Poker in crisi negli Usa, la resa e le prospettive nei casinò italiani
L'analista di gaming Mauro Natta esamina il tema dei tornei di poker, che mostrano qualche segnale di cedimento negli Stati Uniti: com'è la situazione in Italia?
L’aver letto, e non è la prima volta, che il poker negli Usa trova difficoltà tanto da arrivare a sostituirlo con le slot inizia a preoccuparmi non poco.
D’accordo, nell’ultimo articolo a mie mani si trattava di soli sette tavoli, non si potrebbe negare che il fatto può destare qualche domanda sulle motivazioni possibili.
La mia carriera lavorativa non mi ha consentito di conoscere i giochi americani dal punto di vista professionale, non perché non mi sono seduto al tavolo come croupier e non ho mai studiato il regolamento. Sono però a conoscenza che esistono molte tipologie di poker e mi lì fermo.
Fortunatamente nell’ambiente non ho difficoltà a reperire le informazioni che rilevano, per mio conto, anche sulla gestione. E in questo caso si tratta proprio di questo.
Il mercato nazionale, a prescindere dai tornei di poker e dalle mie personali opinioni sull'argomento, mette in evidenza che il poker è abbastanza praticato.
È perfettamente conosciuto il mio modo di valutare l’offerta tenuto conto, in primis, della domanda e dopo della resa al riguardo dei meglio conosciuti proventi accessori.
Ebbene, lungi da me l'ufficializzazione di quanto può rendere il gioco in parola, posso dire con una certa qual precisione che tra tutti i cosiddetti giochi nuovi: punto banco, poker e black jack, nell’ordine, rappresentano la classifica della resa in discorso.
Ora, dopo essermi scusato per essere tornato su un argomento sul quale spesso mi sono soffermato, non posso omettere la rilevanza delle mance anche sulla gestione.
Neppure possiamo escludere dalla discussione attuale il fattore occupazionale che, considerando la reale motivazione per cui le case da gioco autorizzate esistono, assume una particolare rilevanza tenuto conto della specifica utilità. Non solo per le entrate che agli enti pubblici periferici derivano unitamente all’occupazione diretta e dell’indotto, quanto per il contributo in campo nazionale nello sviluppo turistico e al relativo peso in tema di prodotto interno lordo.
Anche in questa occasione non mi lascio sfuggire la raccomandazione, se vogliamo indiretta, a considerare con molta attenzione l’incidenza dei proventi slot sul totale dei ricavi netti.
Al tempo stesso non mi lascio sfuggire il momento, stante che parlo spesso di proventi netti e lordi, questi secondi comprensivi di mance. Posso affermare che, a Venezia, si procedeva nel 2001 e ancor oggi credo, come ho citato.
Concludo rammentando la motivazione per la quale nella vicina Francia si lamentava la correlazione del fattore occupazionale con l’incremento dell’imposizione, in specie, per quei casinò siti in piccoli paesi.
Un sorriso in un momento come l’attuale non può che fare del bene, motivo per cui racconto una storia vera che accadeva molti anni or sono.
La differenza tra allora e ora è che un tempo, non esistendo le telecamere per il controllo audiovisivo, le contestazioni al tavolo di roulette francese duravano di più e. fortunatamente, i tavoli doppi erano appena passati di moda.
C’era anche chi giocava in più tavoli e passava a vedere se il gioco era continuato oppure se la contestazione aveva trovato una composizione. Un giocatore brillante ma senza la necessaria pazienza, dopo aver giocato la serie 5/8 e gli orfanelli proprio perché il gioco era fermo, puntava, mi preme dire non sempre, i vicini dello zero.
Una volta, devo anche ammettere che la conoscenza reciproca e il tempo a disposizione stante la contestazione in corso, ci permetteva di porre una domanda. La mia fu causata dal fatto che con le giocate aveva utilizzato 20 gettoni e non vedevo la convenienza in considerazione della vincita sicura ma non sempre risultante utile.
Un cavallo paga 17 volte ma se usciva il 17 erano due i cavalli vincenti, il carrè 8 volte e nelle puntate ne era prevista una di due pezzi, la terzina 11 volte e nelle puntate una ne prevedeva due pezzi, in fine, il pieno se usciva l’1, 35 volte.
La risposta del giocatore mi sorprese non poco perché, da un lato ero pentito della domanda rivoltagli e dall’altra ero pronto a scusarmi per la mia eccessiva curiosità.
Provate ad immaginare la vostra reazione a una simile domanda; quella del giocatore fu: io mi diverto ugualmente nel controllare per chi gira la fortuna. Bei tempi quelli, speriamo che ritornino!