe rappresentare argomento di discussione.  

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