Con una sentenza, la Corte d'appello di Brescia ha confermato quella di primo grado del tribunale di Bergamo in merito ai sequestri effettuati e alle sanzioni irrogate dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli dei titolari delle sale Lan (esport center), ritenendo dunque legittimo l'operato di Adm.
In particolare, nel 2022 l'Adm aveva disposto la sanzione pecuniaria di 20mila euro e disposto da confisca nei confronti di Alessio Cicolari, legale rappresentante di Ak Boss Srl, di 10 postazioni di pc sequestrate "che consentono il gioco con collegamento da remoto" sfuggendo "al controllo della regolarità del gioco sia sotto il profilo tributario che sotto quello della conformità ai requisiti per il gioco lecito, sottraendo gli apparecchi stessi agli obblighi tributari ed eludendo il controllo sulla liceità del gioco".
Nel respingere l'appello presentato, i giudici d'appello sottolineano che "la disciplina sui giochi contenuti nelle norme nel caso violate (...) non è limitata ai giochi d'azzardo, bensì a tutti gli apparecchi 'destinati, anche indirettamente, a qualunque forma di gioco, anche di natura promozionale, non corrispondenti alle caratteristiche di cui ai commi 6 e 7' in quanto messi a disposizione del pubblico, anche senza vincita in denaro".
Adm, scrivono i giudici, ai sensi del Dpr 33/2002 "ha competenza 'in materia di giochi di abilità' tra i quali non vi è dubbio che rientrino gli esport".
I giudici si soffermano anche su altri motivi di ricorso, in particolare sul fatto che, secondo i ricorrenti, il ricondurre la regolamentazione delle sale Lan nell'alveo dell'articolo 110 Tulps e dell'articolo 7, comma 3 quater del Dl 158/2012 costituirebbe una interpretazione analogica e creatrice in violazione dei principi di trasparenza, certezza del diritto e affidamento ai sensi degli articoli 49 e 56 del Tfue.
I giudici bresciani evidenziano, in riferimenti ai vari sequestri effettuati, che "tali apparecchiature rientrano pienamente nell'ambito di applicazione" e quanto ai simulatori, dalle perizie di Sogei "risulta che 'tali postazioni hanno le caratteristiche fisiche e di software proprie degli apparecchi comma 7c-ter moltipostazione e, in particolare, della tipologia simulatori di gioco'".
"Orbene - aggiungono i giudici - attese le dette circostanze di fatto siccome accertate e pacifiche, la Corte ritiene che la normativa menzionata nelle due ordinanze sia stata correttamente applicata".
I giudici ribadiscono inoltre che "gli unici giochi che si possono installare in un esercizio munito di autorizzazione ex art. 86 Tulps sono quelli che presentano le caratteristiche di cui ai comma 6 e 7 dell'articolo 110 Tulps". In questo caso invece "le apparecchiature per la simulazione sono risultate 'prive di certificazione, prive di titoli autorizzatori e non rispondenti alla normativa prevista' (...)", mentre "i pc sono risultati non certificati, non conformi alle regole tecniche di produzione, privi di autorizzazione (...) nonché messi a disposizione del pubblico non per la libera navigazione in rete bensì unicamente per l'accesso a piattaforma di gioco online senza vincita in denaro. Inoltre, è risultata mancante (e ciò non è contestato) non solo la licenza di pubblica sicurezza prevista dall'articolo 86 del Tulps, ma altresì quella prevista per le attività di spettacolo viaggiante autorizzate".
Dunque, "non vi è creazione di una nuova norma giuridica e, a fronte di detto quadro normativo, il principio di legalità (...) risulta pienamente rispettato. Nè, attesa la finalità di ordine pubblico e di interesse generale perseguita dalla normativa in materia, si ravvisa la violazione dei principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi".