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Stati generali Adm: gioco consapevole, tra formazione e distanziometri

27 giugno 2024 - 16:52

Al centro del tavolo degli Stati generali dell'Agenzia dogane e monopoli su liberismo e proibizionismo nel gioco pubblico le strategie contro la dipendenza. Gli operatori puntano sulla formazione, l'Istituto superiore di sanità difende i distanziometri.

Scritto da Redazione

Roma – Si è parlato di utilità di distanziometri e limiti orari, della rete legale come baluardo contro l'illegalità, di gioco consapevole e di strumenti (anche tecnologici) per promuoverlo, a partire dalla formazione degli operatori, nel tavolo “Fra liberismo e proibizionismo: il bilanciamento fra diritto alla libertà d'iniziativa economica e il diritto alla salute nel riordino del gioco pubblico” nell'ambito della sessione “La riforma dei giochi pubblici tra esigenze di bilancio, tutela della salute e salvaguardia del comparto economico”, ospitata dagli Stati generali dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in agenda oggi, 27 giugno, a Roma.

In apertura il moderatore Andrea Pancani, vice-direttore di Tg La7, sottolinea l'importanza degli Stati generali, come modo per rendere consapevole i cittadini delle attività svolte dall'Agenzia, ma anche la necessità di usare equilibrio e buon senso nel regolare il gioco per tutelare tutte le parti in causa. E il dibattito è partito proprio da questo.

Il primo a prendere la parola è Emmanuele Cangianelli, presidente dell'associazione Esercenti giochi pubblici – Fipe. “Quali sono le leve per il gioco responsabile? La responsabilità deve venire dalla consapevolezza, la consapevolezza dall'informazione, è quindi importante per gli operatori informare i consumatori in modo corretto.

Il gioco responsabile e consapevole è in funzione delle istituzioni quando fanno le regole, degli operatori quando le applicano, nell'ottica di offrire un servizio di gioco e intrattenimento nel modo più chiaro possibile.

Ci sono ampi spazi di miglioramento soprattutto grazie alla tecnologia, all'innovazione; la digitalizzazione ad esempio può aiutare ad informare meglio le persone e offrire la possibilità di consumare consapevolmente”.

Di pari passo è importante che il settore esca dallo stigma sociale che spesso lo affligge: “Fra gli obiettivi del futuro c'è anche quello poter distinguere più nettamente il gioco legale da quello illegale.

Nelle prossime concessioni auspichiamo un'identificazione netta di cosa è certificato dallo Stato perché stiamo parlando di una serie di servizi affidati dallo Stato a chi poi si occupa di offrirlo sul territorio”.

Claudia Mortali, primo ricercatore del Centro nazionale dipendenze e doping - Istituto superiore della sanità offre il suo punto di vista, citando alcuni dati sulla diffusione del gioco patologico. “Nessuno vuole demonizzare il gioco: la maggior parte delle persone giocano in modo ricreativo e ludico.

Guardando invece a chi si ammala, dipendente è chi reitera un comportamento, non soltanto il danno che quello gli crea.

Nel 2018 abbiamo svolto una ricerca che è stata la prima a fornire un quadro epidemiologico su adulti e minori: nel 2018 si registravano un milione e mezzo di giocatori problematici, con manifestazioni conclamate, e più un milione e 400mila con rischio moderato, per popolazione 'fragile' totale di 3 milioni di persone.

Non va dimenticato che questo è un problema di salute trasversale in cui tutti possono cadere, facendo un danno non solo al Servizio sanitario nazionale o a se stessi, ma, come un sasso lanciato nello stagno, che si propaga ad affetti, familiari, datori di lavoro.

Per questo è nato un numero verde di Adm che riceve tantissime chiamate ogni anno.

Il giocatore d'azzardo patologico è meno consapevole di quanti sono afflitti da altre dipendenze, segue logiche tutte sue, un pensiero magico, è più lontano degli altri dalla consapevolezza del problema, difatti non è lui a chiamare il numero verde ma i suoi familiari, in genere.

L'ultima fotografia sui comportamenti di gioco degli adulti risale al 2018, poi ci sono stati altri studi parziali, regionali, non rappresentativi della popolazione italiana.

Nel 2018 sono stati testati anche i minori: allora, sotto i 18 anni, un ragazzo 1 su 4 giocava d'azzardo, scegliendo il gioco online nel 20 percento dei casi.

Nel 2024 abbiamo svolto una ricerca solo sui ragazzi, i cui dati preliminari escono oggi per la prima volta, su un campione di 6mila individui: ad evidenziare come manchi parte dell'autocontrollo e della valutazione del rischio fino ai 23 anni, gli studenti problematici rappresentavano il 3 percento del totale nel 2018; quest'anno sono arrivati al 4 percento.

Nel loro caso la consapevolezza e la responsabilità centrano poco, per questo credo che vadano protetti più di altri, che magari il limite di età per giocare vada innalzato, visto che fino a 23 anni sistema nervoso centrale non ha terminato il suo sviluppo”.

Emilio Zamparelli, presidente del Sindacato totoricevitori sportivi – Fit, ribadisce una delle regole centrali del gioco legale: “I minori non devono giocare. Nel Paese esiste una rete qualificata - che comprende le tabaccherie - che evita che i minori giochino.

Se ci sono eccezioni vanno verificate, ma la rete legale deve sempre impedire il gioco dei minori. Chi non lo fa va sanzionato, ed è previsto che perda l'attività.

La rete legale è fondamentale: senza di essa prolifererebbe illegalità, come è successo nel passato. Cancellare la rete legale e pensare che possa rappresentare un problema significa favorire l'illegalità, piuttosto bisogna attenzionare il gioco clandestino”.

Parlando dell'ormai celebre “questione territoriale” del gioco, il presidente di Sts sottolinea come negli ultimi anni si sia “vissuta un'anomalia, al legislatore centrale si sono sostituite le norme locali, troppe, che non tutelano il giocatore, il quale non può essere tutelato da metri o minuti, ma in modo diverso

Si tratta di norme che non hanno mai tenuto conto di cambiamenti sociali e tecnologici; oggi il punto gioco sta nelle nostre tasche. Quindi distanziometri e limiti orari sono sono norme proibizionistiche che non tutelano il giocatore e fanno solo male al settore, che ha perso migliaia di occupati per questo.

Ricordiamo in proposito le ordinanze varate anni fa a Ventimiglia e Cairo Montenotte, poi bocciate dai Tar, che consentivano di giocare solo di notte.

La strada da fare è diversa: serve una rete responsabile, qualificata, gli operatori formati sono i baluardi per la tutela del giocatore.

Mi auguro che il riordino non parta con questi limiti, che non servono - ce lo dice l'analisi del passato -, se non a spostare parte del gioco sull'online e far riaffiorare l'illegalità che ora non utilizza solo 'l'omino per strada' come mano dell'organizzazione criminale, ma i nuovi strumenti digitali.

Questo settore non può avere né norme troppo liberiste né proibizioniste, nel mezzo sta la virtù.

Va normato con giudizio attenzionando la salute del cittadino ma anche le esigenze erariali, se il gioco non viene gestito dallo Stato viene gestito da qualcun altro, che è totalmente irresponsabile”.

Nel secondo giro di commenti, Cangianelli si concentra sulla formazione: “È già ben strutturata per le rivendite di generi di monopoli, uno dei criteri di reimpostazione dell'offerta di gioco pubblico con la selezione dei concessionari e dei loro punti vendita. La delega fiscale richiama la necessità di regole a livello nazionale, di formare gli esercenti a riconoscere stati di non consapevolezza del consumo di gioco, quindi al contatto con il giocatore e al suo allontanamento quando non c'è consapevolezza, e infine la richiesta di supporto da parte degli operatori socio sanitari.

Sarebbe meglio che le ricerche pubbliche sulla diffusione del gioco patologico venissero fatte ogni anno, come avviene nel Regno Unito.

Le reti di offerta sono di decine di migliaia di punti vendita, poche migliaia quelli specializzati: nella maggior parte di essi il cittadino può entrare liberamente anche se minorenne, occorre qui individuare qualcosa che supporti gli esercenti per anticipare i possibili casi problematici.

Questo è più facile nei luoghi specializzati dove vige il divieto di ingresso dei minori, anche qui le norme non danno una forza giuridica chiara all'esercente per chiedere il documento.

Come Fipe siamo a favore di una modifica della normativa e alla possibilità di chiedere il documento a chiunque nel momento dell'accesso nelle sale.

Servono anche soluzioni anche per l'auto-esclusione, che funziona già per il gioco online e che la delega parlamentare cita anche per il futuro della rete fisica”.

 

Zamparelli evidenzia: “Di fronte a situazioni problematiche il tabaccaio ha il dovere di intervenire, è un obbligo che deriva dal lavorare per lo Stato; noi non vogliamo clienti ludopatici ma che si divertano, e che giochino responsabilmente. Se questo settore dalla prima schedina convalidata ad oggi ha resistito lo ha fatto perché è un settore sano.

Se tutti togliessimo i prodotti gioco dove andrebbe il giocatore? Lo affideremo nelle mani della criminalità, come accadeva un tempo per il Lotto, poi riportato nell'alveo della legalità con una rete capillare sul territorio. Che la gente smetta di giocare perché non ci sono più punti vendita è impossibile”.

 

Claudia Mortali sottolinea il ruolo primario di famiglia e scuola nella prevenzione, e poi evidenzia: “La disponibilità dell'offerta ha un peso nelle patologie, il 12 percento dei giocatori patologici sono pensionati o inabili al lavoro, che hanno difficoltà a recuperare un eventuale debito; molti dei giocatori problematici sono casalinghe.

In città il gioco è ovunque, trovarsi di fronte a tanta offerta pesa sul disturbo, e anche per chi vuole smettere. Perciò credo che le limitazioni di distanza e orari possano aiutare.

Quanto all'auto-esclusione online, evidenzia la studiosa, “poi molti giocatori vanno in crisi d'astinenza, alcuni chiamano il nostro numero verde perché vogliono tornare a giocare, fra il 50 e l'80 percento chiamano quelli che vogliono rientrare. Dopo sei mesi l'auto-esclusione si può togliere, nel frattempo chi è malato gioca altrove, nel fisico. L'auto-esclusione per me funzionerebbe solo se portasse a una cura o a una impossibilità reale di giocare”.

 

L'ultimo giro di commenti è praticamente un tweet.

Per Cangianelli il tema cruciale è la collaborazione fra istituzioni ed imprese; per Zamparelli le distanze non sono un deterrente, visto che è possibile giocare anche dai luoghi sensibili, online, per quanto riguarda poi gli orari è la stessa cosa.

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