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Il gioco e il legame con il turismo, un'occasione per ripensare l'intrattenimento

12 agosto 2023 - 09:40

Il connubio tra gioco e turismo è da sempre vincente, anche se in Italia, meta di viaggio per eccellenza, il matrimonio è ostacolato da una cattiva percezione del settore, che occorre superare. E c'è da considerare la variabile 'distribuzione'.

L'ex casinò di Anzio  © Ra Boe / Wikipedia

L'ex casinò di Anzio © Ra Boe / Wikipedia

“Sulla terraferma, dove si vedono più luci, ci sono i casinò. Dieci persone che giocano, tre che ballano… Angelino è al timone. Il capitano dorme.” Così George Simenon in uno dei suoi primi libri-reportage: “Il Mediterraneo in barca” del 1934, molto prima di diventare l’autore delle celeberrime indagini di Maigret. L’autore racconta, con approccio giornalistico, di un suo viaggio a bordo di una goletta dove alcuni benestanti stanno facendo una crociera e di tutti i luoghi che vengono toccati o solo visti durante la navigazione e parla allo stesso modo delle spiagge, degli alberghi, delle balere e dei casinò.

Non c’è, nella sua narrazione, nessun sentimento neppure vagamente negativo nei confronti del gioco, anzi, viene raccontato come una delle normali attività che le persone amano fare quando sono in vacanza o nel tempo libero. Gioco e turismo sono legati dalla stessa dimensione, quella dell’intrattenimento e del tempo libero. Basti pensare alle navi da crociera, ai casinò nei paesi della Costa Azzurra, agli alberghi ai Caraibi fino a Las Vegas dove il gioco è la finalità principale del turismo.

La stessa considerazione vale a proposito dell’ippica. In Inghilterra, la Royal Ascot è un evento che, insieme al torneo di Wimbledon, scandisce l’inizio della “season”, l’estate inglese, l’inizio delle vacanze. Fino a qualche anno fa che anche a Roma, l’ippodromo di Capannelle era considerato un posto dove avevano luogo eventi mondani. Al Derby di trotto Andreotti, anche da presidente del Consiglio, non mancava mai e piazzava sempre qualche scommessa.

Perché allora oggi, quando si parla di gioco in Italia, c’è sempre una percezione sottostante negativa? È solo un fattore sociologico che nasce da un accresciuto livello di moralismo nella cultura italiana, forse per motivi culturali o etici? O forse negli ultimi anni è stato sbagliato qualcosa da parte del regolatore? O forse è stato sbagliato qualcosa da parte dell’industria? Probabilmente tutte e tre le componenti hanno fatto la loro parte.

Occorrerebbe una riflessione circa la modalità con cui il gioco possa tornare ad essere percepito come una componente “normale” e piacevole della vita e quali sono state le cause del progressivo scivolamento e perdita di reputazione. Siamo certi che la “specializzazione” delle attività all’interno di sale dedicate sia la soluzione migliore? In questo modo non si sta ghettizzando l’attività di gioco e i giocatori?

Non sarebbe forse ragionevole prevedere che le attività di gioco debbano essere svolte all’interno di locali dove sono presenti anche altre attività ricreative? Ovviamente con tutti i dovuti accorgimenti in termini di protezione all’accesso da parte dei minori e dei giocatori a rischio. Un ripensamento in merito alla distribuzione delle attività di gioco va fatto. In questa prospettiva, perché non provare a immaginare dei luoghi dedicati sì ma all’intrattenimento, in cui si può andare in palestra oppure al cinema, a ballare oppure a giocare? E poi chi l’ha detto che le regole della distribuzione debbano essere valide in modo uniforme in tutto il territorio nazionale? Non avrebbe forse senso prevedere che nelle località a vocazione turistica i locali in cui si gioca abbiano caratteristiche diverse da quelli di città?

Questo è il momento storico giusto in cui provare a fare queste riflessioni: si stanno preparando le gare per le nuove concessioni e si sta disegnando il futuro del settore almeno per il prossimo decennio.

 

 

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