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Il gioco pubblico (finalmente) come risorsa ed eccellenza

26 agosto 2024 - 12:26

Mentre i livelli generali di compliance si innalzano seriamente (in Italia, Europa e nel resto del mondo) in tutti i settori, il gaming si rivela un'avanguardia e una risorsa strategica.

(Foto di Mohamed Hassan form PxHere)

Lo scorso 2 luglio, sulla Gazzetta Ufficiale n°153, è stata pubblicata la legge 90 del 28 giugno 2024. Che cosa contiene? Una serie di misure che vanno a modificare il Codice penale e il Codice di procedura penale inasprendo (e non di poco) le pene per i reati che vengono commessi attraverso l’universo Cyber. Un passaggio normativo importante, anzi fondamentale, al giorno d'oggi, che pur non riferendosi direttamente al mongo del gioco, lo coinvolge indirettamente. Sia a livello operativo, che istituzionale. E vediamo perchè.
Prima di tutto però cerchiamo di capire cosa cambia, di fatto, con la nuova legge. In sinstesi, ecco ciò che accade: prima della legge in questione, una truffa perpetrata via web era trattata con le medesime attenzioni dedicate alla truffa semplice o aggravata. Ovvero, come un reato “minore”, con tempi di prescrizione irrisori. Ora, con la nuova normativa, non è più così. Anzi. Alcuni reati vengono considerati alla stregua di quelli commessi dalla criminalità organizzata, con tutte le conseguenze che ne derivano, soprattutto in tema di contromisure investigative (intercettazioni incluse). Soprattutto quelli commessi in tema di finanza adulterata. Quella che è passata direttamente dagli investimenti su false piattaforme di trading online su cui scambiare (o fingere di scambiare) contratti per differenza (cfd), Spread bets, e altri strumenti derivati, a schemi Ponzi ad alta e altissima tecnologia.
Del resto, l’evoluzione della “truffa high-tech” oggi consiste proprio in questo: proporre investimenti su strumenti sempre più evoluti e collegati all’universo digitale. Molto spesso basati sull'impiego di criptovalute, spesso connesse a ulteriori proposte di operazioni legate all’intelligenza artificiale, o più in generale afferenti al mondo del trading online. Questo tipo di truffe, spiegano gli esperti, puntano a un target specifico e alla combinazione di due fattori chiave: caratteristiche anagrafiche e di capacità di spesa. Con le vittime di queste azioni tipicamente identificate in una fascia di popolazione agée che va dai 65 ai 75 anni che dispone di capitali spesso ingenti, ma senza avute una cultura tecnologica né una formazione appropriata per comprendere appieno funzionamento, terminologia e meccanismi delle criptovalute, come spiega nei dettagli Roberto De Vita, penalista dello studio Devitalaw e docente alla Scuola di Polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza, in un'intervista rilasciata a IlSole24Ore. E qui si possono individuare già alcuni collegamenti – diretti e indiretti - con la realtà del gioco pubblico. Che potrà apparire – una volta tanto – come una vera e propria eccellenza e un'autentica avanguardia. Oltre ad essere una sicura risorsa per lo Stato. Il primo aspetto che occorre sottolineare à nella valenza del regime concessorio che è stato adottato dal Legislatore nazionale nei confronti del mercato del gioco, nonché della Riserva di legge: due mosse che hanno consentito, fin da principio, di poter definire in maniera chiara e precisa il perimetro entro il quale è possibile operare per poter offrire servizi di questo tipo nel nostro paese, non soltanto da un punto di vista tecnico e di prodotto, ma anche e soprattutto in termini autorizzativi e di responsabilità. Oltre al fatto che, in tal modo, si può identificare in maniera chiara e netta chi può operare in Italia e come, includendo esclusivamente chi è dentro quel recinto delimitato dalle concessioni, l'altro aspetto non banale è che, attraverso questo sistema, si è compiuta una vera e propria messa in sicurezza del sistema, a beneficio dei consumatori e della collettività. Visto che chi gioca attraverso i concessionari di Stato, ha la certezza di essere tutelato - dallo Stato stesso - di fronte a ogni tipo di truffa, inganno o azione fraudolenta (le quali, peraltro, dovrebbero essere teoricamente prevenute a monte, tenendo conto delle attività di monitoraggio e certificazione di ogni sistema di gioco che passano per l'infrastruttura nazionale di Sogei). Diversamente da quanto avviene in location di gioco non autorizzate, come le bische clandestine di turno o i siti web illeciti che ancora popolano il web.  
Ecco quindi che il sistema normativo nazionale adottato in Italia a partire dal 2003, per quanto abbia subito nel tempo vari attacchi e anche notevoli scossoni - ripensando in particolare al lungo contenzioso che si è avuto in sede europea, per tentare di scongiurare il rischio di vedere operare (come di fatto è accaduto nel tempo) degli operatori sprovvisti di concessione nazionale perchè in possesso di titoli in altri paesi – si rivela oggi non soltanto prezioso e altamente strategico per il sistema-paese, ma anche notevolmente avanguardista, tenendo conto che esiste ormai da circa vent'anni e che ha permesso di introdurre il (florido) mercato del gaming online già nel lontano 2008, rendendo l'Italia una sorta di apripista a livello comunitario e globale. Potendo prendere esempio, all'epoca, soltanto dal Regno Unito. E anche in questo caso, fino a un certo punto. Si perchè l'Italia, quando decise di intervenire con la regolamentazione del gioco online (era il 2006, per poi far debuttare il mercato nei due anni successivi), svolse un ruolo da autentico pioniere a livello normativo, introducendo l'ambizioso strumento del cosiddetto “oscuramento” dei siti di gioco online illeciti. Un meccaniscmo che aveva suscitato varie perplessità e anche una buona dose di ilarità da parte dei rappresentanti di altri paesi, che lo vedevano come una sorta di cancello sul mare, ritenendo una battaglia persa quella di “poter fermare il web”. Invece, anche qui, ha avuto ragione l'Italia: a parlare sono i numeri (incredibili, diciamolo pure, sapendo che ad oggi sono ben 10.314 i siti di gioco oscurati nella “black list” dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per decine di mililardi di accesi inconsapevoli bloccati dal sistema) ma anche i riscontri sul campo, visto che quel sistema è stato progressivamente adottato da tanti altri paesi che hanno seguito poprio il “modello Italia” del gaming. In qualche caso anche affinandolo ulteriormente e completandolo di ulteriori strumenti: ma questa è un'altra storia (comunque da seguire..)
Ebbene, tutto questo, che potrà apparire ridondante per chi ben conosce e frequenta l'industria del gaming, dovrebbe far riflettere e non poco chi sta lavorando – grattandosi il capo – sugli altri fronti di speculazione e traffico di illeciti, che oggi riguardano quasi sempre l'univeso online (da qui l'introduzione della legge citata in apertura). Basti pensare alla carica delle “criptobische”, come sono state definite quel trappole del risparmio azzardato, che vedono attivi una serie di neometodici della nuova frontiera dell’investimento hitech, alla prova del nove dei mercati. E alla ricerca di modelli e sistemi che consentano di aggirare i vincoli normativi esistenti, a livello globale e non solo nazionale. Il refimento, per esempio, è al sistema di “reboot” (in italiano, riavvio) che si ravvisa quando uno schema multilivello esaurisce la propria spinta propulsiva (cioè i soldi) e lo si riavvia in altri luoghi e con altri nomi, facendolo ricominciare daccapo. Si tratta di una specifica tecnica utilizzata per trattenere i clienti che vengono “scottati” dal crollo dello schema precedente in una sorta di insana fidelizzazione, applicando di fatto quella che gli psicologi chiamano Sindrome di Stoccolma). Uno schema, questo, utilizzato soprattutto nel mondo delle cryptovalute, dove risulta facilissimo da attuare per tre ragioni: il ricchissimo catalogo prodotti offerto dall’universo criptovalute (vere o presunte), la transnazionalità dei servizi, la rapidità degli scambi. Tutto questo contribuisce a creare un ecosistema ideale per tali operazioni (per chi volesse saperne di più sulle le piroette di questi acrobati del web, il sito Decripto.org da anni vigila sul mondo dei criptoscambi). 
Eppure tali fattori sono esattamente analoghi a quelli che caratterizzano da sempre il mondo del gaming online e con i quali l'Italia si misura ormai da tempo (e con successo, come abbiamo spiegato), e addirittura per prima. Ed ecco perché la realtà del gioco pubblico oggi risulta una vera e propria eccellenza e una risorsa per lo Stato, offrendo strumenti, regole e attività di intelligence che possono essere sfruttate e applicate anche in altri contesti. Come di fatto sta già avvenendo. Va comunque ricordato che in Italia il mondo degli strumenti finziari non è affatto fuori controllo ed è anzi sorvegliatissimo. Se non altro perchè, guardando al precedente caso di scambi “anomali”, nel nostro paese collocare al pubblico indistinto dei risparmiatori strumenti finanziari senza specifica autorizzazione della Consob e di Banca d’Italia non si può fare. Ma è avidente che ora si sfrutta la tecnologia proprio per aggirare più facilmente i vincoli normativi. E questo ci porta a un'altra riflessione, ancora più ampia e generale, che riguarda però anche il gioco pubblico. Tornando all'istrutture delle Fiamme Gialle e alla sua recente intervista sulle truffe itech, è interessante leggere come ci metta in guardia su un altro aspetto che definisce “un enorme vulnus nel sistema”: cioè quello dell’Intelligenza artificiale generativa. “Quando se ne parla in genere – spiega De Vita – si fa riferimento a quelle tipiche alterazioni di immagini, video e audio che vengono diffuse sul web e che utilizzano falsi testimonial: persone di successo che suggeriscono investimenti particolarmente allettanti”. In realtà il fenomeno è molto più complesso pervasivo e pericoloso di così e va ben oltre il tema (comunque non banale) delle fake news.
L’intelligenza artificiale generativa ha infatti anche la capacità di innescare un meccanismo di interazione psicologica profonda con il soggetto individuato come target. Dunque un’IA è in grado di carpire persino le fragilità del soggetto per metterle a reddito. Per un altro, enorme, rischio che si corre oggi utilizzando le rete, e non solo. Che potrebbe (dovrebbe?) interessante anche il mondo del gaming. E, di fatto, lo sta già interessando. Non a caso, nei giorni e mesi scorsi, abbiamo voluto approfondire il tema dell'Intelligenza artificiale come alleate del regolatore di gioco e delle Autorità, nel contrasto e prevenzione degli illeciti. Ma anche come arma per arginare il gioco patologico e impedirne la deriva tra i giocatori abituali. 

Nel frattempo a esplodere è un altro caso, che anche questo richiama alla mente in qualche modo l'industria del gaming: cioè l'arresto delle scorse ore  a Parigi di Pavel Durov, il fondatore di Telegram, accusato di essere complice nella commissione di reati. Tra terrorismo, traffico di influenze, e altro ancora. Al punto che tra i reati riscontrabili emerge anche quello del gioco d'azzardo illegale, con Telegram che viene utilizzato moltissimo anche per la diffusione di siti di gioco illeciti per comunicare modalità di raggiro di piattaforme o controlli. Ma il caso dovrebbe essere interpretato anche da una prospettiva tecnologica, ovvero chiedendosi se le Big Tech, indipendentemente dalla loro nazionalità, quando progettano un prodotto o un servizio, devono prevedere la possibilità di commettere illeciti e consentire alle autorità l’accertamento di un reato.
Al di là delle varie distinzioni da fare, a partire dal fatto che Telegram, a differenza di Apple che produce elettronica di consumo, è una piattaforma crittografata che non modera i contenuti, al cui interno passa dunque di tutto: comprese voci di dissenso di chi vive in stati autoritari e fonti anonime che pubblicano foto e video sul conflitto in Ucraina. Anche Elon Musk, in qualità di titolare del social network X, è sotto i riflettori dell’Unione Europea per le attività di contrasto all’odio online e alla disinformazione, mentre Snowden è tutt'oggi ricercato dalle autorità statunitensi, vivendo in esilio in Russia. Ma la domanda che tutti i produttori di tecnologia dovrebbero porsi è se è lecito rilasciare servizi che ostacolano il controllo da parte dello Stato o delle forze di polizia (e anche qui in molti staranno pensando a tutti quei sistemi ideati per aggirare il blocco Ip del regolatore italiano, tornando al nostro oscuramente dei siti)? Gli strumenti e le possibili soluzioni ci sarebbero, per esempio prevedendo in fase di progettazione backdoor o tecnologie che rendano questi sistemi interrogabili, ad esempio, dalle autorità giudiziarie. E anche questo, mutatis mutandis, è stato realizzato nelle piattaforme tecnologiche ideato dallo Stato per la gestione del gioco pubblico. Basti pensare alla rete nazionale delle Videolottery o a quelle delle scommesse sportive e alle attività di intelligence contro il matchfixing che vedono nel sistema italiano un autentico faro. Insomma, il gioco pubblico rappresenta un faro, una guida, un'eccellenza, una risorsa. E sarà ora di celebrarlo come tale, prendendone spunto. Oltrea ad essere il caso di unire tutti i puntini, a livello normativo e regolamentare, ma anche tecnologico, per affrontare in modo completo e congiunto una sfida molto più grande di qualunque industria, paese o impianto normativo.

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