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Una vita all'ippodromo Caprilli, i ricordi di Attilio D'Alesio

30 aprile 2021 - 06:56

In vista della prossima riapertura dell'ippodromo livornese Caprilli, Attilio D'Alesio, direttore della struttura per 30 anni, apre lo scrigno dei ricordi.

Scritto da Redazione
Una vita all'ippodromo Caprilli, i ricordi di Attilio D'Alesio

"Sperando che l’ippodromo venga riaperto e torni ad essere quel grande teatro che è stato per oltre cento anni mi è venuta la voglia di raccontare brevemente la mia vita vissuta al Caprilli, purtroppo 'seppellito' nel 2015 dai 5 Stelle con il sindaco Nogarin, dopo che era stato 'ucciso' dal Pd nel 2009, quando il Comune, con il sindaco Cosimi, decise di acquistare per 1 euro la quota della livornese Corse cavalli, nominando un amministratore unico, poi nominato liquidatore e portando la società labronica al fallimento".


Cominciano così le "memorie" di Attilio D'Alesio, presidente del Coordinamento ippodromi e direttore per 30 anni del Caprilli di Livorno, impianto che dovrebbe riaprire le porte questa estate, dopo 4 anni di chiusura.


"Quello è stato 'l’unico euro' speso dal Comune per l’ippodromo in cento anni ed ora ne ha dovuti spendere 2,3 milioni per avviarne il restauro e dovrà spenderne ancora tanti altri solo per ripristinare l’impianto di illuminazione, che era stato realizzato nel 1936 ed aveva reso il Caprilli il primo ippodromo in Europa a svolgere le corse in notturna", prosegue, a tal proposito.

 

"Venendo alla mia vita all’ippodromo: all’età di quattordici anni, con la mia famiglia, andavo tutte le serate di corse all’ippodromo, dove incontravo tantissimi amici e dove ci divertivamo moltissimo.
A diciotto anni iniziai a lavorare come addetto alla vendita dei biglietti al totalizzatore insieme ad altri 150 giovani (gli sportelli all’epoca erano ben 50 ed ad ogni sportello c’erano tre addetti).
A ventiquattro anni venni assunto come impiegato addetto al pagamento dei premi vinti dalle scuderie.
A trent’anni venni nominato segretario della Società e quattro anni dopo fui nominato direttore, ruolo che ho svolto fino al 6 maggio 2011, quando fui licenziato, su decisione del Comune.
Durante tutto questo periodo non ho mai perso nemmeno una giornata di corse, ad eccezione di quelle svolte dal 2004 al 2008, quando ero in aspettativa in quanto assessore allo Sport.
In questo bellissimo periodo della mia vita ho avuto la fortuna di conoscere migliaia di appassionati, tanti proprietari, allenatori, fantini, commissari e ne ricordo solo alcuni, sempre presenti e ricchi di tantissima passione: Canaccini, Bellabarba, Giordano, Franchi, Ferramosca, Di Maggio, Colombi, Pecoraro, Mataresi, Valeri, Dettori, Altmann, Menichetti, Brighigna, e tantissimi altri che non cito altrimenti non finirei mai, ma che porto sempre nel cuore per tutto quello che mi hanno trasmesso", racconta ancora.
 

"Il Consiglio di amministrazione della Labronica corse Cavalli, fondata nel 1973 su iniziativa del sindaco Bino Raugi, veniva nominato dal Comune e dalla Livornese corse cavalli, in modo paritario, e ne ricordo i presidenti che con grande impegno ed a titolo gratuito svolgevano il loro compito: Carlo Calvi, Enrico Tuoni, Marco Pacini,Divo Fioretti, Emanuele Cocchella, Andrea Ghezzani.
Persone che avrebbero meritato una onorificenza da parte dell’amministrazione comunale.
Un ricordo particolare va a due grandi giornalisti del Tirreno: Giampiero Celati e Vinicio Saltini, che hanno sempre dedicato tanta attenzione all’ippodromo.
Un altro ricordo molto bello va al segretario dell’Unire degli anni Ottanta: Piero Golisano, una persona stupenda che attentamente mi insegnò i compiti che doveva svolgere il segretario di una società di corse, che era la figura centrale nell’organizzazione delle giornate di corse.
Infine, l’ultimo mio ricordo va a Luciano Moriconi, affetto da sindrome di down, che ogni mattina era presente all’ingresso dell’ippodromo e mi diceva: 'Ciao tio Eppa. Aruri'. Una persona meravigliosa!
Luciano dopo il mio licenziamento non è più voluto andare all’ippodromo e con il suo bellissimo e triste ricordo chiudo questa mia memoria", conclude D'Alesio.
 

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