Di ritorno dalla pausa estiva, nella settimana immediatamente successiva a quella di Ferragosto che ha segnato il “fermo” della politica italiana, i riflettori tornano subito ad accendersi sulla prossima Manovra di bilancio: direttamente o indirettamente. Sì, perché in realtà, il grande tema del momento è – e dovrebbe essere – quello della riforma fiscale, contenuta all'interno della legge delega appena approvata dal Parlamento e che il governo dovrà attuare nei prossimi mesi. Ma per farla, com'è inevitabile, bisogna far quadrare i conti e con l'arrivo dell'autunno e l'avvicinarsi alla fine dell'anno, la priorità assoluta diventa quella della legge di bilancio, dalla quale si potrà capire effettivamente quanti denari di avranno a disposizione per poter investire nel cantiere delle riforme. Un cantiere all'interno del quale, peraltro, rientra anche il riordino del gioco pubblico, anche questo delineato dalla stessa legge di delega fiscale, attraverso un intero capitolo dedicato: ma le difficoltà generali e il quadro economico già di per sé incerto, lasciano già intendere che il comparto non potrà certo rappresentare una priorità con la trattazione della materia che probabilmente slitterà direttamente al prossimo anno.
Nel frattempo, come detto, gli occhi sono tutti puntati sulla caccia alla risorse che il governo dovrà faticosamente reperire per provare a fare fede ai tanti impegni presi. Al punto che il conto – come abbiamo anticipato su queste pagine – è già salito attorno a un totale di ben 30 miliardi di euro.
Anche se ancora è forse troppo presto per trarre conclusioni definitive, visto che lo scenario sarà più chiaro e definito quando sarà varata la Nota di aggiornamento al Def, ovvero entro fine settembre. Tra le promesse forse più importanti annunciate dall'esecutivo, c'è quella di mantenere, e se possibile ampliare, il taglio del cuneo per le retribuzioni fino a 35mila euro, che sarà dunque uno degli obiettivi della seconda legge di bilancio del governo di Giorgia Meloni. Un taglio che – come ricorda Lucia Albano, sottosegretaria all’Economia di Fratelli d'Italia - è stato elevato al 4 percento nel decreto Lavoro del primo maggio, con scadenza a fine 2023, per un totale di circa 8,5-9 miliardi. Mentre sul fronte pensioni si punta ad aumentare le categorie che possono accedere all’Ape sociale, così come dovremo approfondire le ipotesi che prevedono di anticipare il pensionamento in cambio del calcolo contributivo di tutto l’assegno.
Tutto questo mentre Forza Italia spinge per l'applicazione della Flat tax per il lavoro autonomo e agli incentivi alle aziende per la crescita del Paese. Ma anche qui, le risorse sono ancora tutte da trovare, al di là dei tre miliardi di euro che si stima possano derivare dalla tassazione sugli extraprofitti delle banche, la misura che ha prodotto tensioni fra Meloni e Antonio Tajani.
Per capire qualcosa in più, come detto, bisogna però attendere la Nadef di settembre. Anche se i beneinformati che lavorano vicino alla manovra dicono di evitare “previsioni da oroscopo”, come quelle avanzate dai vari quotidiani: anche se appare evidente che nella maggioranza si palesano già delle difficoltà a reperire risorse. Mentre i sindacati chiedono un incontro al governo e le opposizioni vanno già all’attacco. Come spiega il segretario di +Europa Riccardo Magi, che si dice preoccupato per questa mancanza di 20-30 miliardi di euro nei bilanci provvisori, spiegando che “Ci opporremo all’aumento delle tasse e a un aumento debito pubblico”.
Nella road-map definita nelle scorse settimane dalla premier, tuttavia, nel processo di attuazione della riforma del Fisco, che richiederà comunque due anni di tempo, si parlava di procedere subito alla nomina di un Comitato tecnico sul modello della riforma Visentini che formulerà proposte per i decreti delegati. Ed è qui che troverà probabilmente posto anche la discussione della riforma del gioco pubblico. La priorità del governo era quella di portare a termine i primi moduli della riforma già entro inizio settembre: a cominciare dai Testi unici e dai principi generali della delega. Con la speranza generale che le polemiche attorno alla mancanza di risorse e il focus inevitabile sulla prossima lege di Bilancio possano far slittare le discussioni generali sulla delega. Nella scala delle “urgenze”, infatti, c’è anche la minimum tax, che dovrà entrare in vigore dal 1° gennaio 2024 e su cui è stata già annunciato l’imminente avvio di una consultazione pubblica sullo schema di decreto, e la partita sulla prima mossa relativa alla riduzione dell’Irpef portando da quattro a tre le attuali aliquote. Partita che si inizierà però a giocare con i numeri della Nadef alla mano, per capire i concreti margini di manovra. E allora, aspettiamo, ancora una volta: purché riforma sia.