Dalla Delega alla Manovra, il Ferragosto bollente del gioco
Dopo la recente approvazione in Parlamento della legge delega che contiene la (presunta) riforma del gioco, subito dopo Ferragosto riparte la caccia alle risorse per definire la Manovra 2024.
Neanche il tempo di assaporare nel vivo questa calda estate 2023, che si torna subito a fare i conti, in vista della prossima Manovra finanziaria per il 2024, che il governo si prepara a confezionare nelle prossime settimane. Con il Ministero dell’Economia che punta a fare il possibile per concentrare le risorse sulle misure per (ri)mettere in moto l’economia, dare una spinta al lavoro e favorire i redditi bassi, dopo le varie misure (e le tante polemiche) che hanno caratterizzato gli ultimi mesi, con particolare riferimento alle disposizioni incluse nella legga delega e, soprattutto, al taglio del Reddito di cittadinanza.
La discussione sulla Manovra, di fatto, è già iniziata, anche se entrerà nel vivo subito dopo la pausa estiva che coincide con la settimana di Ferragosto. L’obiettivo è trovare il modo per finanziare tutte le spese da sostenere, cercando le opportune risorse e le giuste coperture. Ed è proprio questo il punto critico, tenendo conto le poche risorse disponibili e le varie sfide da affrontare: a partire, come detto, dalla rimessa in moto dell’economia generale, per dare una spinta al lavoro e favorire i redditi bassi: il che significa, almeno, provare a confermare il taglio del cuneo fiscale. L'impatto dell'imposta straordinaria sui profitti delle banche, prevista dal decreto Omnibus incardinato alla Camera lunedì scorso, come riporta il quotidiano economico IlSole24Ore, non dovrebbe superare i 2 miliardi di euro nel 2024: non pochi, certo, ma si tratta comunque di entrate una tantum e, quindi, non utilizzabili per sostenere interventi strutturali, come potrebbe essere quello di riduzione dell’Irpef (che varrebbe 3-4 miliardi). Senza contare, peraltro, che la misura potrebbe essere rivista durante l’iter parlamentare (come già annunciato da Forza Italia), e quindi l’incasso è tutt’altro che sicuro in questi termini. E di fronte alla scarsità di risorse, diventa automatico il reperimento di nuove coperture: ed è proprio ciò che preoccupa più da vicino il comparto del gioco pubblico, abituato da troppo tempo a rappresentare la vittima sacrificale dell’economia italiana, fino a diventare il settore economico con il maggiore livello di tassazione. Il Mef infatti non potrà ricorrere stavolta neppure a un nuovo deficit e bisognerà quindi verificare cosa scriverà il governo a fine settembre nella Nota di aggiornamento al Def: ma già nei saldi del Def di aprile scorso emergeva uno scarto tra il deficit tendenziale previsto il prossimo anno (3,5 percento) e quello programmatico (3,7 percento) dovuto alle misure previste dal Governo. Appare dunque difficile che il governo possa presentarsi al tavolo delle trattative a Bruxelles sulle nuove regole di bilancio con una richiesta di maggior deficit, vista la situazione e il ruolo del nostro paese a livello comunitario, con i paesi Ue più rigoristi che saranno senz’altro pronti a mettere i conti italiani sotto la lente. Tra le varie iniziative già avviate dell’esecutivo, tuttavia, c’è anche la spendig review per i ministeri che permetterà di risparmiare 1,5 miliardi di euro. Con l’ipotesi di poter intervenire ulteriormente per ridurre la spesa pubblica corrente al netto degli interessi, che si attesta a 886 miliardi nella previsione 2023. Mentre un altro possibile intervento potrebbe riguardare anche le esenzioni fiscali (vale a dire lr detrazioni, deduzioni, imposte sostitutive, aliquote ridotte, crediti di imposta che per i contribuenti sono di fatto una sorta di sconto sull'imposta da versare), dopo chela delega fiscale, approvata in via definitiva dalla Camera il 4 agosto, prevede un intervento specifico su questo fronte: 740 agevolazioni per un minor gettito di 128,6 miliardi (83,2 miliardi a carico dell’erario, 45,4 miliardi della fiscalità locale, pari nel totale al 6,8 percento del Pil). Sta di fatto che, prendendo in considerazione tutte queste misure ipotetiche (conferma del taglio al cuneo fiscale, premi di produttività, risorse per sanità, contratti del pubblico impiego, missioni internazionali, enti locali, primo intervento sulla riforma fiscale, fino all’avvio del Ponte sullo Stretto di Messina), si arriva quasi a 30 miliardi necessari per il 2024. Mentre al momento di risorse certe si contano solo 4,5 miliardi che derivano dello scostamento di aprile e 1,5 miliardi della spending review. Per un totale di appena 6 miliardi. Tutto questo di fronte a un Pil che, alla luce del calo a sorpresa del secondo trimestre 2023, potrebbe alla fine posizionarsi lontano dall’1,5 percento previsto dal Def di aprile per il 2024, costringendo quindi a rivedere anche i parametri di deficit e debito. Ricordando anche che nella primavera 2024 ci saranno le elezioni Europee e sarà sempre più difficile frenare la richiesta di spese dei partiti della maggioranza.
Insomma, il quadro economico nazionale è tutt’altro che certo e definito e la situazione preoccupa tutti i settori, ma in modo particolare quello del gioco, che potrebbe essere visto ancora una volta come un fonte di reddito per l’Erario. Anche se, va detto, il governo sa bene che non ci sono ormai più margini per estrarre risorse da questo comparto senza rischiare di far saltare il banco una volta per tutte. Cosa che nessuno potrebbe certo permettersi. Il rischio più serio, quindi, per l’industria del gaming, non è forse tanto quello di vedersi applicare nuovi prelievi (anche se una tentazione di un piccolo ritocco in determinati segmenti in realtà ci sarebbe..), quanto piuttosto quella di veder dilatarsi i tempi di attuazione delle riforme avviate dalla legge delega. Con i bandi di gara per i rinnovi delle concessioni attuali che, come abbiamo già scritto, appaiono ancora una volta ben lontani dalla realtà, tenendo conto della complessità di intervento e, al contrario, della facilità con cui si possono ottenere denari garantiti dalle proroghe onerose. Al punto che in molti, nel settore, danno già per scontato un ulteriore rinvio. Vedendo anche ciò che è accaduto con altre gare ritenute ormai impossibili da prorogare (le balneari), che il governo ha già deciso di prorogare. Come hanno fatto del resto tutti i governi precedenti. Per una continutà che certo non appare beneaugurante per il settore dei giochi.
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