Milleproroghe, l'attesa di casinò e proprietà
Pioggia di emendamenti al Dl Milleproroghe, annunciate proposte di modifica su casinò e società partecipate.
Come su molti provvedimenti attesi e importanti, sono numerosi gli emendamenti presentati in commissione Affari costituzionali e Bilancio della Camera al disegno di conversione in legge del decreto Milleproroghe. Ben 2.500, questo il conto fatto alla scadenza del termine ultimo per presentarli, ieri 28 gennaio, mentre oggi alle 12 scade il termine per inviare i subemendamenti all'emendamento del governo. Mercoledì 3 febbraio ci sarà l'esame dell'ammissibilità delle proposte e entro il giorno successivo i gruppi segnaleranno quelli che in effetti saranno esaminati.
Se il testo originario scaturito dai lavori dell'uscente Governo Conte 2 non conteneva nulla che potesse interessare i casinò o gli enti pubblici che li possiedono, tra le proposte di modifica è certo che ce ne saranno diversi.
Innanzitutto, per quanto riguarda il Casinò Campione d'Italia, c'è la proposta di modifica bipartisan che arriva dai deputati Alessio Butti (FdI), Chiara Braga (Pd) e Giovanni Currò (M5S). Essa punta a posticipare alla fine del mese di marzo il termine per la revisione statutaria della società Casinò di Campione, da trasmettere al ministero dell'Interno e si rende necessaria, spiegano i firmatari in una nota, per "consentire il corretto risanamento della società di gestione del casinò, conseguente la cessazione del fallimento dopo il pronunciamento in merito della Corte di Cassazione, e funzionale al superamento della crisi occupazionale e sociale che ha duramente colpito gli abitanti di Campione d’Italia”. Ovviamente, il tutto nell'auspicio che il tribunale di Como conceda all'attuale società di gestione il tempo che serve, come da essa richiesto, per integrare la documentazione al piano concordatario originario, e che dunque non si proceda alla dichiarazione di fallimento: un doppio scenario sul quale si saprà qualcosa in più già lunedì prossimo, con l'udienza fissata in tribunale a Como dell'attuale amministratore unico del Casinò, Marco Ambrosini.
Altra certezza, ma stavolta si parla soprattutto degli enti pubblici di riferimento dei casinò, è che ci sono proposte di modifica sulle società partecipate, già suggerite dall'Associazione nazionale comuni italiani nel corso della sua audizione da parte delle commissioni incaricate in sede referente dell'esame del testo. In particolare, quella a prima firma del deputato di Forza Italia Giorgio Mulè, con la quale si mira a tutelare le società partecipate e tutti i lavoratori impiegati oltre ad agevolarne le attività operative e funzionali, in considerazione della perdurante emergenza Covid.
L'emendamento Mulè prevede che "in considerazione degli effetti dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, le previsioni di cui agli articoli 6, comma 2, 14, comma 5, 20, comma 2, lettera d), 21 e 24, comma 5-bis, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 e successive modifiche e integrazioni, non si applicano in relazione agli esercizi in corso nel 2020 e ai relativi risultati", che "al fine di agevolare l’attività operativa e funzionale delle Amministrazioni Pubbliche e delle società partecipate, l’articolo 20, commi 2, 3, 4 e 7, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 e successive modifiche e integrazioni, non si applicano per l’anno 2020", mentre "all’ articolo 20 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, e s.m.i., al comma 2, alla lettera d) le parole 'un milione di euro' sono sostituite con le seguenti: 'cinquecentomila euro'", mentre "all’articolo 24, comma 5 bis, del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, e s.m.i., le parole 'fino al 31 dicembre 2021' sono sostituite con le seguenti: 'fino al 31 dicembre 2023'". Infine, "all’articolo 1, comma 555, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è aggiunto in fine il seguente periodo: 'Ai fini del calcolo del quinquennio non si tiene conto dei risultati degli esercizi 2020 e 2021.'. Dopo il citato comma 555, è aggiunto il seguente: '555-bis. La disposizione di cui al comma 555 non si applica qualora il recupero dell’equilibrio economico aziendale sia comprovato da un idoneo piano di risanamento.'" e "per l’anno 2020, il termine per il deposito dei bilanci di aziende speciali e istituzioni presso la camera di commercio, di cui all’articolo 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è prorogato al 31 gennaio 2021.”
LE MOTIVAZIONI - La proposta di cui al comma 1, si spiega nelle motivazioni, si rende necessaria perché il Testo Unico sulle società pubbliche (Decreto legislativo n. 175/2016) prevede una rigorosa serie di divieti di intervento finanziario a supporto delle partecipate in crisi e, in particolare, di quelle in perdita per tre esercizi consecutivi. Condizione quest’ultima in cui rischiano di trovarsi numerose società pubbliche anche in ragione dell’attuale congiuntura economica e dell’inevitabile protrarsi dei suoi effetti: non è difficile immaginare che una parte maggiore di tale costo sarà a carico delle società che gestiscono servizi pubblici locali, prevalentemente in house.
Il decreto legge n. 23/2020 (liquidità per le imprese), contiene una serie di misure che non sono applicabili alle società pubbliche che hanno nel TUSP la loro disciplina speciale (decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175).
La norma proposta serve dunque ad intervenire temporaneamente anche sulle società pubbliche al fine di evitare responsabilità e divieti discendenti dall’inevitabile crisi finanziaria derivante dall’emergenza Covid 19, stabilendo che almeno il 2020 non rilevi nel calcolo del triennio previsto dall’articolo 14 comma 5 del TUSP e sospendendo l’obbligo fissato dall’articolo 6 comma 2 del medesimo Testo Unico.
La modifica di cui al comma 2 è necessaria alla luce della situazione emergenziale legata all’emergenza Covid-19 che sta trascinando numerose società pubbliche in una crisi economica e finanziaria. Pur essendo di natura esogena, tale crisi non esonererebbe le amministrazioni dagli adempimenti ordinari annuali del TUSP inerenti il piano di razionalizzazione ed i relativi vincoli per la sua attuazione. Considerato inoltre, che la crisi di liquidità ha toccato tutti i comparti e le difficoltà che gli enti incontrerebbero nell’attuazione delle dismissioni societarie - solo ed esclusivamente in attuazione di precetti normativi stringenti – si propone la sospensione dell’applicazione, per il 2020, dei vincoli alla dismissione e della redazione e trasmissione del Piano annuale ai soggetti di cui al TUSP. Gli enti potranno comunque compiere le operazioni che riterranno necessarie per la salvaguardia delle società con una modalità in linea con la situazione locale, senza le misure sanzionatorie.
La proposta di cui al comma 3 è necessaria al fine di consentire agli enti locali l’alienazione ovvero la razionalizzazione delle partecipazioni legate al solo valore soglia di bilancio - fissato nel TUSP quale vincolo normativo che però prescinde dalla sana gestione della società – utilizzando il fatturato medio triennale provvisorio di 500.000,00 euro, in via definitiva a regime. Tale valore, che terrebbe conto di situazioni societarie particolari e complesse, sostituirebbe quello eccessivamente oneroso di 1 mln di euro, attualmente previsto nel TUSP da quest’anno.
La proposta di cui al comma 4 prevede di posticipare il termine prevista dall’articolo 24 comma 5 bis del TUSP, per la dismissione delle società con bilancio in utile ed oggetto di revisione straordinaria, dal 2021 al 2023. Ciò in quanto l’inevitabile crisi finanziaria derivante dall’emergenza Covid-19, avrà sicuramente ripercussioni negative non solo sull’esercizio 2020, ma anche su quelli successivi, pregiudicando il valore delle quote societarie rispetto alle quali i soci pubblici hanno previsto di procedere all’alienazione.
La proposta di cui al comma 5 sterilizza, in primo luogo, gli effetti derivanti dall’emergenza sanitaria del 2020 con ripercussioni anche nel 2021, sull’obbligo di cui al comma 555 della legge n. 147/2013, che impone di porre in liquidazione le aziende speciali e le istituzioni a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali titolari, nel caso di risultati negativi per almeno quattro esercizi sui cinque esercizi precedenti. In secondo luogo, la proposta introduce una deroga alle previsioni dello stesso comma 555 nel caso in cui il soggetto partecipato attivi un percorso di recupero dell’equilibrio economico ove supportato da un idoneo piano di risanamento. La previsione, inoltre, conferma l’avvicinamento delle aziende speciali al c.d. modello aziendalistico in termini gestionali, risultando anche coerente con quanto già previsto in tema di società a partecipazione pubblica.
Infine, la proposta di cui al comma 6 evita l’applicazione di sanzioni per il mancato tempestivo deposito presso le Ccia entro il 31 maggio 2020 dei bilanci delle istituzioni e altre forme societarie particolari degli enti locali.