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Sisal Talk: i tanti volti della sostenibilità al centro del dibattito

20 giugno 2023 - 12:27

Sisal Talk analizza le diverse accezioni del concetto di sostenibilità: gli interventi di Alessia Silvestro, Sergio Amati, Laura Nacci e Stefano Mainetti.

Scritto da Redazione
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Milano - Sisal rinnova il suo impegno sulla sostenibilità inaugurando il ciclo di eventi Sisal Talk per rafforzare il dialogo con gli stakeholder sui temi chiave della strategia di crescita di lungo periodo, appuntamento nel corso del quale l'azienda ha presentato il suo Bilancio di sostenibilità 2022, con il Ceo Francesco Durante.

Al centro del dibattito gli impatti dell’innovazione sull’agenda di sostenibilità: dal rapporto tra etica e innovazione al gender gap nelle competenze tecnologiche passando per la crescente attenzione ai temi della sostenibilità ambientale del digitale.

Alessia Silvestro, sustainability & Esg reporting manager Sisal, si sofferma sulla facilità, o meno, del trasferimento del commitment proposto dal Ceo Durante: "Sicuramente per il commitment, il mandato forte aiuta. In Sisal ha aiutato a fissare degli obiettivi estremamente sfidanti, che poggiano a loro volta su altri sotto-obiettivi che poggiano su azioni volte a realizzarli. Quindi darsi quegli obiettivi, portarli all'attenzione del leadership team, andarli a discutere su base trimestrale, anche con un monitoraggio continuo, è molto impegnativo e richiede tanto lavoro, perché sono impattate tantissime funzioni aziendali, però è anche più comodo per andare verso l'obiettivo con il ritmo giusto. In qualche modo avere l'obiettivo, il sottobiettivo e il monitoraggio continuo ci aiuta come azienda ad andare tutti nella stessa direzione, a fissare un po' il passo e a correggere il tiro. Quello che abbiamo fatto negli ultimi anni in Sisal racconta una buona sostenibilità da 15 anni, con il bilancio di sostenibilità, però negli ultimi anni sicuramente l'attenzione sull'indicatore, la misurazione è aumentata. A proposito di compliance e commitment, ci tengo a sottolineare assolutamente su base volontaria, perché al momento non siamo stati soggetti a dichiarazione non finanziaria e non siamo soggetti alla nuova direttiva sulla sostenibilità europea. Quindi su base volontaria perché siamo consapevoli dell'importanza di comunicare costante impegno. Sentiamo il ruolo sociale delle aziende e lo vogliamo dimostrare, perché sappiamo che questo ha valore, nel lungo termine soprattutto. Quindi guardiamo al futuro con questa lente della sostenibilità. Nell'ultimo bilancio parliamo degli obiettivi, parliamo dei trend che in futuro possono influenzare il settore, parliamo anche di un'analisi con cui ci siamo confrontati per la prima volta, l'analisi di doppia materialità: ovvero guardare sia agli impatti che l'azienda, nel breve o nel lungo, può creare sulla comunità, sui territori, sulle persone, ma anche ai fattori di sostenibilità che possono impattare la solidità finanziaria dell'azienda. Tutto questo è sfidante però è il senso stesso della sostenibilità".

Quanto alla crescita dell'analisi quantitativa, "gli obiettivi sono tutti misurabili, oggettivi, quindi ci consentono di confrontarci anche con la nostra presenza all'estero: parliamo di obiettivi in Italia, ma anche all'estero con cui ci dobbiamo confrontare. Parliamo di una comunicazione che diventa più oggettiva, che può rientrare appunto nella valutazione. E' sicuramente l'unico modo per misurare la sostenibilità, l'unico modo per renderla poi concreta, guidarla in qualche modo e gestirla".

Silvestro analizza anche i concetti di gender e inclusione: "L'inclusione è al centro, ma dobbiamo anche considerare i cambiamenti che stiamo affrontando. Abbiamo iniziato un percorso di forte internazionalizzazione nel 2019, ma anche di digitalizzazione. Oggi abbiamo 600 persone che si occupano di sviluppo software e ict e qui le donne sono un quarto. L'idea è quella di aumentare questa percentuale, sia a livello di gruppo, sia proprio in questo ambito. Come farlo? Innanzitutto trattenendole in azienda e in questo le azioni sono tantissime: dal creare percorsi di gestione e crescita del talento, per seguire le diverse fasi della crescita professionale, quindi dalle professionalità junior, al leader, al director, ma anche percorsi di mentoring, fino alle politiche più concrete e pratiche, quindi le iniziative per favorire la genitorialità. Puntando intanto sulle condizioni che agevolano un genitore da madre, ma anche il padre, per esempio con un'estensione del congedo di paternità . Allo stesso tempo dobbiamo attrarre quelle nuove competenze che ci serviranno. In questo senso credo sia da citare la nostra collaborazione nella definizione del master HumanAize del politecnico di Torino, che punta proprio a colmare quel gap di competenze. Il master è innovativo nella sua concezione, perché è rivolto a persone con un background umanistico per fornire loro competenze digitali, tecnologiche, di intelligenza artificiale, di fondamenti matematici: tutte quelle competenze che vanno poi a formare figure professionali ibride, che si spera abbiano un pensiero laterale, una capacità creativa migliore di chi ha un background solo. Abbiamo avuto un ruolo dal design di questo master fino al possibile inserimento di persone in azienda con dei project work."

Sergio Amati, direttore generale di Iab Italia, associazione dedicata allo sviluppo della comunicazione pubblicitaria online, sottolinea: “Le tecnologie digitali da un lato aiutano la sostenibilità ma dall’altro certi comportamenti possono avere conseguenze. Abbiamo misurato lo scarto tra percezione e realtà con una ricerca YouGov: È risultato che l’ambiente è al primo posto tra le preoccupazioni degli italiani ma quando siamo scesi nel dettaglio è emerso che l’inquinamento digitale era poco conosciuto".

Laura Nacci, direttrice della formazione per SheTech, associazione nata con l'obiettivo di colmare il gender gap e supportare le donne nel mondo della tecnologia, del digital e dell'imprenditoria, sottolinea: "Purtroppo abbiamo ancora molte poche donne nelle aziende e questo ha un impatto culturale, sociale, economico significativo. Per fare degli esempi, a livello sociale significa che ancora oggi progettiamo e realizziamo quasi tutto su base prevalentemente maschile. Potrei farvi mille esempi, in qualunque ambito. Ve ne faccio uno: gli incidenti stradali. Ancora oggi in Europa, se guardiamo uomini e donne, abbiamo molte più probabilità che le donne escano ferite, gravemente ferite o addirittura muoiano in un incidente stradale rispetto agli uomini. Quando dico molte intendo il 71 percento di probabilità in più di uscire ferite, il 17 percento in più di probabilità di uscire non vive da incidenti. Questo accade perché ancora oggi in Europa un automobile, per essere immessa nel mercato, deve superare cinque crash test, ma in queste prove non è previsto neanche un manichino femmina. Esiste un manichino femmina, a onor del vero, non nelle prove obbligatorie, ma esiste nei test. Peccato che questo manichino sia stato progettato in che modo? E' un manichino maschio più piccolo, semplicemente più piccolo. Peccato che noi donne abbiamo ossa, muscoli molto diversi dagli uomini. I muscoli del collo in una donna sono molto meno sviluppati rispetto a quelli degli uomini. Questo significa che, ovviamente, nei tamponamenti le donne sono più soggette rispetto agli uomini al colpo della frusta. 
Il manichino femmina nell'unico test è seduto a lato, non guida, inoltre non è gestante. A onor del vero nel 2002, Volvo fece degli studi molto innovativi e realizzò un manichino gestante: Linda, l'unico manichino gestante che sia stato mai studiato al computer. Già quegli studi avevano fornito dei dati molto interessanti sull'effetto che l'impatto dell'alta velocità poteva avere sul feto. Immaginate quanto, se si portassero avanti tematiche di questo genere, ciò potrebbe portare in termini di sicurezza, ma anche di innovazione e di competitività sul mercato. Linda era stata progettata da un'ingegnera meccanica donna. Parliamo dell'impatto economico: ultimamente abbiamo più talenti e più risorse. Mi viene in mente l'ultimo bilancio di genere del Politecnico di Milano. Ci dice che quelle poche ragazze che studiano ingegneria abbandonano gli studi molto meno dei colleghi maschi al primo anno. Quindi sono più determinate, se dovessimo guardare delle skill. Poi, in molte facoltà di ingegneria, escono con voti più alti rispetto a quelli dei maschi: sono sicuramente talenti che potremmo avere e utilizzare. Per far capire l'impatto economico: l'ultimo rapporto di Women in Tech ci dice che se in Europa raddoppiassimo il numero delle donne nel tech, questo porterebbe all'Europa fino a 600 miliardi di pil aggiuntivo nel 2027".

Nacci aggiunge: "L'Unione Europea con l'Agenda 2030 si è posta come obiettivo avere una popolazione che, almeno all'80 percento, abbia delle competenze digitali di base. Ora in questo l'Italia non solo ha un forte ritardo rispetto alla media europea, ma in questo presenta anche un vero e proprio divario di genere. A oggi le donne che hanno competenze digitali di base in Italia sono il 40 percento, la metà di quell'obiettivo che dobbiamo raggiungere entro il 2030. Questa cosa, quando si va sulle skill specializzate del digitale e del tech aumenta, questi numeri sono sempre più bassi. Fornire tech e digital skill alle donne è importantissimo, perché significa far sì che restino nel mercato del lavoro, portare più possibilità di fare carriera e di arrivare in posizioni meglio retribuite. E' fondamentale portare anche nelle aziende, non solo a livello universitario e di studi, attività di upskilling sulle donne, far crescere queste competenze. Altra cosa importante, sia all'esterno che all'interno delle aziende, è raccontare le storie di quelle poche donne che hanno fatto un percorso di studi e una carriera in questi settori, perché se io non vedo un certo tipo di lavoro, di professione, di carriera non mi verrà mai in mente di poterla fare. Questo vale ad esempio anche per le nuove generazioni. Raccontare queste storie all'interno delle aziende è importante anche nell'ottica di una leadership differente. Ed è importante raccontare bene, ed ecco l'importanza di avere le cosiddette soft skill, accanto a quelle tech e digital, perché le donne leader in questi settori possano raccontarsi con uno story telling professionale funzionante, efficace. E' importante all'interno dell'azienda, ma anche per l'impatto poi all'esterno".

Stefano Mainetti, professore aggregato Polimi Graduate School of Management, si sofferma sul tema dell'etica dell'innovazione: "E' etico distruggere l'attività umana e sostituirla con le attività meccaniche? Se la tecnologia la usiamo per migliorare la nostra qualità di vita allora ha un percorso etico che noi sappiamo utilizzare, se invece ne siamo sopraffatti è un po' un problema. Il tema è capire quanto noi riusciamo a indirizzare lo sviluppo tecnologico per il bene comune, tenendo l'uomo e i suoi bisogni al centro".

Sul ruolo di divulgazione e comunicazione dei giornalisti, ritiene che essi "devono cercare di diffondere una comunicazione il più possibile oggettiva sugli impatti dello sviluppo tecnologico", mentre sul tema dell'inclusione sottolinea: "Nel digitale la divisione tra i sessi è superata. Quando utilizzi un software non guardano se sei maschio o femmina, se entri in una software house non guardano se sei maschio o femmina". 
E sempre in tema di digitale, e del suo impatto sull'ambiente: "Si parla del 7 percento della produzione di CO2 nel mondo. L'utilizzo del digitale comporta un impatto, ma è un impatto indirizzato. Sono fiducioso sulla partita che sta giocando il digitale, positivamente indirizzata. Sono invece più preoccupato sul tema della gestione degli impatti sociali nell'utilizzo dei social network e ancora di più sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale. Le democrazie stanno riflettendo su come sostenere chi non sarà in grado di affrontare con valore questa nuova sfida dell'intelligenza artificiale. Qua abbiamo dei passi importanti di sensibilizzazione da fare, nelle università questa consapevolezza già c'è".

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