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Piu' informazione, meno promozione: parola di Domenico De Masi

03 giugno 2013 - 09:38

“L’uomo contemporaneo, rispetto a quello del passato, ha a sua disposizione sempre più tempo libero. Anche a causa della disoccupazione dilagante, conseguenza di questi tempi di crisi. Inoltre la vita media si è allungata, ci sono più pensionati e per questo la tendenza a giocare è cresciuta rispetto a qualche anno fa.

Scritto da Sara
Piu' informazione, meno promozione: parola di Domenico De Masi

La rete, poi, si è ‘appropriata’ del gioco, spalmandolo sia nel tempo che nello spazio, e permettendo così a persone molto distanti tra loro di giocare e sfidarsi”.

 

È questa l’analisi di Domenico De Masi, sociologo di fama internazionale e fondatore della società S3.Studium. La sua biografia è lunga e dettagliata, corredata di numerosissime attività e di tante pubblicazioni, che ne fanno un attento conoscitore delle dinamiche sociali. E il gioco, essendo un’attività insita nella società dei nostri tempi, rappresenta un tema interessante da affrontare e scandagliare attraverso un’analisi scientifica. A partire dalla sua comunicazione. “Il modo corretto di comunicare il gioco – continua il professore – è quello di svelare le percentuali di probabilità di vincita dei singoli prodotti, in modo che il consumatore sia consapevole di quanto realmente può vincere. Questa comunicazione andrebbe fatta in modo esplicito. Da quello che posso vedere, aumenta sempre di più l’incentivo a giocare, soprattutto tramite Internet, ma c’è poca informazione sul gioco. Mentre questa andrebbe potenziata e collaudata al meglio”.

In Italia c’è una vera e propria ‘spaccatura’ sia a livello politico che culturale sul gioco con vincita. C’è chi grida all’allarme sociale e chi invece fa notare come il settore sia importante a livello erariale. Lei cosa ne pensa? “Credo che il gioco per essere ‘tollerabile’ debba avere un requisito essenziale: essere intelligente. Un gioco basato sulla sola alea è un gioco degradante. Mentre giochi che stimolano la mente e che sono intelligenti, come alcuni giochi di carte, sono meritevoli di attenzione e fanno parte dell’essere uomini. Perché il gioco è parte della vita”.

Quando si parla di misure più restrittive sul gioco, si rischia spesso di cadere in un’ottica proibizionistica, che rischierebbe di prestare il fianco all’illegalità. “Non tutti gli esseri umani – aggiunge – hanno la stessa forza nell’affrontare le situazioni. Lo Stato, quindi, ha il dovere di pensare prima ai deboli e per questo le leggi devono impedire a chi è più vulnerabile di ‘rovinarsi’ al gioco. Quindi sì a leggi più protettive, ma questo non significa essere proibizionisti”.

Il decreto Balduzzi ha inserito la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza e ha anche messo l’accento sul fatto di limitare la pubblicità sul gioco. Crede che siano misure efficaci per ‘arginare’ il gioco e di conseguenza eventuali patologie a esso correlate? “Certamente non incitare al gioco è un primo passo, soprattutto se un gioco diventa un fatto automatico e ripetitivo, che non si basa sull’intrattenimento”. Anche per quanto riguarda la pubblicità sul gioco, altro elemento centrale nell’analisi sul settore che nell’ultimo periodo si sta portando avanti a livello politico, De Masi sottolinea: “La pubblicità ha un potere forte ed efficace, altrimenti non si spenderebbero milioni nelle campagne per reclamizzare un cibo o un’automobile. E questo ovviamente avviene anche con i prodotti di gioco. La pubblicità ha perciò un effetto persuasivo ed è giusto che ci sia un codice di disciplina per la tutela dei consumatori e dei minori in primis”.

LUI CHI È? - Nato in Molise, cresciuto in Campania e in Umbria, Domenico De Masi si è dedicato prevalentemente allo studio e all’insegnamento. Ha viaggiato molto, ma i centri principali del suo lavoro sono stati Milano, Sassari, Napoli e Roma. In Brasile – dove ha la cittadinanza onoraria di Rio de Janeiro – ha tenuto conferenze in quasi tutte le grandi città. De Masi ha insegnato ininterrottamente dal 1961 in poi: prima come assistente, poi come professore associato, quindi come professore ordinario e come preside. In questo arco di tempo si è dedicato prevalentemente alla didattica, applicando metodologie innovative che intrecciano teoria e ricerca. Finora ha avuto oltre 5.000 studenti e 800 laureati. Nel 1961 è diventato assistente alla Cattedra di Sociologia presso l’Università di Napoli (Facoltà di Giurisprudenza). Nel 1968 è diventato professore di Sociologia del lavoro all’Università di Sassari (Facoltà di Scienze politiche). Dal 1971 al 1973 ha insegnato Sociologia presso l’Istituto Orientale di Napoli (Facoltà di Scienze politiche).

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