Ad ondate più o meno regolari, in Italia il divieto di pubblicità al gioco torna al centro del dibattito politico e ad occupare le cronache delle testate del settore. È successo anche ieri, 29 marzo, con la risposta in commissione Cultura della Camera all'interrogazione presentata dalla deputata Elisabetta Piccolotti (Alleanza verdi e sinistra) da parte del ministro per lo Sport, Andrea Abodi. Risposta nella quale il ministro ha sottolineato l'importanza di un confronto su questo tema, “che va discusso, con un'ampia concertazione e passando per il necessario percorso parlamentare”.
Al di la della Manica, c'è invece chi sta passando dalle parole ai fatti.
Nel Regno Unito infatti proprio oggi è in programma l'assemblea degli azionisti di alto livello dei club della Premier league – la massima serie calcistica anglosassone – che si dicono "pronti a vietare alle società di gioco d'azzardo di fare pubblicità sulla parte anteriore delle loro magliette”, consentendo comunque degli accordi di sponsorizzazione sulle maniche, nel tentativo di evitare che sia il Governo a decidere per loro, magari limitandolo maggiormente o vietandolo del tutto.
A rilanciare questa ipotesi è il quotidiano britannico The Times, partendo dalla considerazione che l'Esecutivo il mese prossimo dovrebbe pubblicare l'atteso “libro bianco” per la riforma del gioco con vincita in denaro, e che non includerà divieti di sponsorizzazione del gioco sulle maglie se i club di alto livello riusciranno a raggiungere un accordo "da soli".
Qualsiasi voto in proposito però potrebbe essere rinviato fino alla riunione estiva della Premier league a giugno.
Sul tavolo poi c'è anche l'idea di prevedere un periodo di transizione di tre anni, ma anche quella di non applicare le stesse limitazioni ai club Efl, la seconda divisione del calcio inglese, visto che potrebbe comportare perdite troppo pesanti per il loro bilancio.
Non sono da poco anche i tagli alle entrate che dovrebbero subire i club della Premier league: le stime parlano di 5-10 milioni di sterline in meno a stagione per ognuno degli otto team della massima serie calcistica inglese che attualmente hanno come sponsor un operatore di gioco.
In Italia, secondo le stime, invece l'impatto del divieto di pubblicità al gioco introdotto con il decreto Dignità per il sistema calcio è pari a circa 100 milioni di euro l'anno. Per il settore audiovisivo, in termini di ricavi pubblicitari, invece la perdita a carico dei broadcasters è stata stimata da Confindustria Radio Tv in circa 60 milioni di euro.