Lo scandalo del calcio scommesse nel paese delle ultime cose
Lo scandalo del calcio scommesse accende i riflettori sulla ludopatia, anche se il tema di maggiore interesse dovrebbe essere quello del gioco illegale, del match fixing e della corretta informazione.
“Quello che mi stupisce non è il fatto che tutto stia crollando, ma che ci sia ancora molto che continua a esistere”. Così scriveva Paul Auster nel suo celebre romanzo “Nel paese delle ultime cose”. Un testo distopico, che torna alle mente perchè sembra prestarsi alla perfezione per descrivere la situazione in cui si trova il mondo del calcio e quello del gioco pubblico, in questo momento, dopo l'esplosione del “Caso Tonali” e della nuova ondata del cosiddetto “calcio scommesse”. Anche se, va detto, le conseguenze peggiori (al solito) sono per il settore del gioco, più che per lo sport, il quale al contrario ne uscirà indenne. Come al solito. Sono solo ragazzi, si dirà. Possono anche sbagliare. E sono pure malati, per giunta, come ha subito evidenziato la difesa del calciatore Sandro Tonali: il centrocampista ex Milan e ora in forza nel Newcastle Utd – nonché nella nazionale italiana – che ha ammesso di aver scommesso su piattaforme illegali e di aver puntato, cosa ancor più grave, anche sul Milan. “Era un incentivo a vincere” ha confessato il ragazzo durante la sua audizione spiegando come la dipendenza dal gioco è stata tale da annebbiargli la vista”. Che colpa dare, quindi, a questi giovani: “fragili” e pure malati? E' la linea difensiva con cui probabilmente si metterà ben presto a tacere l'intera vicenda. Il problema, semmai, è nella tentazione offerta dall'azzardo, ci diranno invece in molti, e per molto tempo. Non a caso, nelle ultime ore, il tema della “ludopatia” - normalmente ignoto ai più – è tornato fortemente in voga. E questo è senz'altro un bene, se serve a sensibilizzare tutte le parti in causa sull'importanza di mantenere un presidio attento e costante sulla tutela dei consumatori e della loro salute. Purché non sia, al contrario, un semplice “alibi” per scagionare i giocatori coinvolti e in primis lo stesso Tonali, in barba a tutto il resto. "Il ludopatico ha una sua ritualità, segue una sequenza scaramantica. Sandro scommetteva sul Milan vincente per questo. Faceva parte del suo rito portafortuna, si chiama 'pensiero magico'", ha subito dichiarato in un’intervista su La Gazzetta dello Sport il professore Gabriele Sani, direttore del dipartimento di psichiatria clinica e d’urgenza del Policlinico Gemelli, oltre che docente all’Università del Sacro Cuore di Roma, che ha in cura l'ex milanista. Ma è davvero questo il problema? “Ogni volta che credi di conoscere la risposta a una domanda scopri che la domanda non ha senso”, scriveva ancora Auster nel suo romanzo. Sarà invece importante avere le idee chiare, su alcuni punti, soprattutto perchè lo scandalo non sembra destinato a placarsi, visto che si preannunciano nuovi sviluppi per l'inchiesta condotta dalla Procura di Torino sulle scommesse che sarebbero state piazzate dai calciatori italiani Sandro Tonali, Nicolò Fagioli e Nicolò Zaniolo, violando le normative che le vietano. Come abbiamo più volta scritto su queste pagine, per ora, l'accusa mossa nei confronti dei calciatori è quella di “esercizio abusivo di scommessa”, un reato penale punito con l'arresto fino a tre mesi e con una multa fino a 516 euro. Ma se dovesse venir fuori che scommettevano anche sui risultati delle partite che li vedevano protagonisti allora verrebbe riconosciuta anche la frode sportiva, per la quale oltre ad una multa 258 a 1032 euro è prevista la reclusione da un mese a un anno. Sì, perché a quel punto si tratterebbe di match fixing: altra materia di cui ci occupiamo da tempo e rispetto alla quale si dovrebbe sensibilizzare ancora di più l'opinione pubblica e le istituzioni, quanto meno allo stesso livello di quanto si sta parlando ora di ludopatia.
Eppure la vicenda andrebbe vista anche e soprattutto da un'altra angolazione: forse quella opposta, focalizzandosi sul gioco pubblico, appunto, più che sul calcio. Per una serie di riflessioni ulteriori che meriterebbero si essere sviluppate e approfondite. La prima, per esempio, riguarda l'utilizzo della piattaforme di scommesse illegali: in questo caso la considerazione più evidente ma anche più banale, è quella relativa alla presa di coscienza dell'esistenza del fenomeno che, ancora oggi, è tutt'altro che limitata e circoscritta. Forse non tutti sapevano che, nonostante la capillare offerta di gioco legale e di scommesse sportive, da molti ritenuta addirittura eccessiva, esiste anche un sottobosco di offerta di gioco clandestina che offre grandi opportunità di guadagno a tutti quei giocatori più incalliti che vogliono osare molto di più di quanto sia consentito nel gioco di Stato. E già tanto dovrebbe bastare per far capire quanto sia importante avere un presidio di gioco legale, sul territorio e in rete, e come sia da considerare importante anche la capillarità dell'offerta, per non lasciare spazi all'illecito. L'altra considerazione ancora più importante da fare, tuttavia, è che se le giocate avvenivano sui circuiti illegali è perchè sulla rete statale non sarebbero potute transitare. In primis per via dei limiti previsti dal legislatore sulle puntate e vincite, che evidentemente erano ritenute troppo ridotte da questi giocatori così estremi: ma anche perché attraverso il sistema di intelligence che vige nel nostro sistema paese e che vede la collaborazione di più soggetti istituzionali, tra il mondo del calcio, quello del betting e vari ministeri, le giocate anomale sarebbero subito state rilevate. Come è avvenuto in passato e come sempre avviene in questi casi. E anche questo sarebbe un tema utile da ricordare.
Un altro argomento che meriterebbe tuttavia di essere sviluppato è quella dell'informazione sul gioco e, soprattutto, sulla possibilità di distinguere il gioco legale da quello illegale, che è stata seriamente compromessa dal divieto (totale) di pubblicità introdotto in Italia dal decreto Dignità varato nel 2018. Un tema sul quale la nostra testata ha dedicato un approfondimento proprio in questi giorni, mettendo in evidenza le criticità e assurdità contenute in tale restrizione totale, insieme ai rischi. Evidenziando proprio come la peggiore conseguenza di questa scelta sia stata quella di rendere indistinguibile ciò che è legale da ciò è illecito, visto che l'unico elemento di distinzione, fino a quell'epoca, era proprio rappresentato dalla pubblicità, poiché i soggetti che operano senza una regolare concessione in Italia non potevano fare nessun tipo di promozione e comunicazione. Mentre ora sono stati messi sullo stesso piano dell'offerta di Stato. Per quanto assurdo possa essere, ma tant'è. A rendere tutto questo ancora più grave, peraltro, è il fatto che tutto questo poteva e, anzi, doveva essere già ben noto alle nostre istituzioni. Al di là di quello che è stato scritto fino ad oggi su questo e altri canali di informazione, è bene più che altro ricordare che questo preciso “warning” era contenuto in una celebre Raccomandazione della Commissione europea risalente addirittura al 2014, quando il gioco online non era ancora regolamentato nella totalità dei paesi europei, e l'istituzione comunitaria ricordava che nel ritenere opportuni e doverosi gli interventi dei legislatori nazionali nel limitare le offerte di gioco e la loro visibilità, non si doveva cadere nell'errore di vietare tout court la promozione del gaming perchè l'effetto collaterale sarebbe stato quello di renderlo indistinguibile dall'illegale. Ma a nulla è valsa quella scrittura, almeno in Italia. Ed eccoci dunque giunti al redde rationem.
Come ha ben spiegato il professore Andrea Alemanno, docente dell’Università Bicocca di Milano e portavoce di Ipsos Italia in materia di sostenibilità, "Uno degli obiettivi del Decreto era ridurre la propensione al gioco e ridimensionare il gioco eccessivo. Ma perseguire il fine solo con un divieto di comunicazione è risultato alla fine velleitario. La pecca del decreto è che avendo limitato tantissimo la possibilità di comunicazione a chi pratica gioco legale, ha anche indirettamente limitato la possibilità di far capire bene che c’è un gioco legale e un gioco illegale. Essendosi ridotto il contrasto al mercato illegale proprio per mancanza di comunicazione, oggi abbiamo 4,4 milioni di giocatori in canali illegali, ovvero il 17 percento su 21 milioni di scommettitori. Ed essendo il fatturato dell’illegale di 1,9 miliardi, se le giocate fossero state fatte in ambito legale, lo Stato avrebbe incassato un miliardo. Come tutti i decreti su un tema così complesso, anche questo andava aggiornato analizzandone gli effetti". Non a caso, Ipsos insieme a Luiss Business School aveva rilevato il fenomeno della crescita del mercato illegale già qualche anno fa, a margine della pandemia.
Tanto per dire quanto fosse già noto de evidente il problema, che è rimasto comunque pressoché inascoltato. Almeno fino ad oggi. E ora l'unica speranza è che questa grave, triste de enorme vicenda che sta sconvolgendo il mondo del calcio, possa servire a fare chiarezza, invitanto politica e istituzioni a fare qualche ragionamento in più, quando si tratta di affrontare materie così complesse e delicate come quella del gioco, ma anche delle dipendenze.
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