skin
Menu

Soligo: 'Las Vegas, modello difficilmente esportabile in Europa'

10 agosto 2024 - 09:55

Il 'modello' di resort integrato di Las Vegas è poco esportabile in Europa, ma i due mondi possono insegnare le rispettive strategie, come spiega la sociologa Marta Soligo.

Scritto da Anna Maria Rengo

Per molti è tuttora la capitale mondiale dei casinò, insuperata da Macao nell'immaginario europeo. Parliamo ovviamente di Las Vegas, che ha fatto di questa industria il primo, ma non più unico, motore turistico ed economico della città. Un modello che può essere preso come spunto anche dagli operatori italiani di gioco? O magari, anche questi ultimi possono insegnare qualcosa ai casinò della Sin City? Da questi quesiti parte il nostro colloquio con Marta Soligo, sociologa italiana che da molti anni vive e lavora a Las Vegas dove è docente presso il William F. Harrah College of Hospitality e direttrice dell'Ufficio per lo sviluppo economico dell'University of Nevada Las Vegas (Unlv).

“Parlando delle differenze principali per quanto riguarda il turismo tra Las Vegas e l'Italia, la parola chiave è 'diversificazione', sia all'interno che al di fuori dei casinò. Quando si tratta di grandi casinò sulla Strip si deve parlare del cosiddetto one stop shop, ossia che si fa un solo stop in un solo luogo solo per fare un po' di tutto. All'interno dei casinò, ma è più corretto denominarli integrated resort, l’offerta è infinita: centri commerciali, piscine, discoteche, ristoranti. Se una famiglia va in un resort, per fare un esempio, il marito può giocare, la moglie fare shopping, i bambini stare in piscina. Questo è un modello in grado di attirare diversi target di clientela e che in Italia non vedo. D'altro canto, mi piace l'idea che se vado al Casinò di Sanremo poi esco e vado dal ristoratore locale a mangiare un panino, oppure dal negoziante, sempre locale, a comprare una maglietta. È anche questa la forza del modello italiano: i turisti visitano il territorio e non stanno solo chiusi nel resort.
Tornando a Las Vegas, la diversificazione è pure fuori dai casinò: un tempo la città era la capitale del gioco d'azzardo, ma ora abbiamo anche lo stadio, la Formula 1, le convention, le fiere, siamo diventati un centro di riferimento mondiale per la musica elettronica, i nightclub, la ristorazione, da Gordon Ramsey in poi.”

Per crescere e svilupparsi, l'industria del gioco italiana di che cosa ha bisogno?

“Mi piace l'idea che i casinò, penso alla ricerca che ho svolto su quello di Venezia, possano essere un'attrazione culturale. Da sempre i casinò in Italia sono simbolo di turismo. In passato, durante la cosiddetta villeggiatura, i casinò avevano un ruolo chiave e non a caso sono nati tutti in località turistiche.
Tuttavia, mi pare che a Las Vegas i programmi per il gioco d'azzardo responsabile siano più strutturati. Certo, ci si può chiedere se ci sia una contraddizione, visto che lo scopo dei casinò è fare soldi, e le mie ricerche sociologiche in materia hanno portato a risultati contrastanti. Ritengo però che sia ora che in Italia si creino dei programmi ben strutturati in materia, che parole come responsible gambling diventino parte del vocabolario. Per questo, penso sia fondamentale uno sforzo unito e coerente tra i vari casinò, e che non ci siano programmi basati sulla frammentazione.”

Secondo lei una “Las Vegas”, magari in dimensioni ridotte, potrebbe essere realizzata in Europa o in Italia?

“I turisti spesso percepiscono i casinò negli Usa in connessione alla cosiddetta industria dell’entertainment, mentre in Europa notiamo più questa idea di casinò come attrazioni storiche ed eleganti, un po’ alla James Bond. Sono luoghi più eleganti, pensiamo all’architettura, allo stile liberty.
Per rispondere alla domanda, comunque, dipende da quello che in sociologia definiamo tessuto culturale e urbano. Ci starebbe bene un posto come Las Vegas in una città europea? La comunità sarebbe d'accordo? Bisogna sempre fare degli studi approfonditi anche riguardo agli impatti di un mega resort: sia economico, che potrebbe apparire a molti come buono; ma anche riguardo al gioco problematico e a quello che succederebbe. Per me l'impatto del turismo sulla comunità è sempre il primo elemento da cui partire e quindi bisognerebbe sempre fare delle ricerche mirate. Quello di Las Vegas è un modello un po' difficile da esportare in Italia o in Europa. Ogni caso va da sé, sarebbe importante l'opinione dei residenti, dei politici, degli investitori, ma la vedo complessa. Noto, comunque, una certa americanizzazione in Italia. Quando entro al Casinò di Venezia, e vedo le fila di slot, mi sembra di essere un po' a Las Vegas, poiché c'è il modello richiama gli Usa.”

Spesso si parla del legame tra gioco e turismo. Al di là del caso specifico di Las Vegas, è un legame reale e semmai a quali condizioni?

“Ho notato che come attrattore turistico il gioco d'azzardo è sempre più popolare. Ma a me piace l'ottica di sistema. Il Covid ci ha insegnato che non possiamo vivere con una singola vocazione economica e che è meglio diversificare, appunto in ottica di reti. È bello se il casinò viene promosso come un'attrazione di un sistema dove il turista arriva e lascia soldi in più parti del territorio. Del resto, questo è quanto sta accadendo a Las Vegas e presumo che anche le città italiane stiano iniziando a pensarci.”

Altri articoli su

Articoli correlati