Nuovi casinò in cerca di legge, una richiesta che viene dal passato
L'analista di gaming Mauro Natta torna a sottolineare la necessità di una legge organica sui casinò, anche alla luce dell'aspirazione di Trieste ad averne uno.
Scritto da Mauro Natta
Foto di Roman Kraft su Unsplash
L’argomento “casinò” torna, ogni tanto, di attualità non per le disquisizioni riguardanti la tipologia di gestione come, al momento, in Valle d’Aosta o per quanto ai risultati dei proventi al termine di ogni anno solare o, ancora, per l’approvazione dei relativi bilanci. Questa volta interviene il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza recentemente intervistato a seguito di una idea di un gruppo di cittadine.
Due mi sembrano verità inconfutabili che ho letto sull’articolo che parla di Trieste: Casinò a Porto Vecchio.
“Abbiamo la Francia piena di casinò, la Svizzera piena di casinò, l’Austria piena di casinò sui confini, la Slovenia piena di casinò – inutile che vi parli di Nuova Gorica – e anche sui confini nostri basta arrivare a Rabuiese. In Italia invece ne abbiamo...”
Ed ancora: “Si dovrebbe cambiare la legge per aprire i casinò. Se il governo dice ok, io sarei favorevole...”, afferma il sindaco di Trieste.
Inizio da quest’ultima affermazione. È dal 1985 del la Corte Costituzionale si è espressa come segue: “Peraltro questa Corte... Si impone dunque la necessità di una legislazione organica che razionalizzi l’intero settore precisando tra l’altro i possibili modi di intervento delle regioni e degli altri enti locali nonché i tipi e criteri di gestione delle case da gioco autorizzate, realizzando altresì, in tema di distribuzione dei proventi, quelle perequazioni di cui alla legge 31 ottobre 1973, n. 637, sulla destinazione degli utili della casa da gioco di Campione, può essere considerato solo un primo passo”.
Quanto sopra citato non vuole rappresentare altro se non che, dopo tanti anni, manca ancora la legge organica che la Suprema corte aveva raccomandato al potere legislativo. In argomento il sindaco di Trieste mi pare che evidenzi la mancanza di una disposizione di legge precisa riguardante i casinò e non il fatto che occorre cambiarla.
A datare dal 1927 i decreti luogotenenziali e le successive conversioni in legge hanno permesso le aperture delle case da gioco ma non esiste ancora una specifica normativa alla deroga delle norme del codice penale in tema di gioco d’azzardo ed è quella che si lamenta.
Corrisponde al vero che l’Italia è circondata da numerosissime case da gioco ad iniziare da quelle francesi superiori a duecento e sulle quali si regge il turismo in tanti paesi e cittadine, che in Svizzera ne esistono meno ma sono in numero superiore a quelle italiane e vicine al confine.
Non è certamente un invito a legiferare come era stato, mi pare, nel 1992 quanto in Parlamento furono presentati diversi disegni e progetti di legge in tema di nuove case da gioco sino a comprendere quelle stagionali e quelle sulle navi da crociera battenti bandiera italiana al di là dello stretto di Gibilterra e del Canale di Suez se ben rammento.
A mio modo di considerare, la situazione gestionale o meno, la mancanza di certezza assoluta, la giusta esigenza che una specifica normativa sarebbe utilissima, mi aggiungo a coloro che vedono bene una legge in materia di case da gioco che, oltre a tutto, mi pare che l’invito della Corte costituzionale abbia nel lontano 1985 e per la prima volta invitato a provvedere.