Secondo il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia Romagna "le delibere regionali" e "i successivi Regolamenti comunali sono attuativi e operano in coerenza con la normativa nazionale avente finalità e obiettivi di contrasto al dilagante fenomeno della ludopatia, onde tutelare al meglio la salute dei cittadini".
Lo afferma, il Tar dell'Emilia Romagna, sezione seconda, nella sentenza con la quale dà torto ad un gruppo di imprenditori del settore del gioco che avevano presentato ricorso contro la deliberazione n. 831 del 12 giugno 2017 della Giunta regionale dell’Emilia Romagna, intitolata “Modalità applicative del divieto alle sale gioco e alle sale scommesse e alla nuova installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito (L.R. 5/2013 come modificata dall’art. 48 L.R. 18/16).
Ai difensori del gruppo imprenditoriale, che sostengono l'illegittimità della deliberazione regionale e l'abuso di poter da parte dell'ente, i giudici rispondono che "la delibera di Giunta Regionale n. 831 del 2017 risulta in ogni caso coerente con la citata disciplina regionale in materia di lotta alla 'ludopatia' e assolutamente rispettosa delle competenze e attribuzioni da questa affidata alla Regione e, in particolare, alle specifiche funzioni affidate alla Giunta Regionale in materia".
Nega, il tribunale regionale, anche il cosiddetto effetto espulsivo della norma, spiegando che "al fine di scongiurare il verificarsi del c.d. 'effetto espulsivo', sia sufficiente accertare l’esistenza di una pur minima parte di territorio comunale che sia oggettivamente ed effettivamente fruibile per legittimare la delocalizzazione delle sale giochi/scommesse che non rispettano il suddetto limite distanziometrico".
Aggiungono, i giudici, che "la giurisprudenza amministrativa che si è occupata di tali questioni ha stabilito innanzitutto la ragionevolezza della scelta del legislatore regionale di disincentivare la collocazione degli impianti di gioco e le sale scommesse vicina (sic!) ai centri abitati e ai 'luoghi sensibili', così come risulta coerente e non in contrasto con l’art. 41 Cost. la previsione di un limite distanziometrico di m. 500 che deve intercorrere tra impianti di gioco e detti 'luoghi sensibili', quale misura diretta ad allontanare dette attività dai luoghi frequentati ordinariamente da persone psicologicamente più fragili rispetto ai rischi connessi all’attività di gioco e scommesse".
Anche in merito all'applicazione retroattività della norma regionale, uno dei principi sui quali si basava il ricorso, il Tar spiega che "sembra evidente che, se per l’esigenza di contemperare la prevenzione delle ludopatie con la salvaguardia delle attività economiche in essere, la norma sulle distanze minima non è retroattiva non per questo l’esistenza di un’autorizzazione pregressa giustifica una deroga permanente, che sottragga l’operatore all’applicazione della disciplina regolamentare a tutela della salute, quale che siano le vicende e le ubicazioni future del suo esercizio commerciale".