Proibizionismo a targhe alterne
Nonostante gli ingenti investimenti in gioco responsabile, prevenzione e cura delle patologie e di fronte ai vari progressi, il comparto è ancora mal visto, a differenze degli altri settori "a rischio".
Due pesi e due misure. E, forse, anche qualcosa in più. E' ciò che accade nel nostro paese di fronte alla realtà del gioco con vincita in denaro e di altri settori ritenuti "a rischio" per via delle possibili derive patologiche che possono causare. Nonostante l'accostamento tra gioco d'azzardo, fumo e alcolici sia decisamente da evitare, in quanto tra i diversi "prodotto" di consumo (e di vizio) esistono differenze piuttosto significative (tanto per cominciare, fumare fa male sempre, anche una sigaretta ogni tanto, mentre giocare d'azzardo qualche volta, così come bere un bicchiere di vino, non guasta affatto), il trait-d'union tra i diversi settori è fin troppo evidente ed è legato alla cosiddetta "addiction": ovvero a quella componente in grado di indurre una possibile dipendenza dal consumo di questi prodotti. Tanto basta, dunque, per metterli tutti all'interno dello stesso paniere dei settori "a rischio", com'è facilmente comprensibile. Peccato però che in Italia - ed è questo l'aspetto più curioso di tutti, e al tempo stesso il più fastidioso, almeno per chi lavora nel gioco pubblico, è il fatto di sentirsi ripetere ogni giorno dei "danni provocati dall'azzardo", dimenticando più o meno significativamente cosa accade negli altri casi. Sarebbe sgradevole e quasi inopportuno sottolineare la differenza di base tra l'azzardo e tutto il resto: cioè che anche nel caso di dipendenza, non si piò morire di questa patologica, come invece accade - e con numeri incredibili - sia nel caso del fumo che in quello dell'alcol. Questo perché i disagi provocati da qualunque dipendenza possono portare comunque a situazioni estreme, finanche drammatiche, e per tale ragione non può essere ignorato nessun aspetto di ogni dipendenza, garantendo adeguata prevenzione, oltre al supporto e alla cura per le persone affette da questa patologia. Ma non può tuttavia sfuggire tale differenza di fondo quando invece si chiede addirittura di vietare l'azzardo o di circoscriverlo ad ambiti ristretti. Con più voci che si sono levate nel tempo (e continuano a farlo ancora oggi) che chiedevano di eliminare alcune offerte di gioco con maggiore addiction, come per esempio le slot, dai locali generalisti, perché ritenute alla portata di tutti. Dimenticando completamente che in quegli stessi locali vengono somministrati alcoli e spesso venduti anche i tabacchi, per i quali non vengono mai chieste o pretese misure analoghe. Idem per quanto riguarda il divieto di accesso ai minori: con i bar che vengono spesso indicati come ambienti non idonei a discriminare la maggiore età dei giocatori, quando invece eseguono la medesima operazione ogni giorni per la vendita degli altri prodotti. Come se tutto questo non bastasse, succede anche che agli onori della cronaca balzino i dati (allarmanti) sul consumo di sigarette - e in particolare da parte dei giovani, senza che nessuno sembri disposto a occuparsene. Passando praticamente inosservati. Guardando ai tabacchi, va detto: la lotta al fumo di sigaretta, nel nostro paese, ha portato a notevoli risultati, ma non è certo ancora abbastanza. E, soprattutto, non si può considerare una situazione sostenibile. Secondo le ultime rilevazioni, un italiano su quattro è ancora un fumatore (24 percento). E questo nonostante il fumo continui ancora a rappresentare la più grande minaccia per la salute umana, provocando in modo diretto 93mila decessi più di quanti ne provochi alcol, droga, incidenti stradali, aids, omicidi e suicidi messi insieme, secondo la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), come divulgato in occasione della Giornata mondiale senza tabacco. Con il 20,6 percento del totale di tutte le morti tra gli uomini e il 7,9 percento tra le donn». "Il costo sociale e sanitario per la collettività determinato dal fumo è pari in Italia a oltre 26 miliardi di euro ogni anno", afferma il presidente Sima, Alessandro Miani". Per un altro dato che dovrebbe far riflettere, e molto, tutti noi. Ma la vera emergenza attuale, come certificato dalle indagini presentate oggi dall’ Istituto superiore di sanità, è rappresentata dalle sigarette di nuova generazione, come quelle elettroniche o a tabacco riscaldato, che "costituiscono la porta di ingresso che introduce i giovani al fumo". Gli ultimi numeri ufficiali registrano in Italia una abnorme crescita nel numero di fumatori che ricorre a dispositivi elettronici in particolare tra i giovani. E se, come detto, il 24 percento degli italiani è tutt'oggi un fumatore, questa percentuale cresce tra i giovani: il 30,2 percento usa almeno un prodotto tra sigaretta tradizionale, tabacco riscaldato o sigaretta elettronica, e sempre in questa fascia di età raddoppia il policonsumo, ovvero l’utilizzo contemporaneo di diversi prodotti, che si attesta al 62,4 percento, rispetto a un precedente 38,7 percento. Circa uno studente su tre tra i 14 e i 17 anni (30,2 percento) ha fatto uso di un prodotto a base di tabacco o nicotina negli ultimi 30 giorni, secondo un rapporto di Iss, tra sigarette tradizionali, elettroniche e tabacco riscaldato. Tra le ragazze il consumo è leggermente maggiore.
Eppure, di fronte a tutto questo, al di là degli appelli dei medici o degli istituti preposti, non sentiamo mai parlare di richieste di divieti o restrizioni da parte dei cittadini. Come invece accade sistematicamente, ancora oggi, nei confronti del gioco.
Ma c'è di più. Se il fumo risulta, ormai storicamente, tollerato a livello sociologico, nel caso dell'alcol siamo ormai di fronte al completo sdoganamento. Al punto che si usa spingere l'acceleratore anche nella promozione e marketing degli alcolici. Ne è un esempio la settima edizione della Milano Wine Week, in corso di svolgimento in questi giorni nel capoluogo lombardo (ebbene si, proprio nella Regione che è stata una delle capofile nella lotta contro l'azzardo!), considerata tra i fiori all'occhiello della modernità e del life style. Con tanto di proclama: "più della metà saranno under 35 e lo stesso vale per gli operatori, pronti a sperimentare nuovi approcci con il mondo del vino". Un segnale, questo, ritenuto (addirittura) "importante per un settore che negli ultimi anni ha visto un allontanamento delle ultime generazioni". L'obiettivo è quindi chiaro ed esplicito: "Riavvicinare anche i non appassionati – perché tra Millennial e Gen Z esiste una parte di pubblico molto competente", che rappresenta proprio uno degli scopi dichiarati della settimana milanese. Gli strumenti per centrare il target? Eventi innovativi, comunicazione mirata e "headquarter" dedicati.
Tutto questo, sia chiaro, sarà all'insegna del "bere responsabile": non c'è neanche bisogno di dirlo. Quella stessa formula, tuttavia, che viene normalmente additata quando si tratta di gioco, con il claim "gioco responsabilmente" che è sempre stato oggetto di scherno e di accusa dalle parti sociali, perché ritenuto ipocrita, inefficacie, quando non inutile.
Eppure - ed è questo l'aspetto decisamente più fastidioso - l'industria del gaming, a livello globale, ma anche nello specifico caso dell'Italia - ha compiuto passi in avanti notevoli e forse nessun'altra industria, non solo tra quelle "a rischio", investe cifre comparabili rispetto a quelle investite dagli operatori del gaming, per finanziare studi, applicazioni e tecnologie per la protezioni dei consumatori e non solo nella protezione del gioco responsabile. Ma tutto questo, ancora oggi, appare inosservato. Soprattutto ai detrattori del gioco e agli instancabili proibizionisti. Che dire: un brindisi all'ipocrisia.
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