“A riprova che, contrariamente a quanto assume l’appellante - secondo cui il cd. effetto espulsivo (id est, l’oggettiva impossibilità di reperire sul territorio comunale aree da destinare a sedi delle sale giochi) conseguirebbe non alle delibere di mappatura del 2017-2019 ma alla variante del citato Regolamento (tempestivamente impugnato dinanzi al Tar) – vale rilevare che sia prima che dopo la variante l’insediabilità era pari allo 0 percento del territorio comunale, con la conseguenza che nulla era mutato per effetto di detta variante ed il cd. effetto 'espulsivo' non poteva che discendere dalle delibere di mappatura”.
Questa è una delle motivazioni espresse dai giudici del Consiglio di Stato a supporto della sentenza con cui respingono l'appello proposto da una società per la riforma della sentenza del Tar Emilia Romagna che sul finire del 2023 ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti, tra l’altro, per l’annullamento delle modifiche inserite all’art. 68, commi 2 e 3, della Normativa tecnica del Regolamento edilizio comunale, che impediscono la delocalizzazione e l’istallazione dell’attività di sala giochi in ambito Asp 1, e dei provvedimenti della Questura di Rimini che ha chiesto ai gestori di due sale gioco di riconsegnare le licenze per la raccolta del gioco a mezzo Vlt.
Il giudice di primo grado ha definito in rito la controversia, dichiarando inammissibile il ricorso per non essere state immediatamente impugnate le delibere di giunta comunale del 2017 e del 2019 per effetto delle quali è conseguita la chiusura dell’esercizio perché posto entro il limite distanziale di 500 metri imposto per i luoghi sensibili.
Il Collegio esclude, che sia necessario disporre una verificazione - richiesta dalla società ricorrente - essendo gli atti di primo e di secondo grado sufficienti a consentire la decisione della causa.
Nella sentenza i giudici di Palazzo Spada infatti evidenziano: “Il carattere della immediata lesività delle delibere di Giunta non potrebbe venire meno in virtù della decisione di procedere alla delocalizzazione (poi divenuta di fatto impossibile) atteso che i destinatari di tali note hanno assunto il rischio - facendo decorrere i termini per l’impugnazione sull’assunto di dover perseguire la (sola) strada della delocalizzazione – di far divenire intangibile la statuizione in ordine alla chiusura.
Non rileva, dunque, accertare se – come afferma parte appellante – effettivamente soltanto a seguito dell’approvazione dell’ultima variante normativa al Rur, approvata con delibera del Consiglio comunale n. 9 del 25 marzo 2021 sia diventato assolutamente ed oggettivamente impossibile delocalizzare, o comunque insediare una sala da gioco e/o sala scommesse nel Comune di Rimini. Parte appellante ben conosceva l’alternativa posta dal Comune, id est chiudere l’esercizio o trasferirlo in altra località, con la conseguenza che ove non fosse stato possibile il trasferimento – circostanza da mettere in conto – l’alternativa non poteva che essere la chiusura, non essendo stata tale eventualità contestata nei termini dinanzi al giudice amministrativo”.
Inoltre, “ dalla documentazione versata in atti nel primo grado di giudizio risulta che gli emendamenti – dai quali la società vorrebbe far sorgere l’ effetto espulsivo – sono stati oggetto di discussione e, contrariamente a quanto assume parte appellante, non sono stati 'presentati all’ultimo momento'; aggiungasi che l’art. 68 del regolamento edilizio-urbanistico non ha affatto comportato un 'effettivo e totale divieto' delle attività di gioco d’azzardo legalizzato. Come affermato dal Tar Bologna, contrariamente a quanto assume la società, la delocalizzazione è infatti possibile su almeno il 67 percento del territorio riminese.
A riprova che, contrariamente a quanto assume l’appellante - secondo cui il cd. effetto espulsivo (id est, l’oggettiva impossibilità di reperire sul territorio comunale aree da destinare a sedi delle sale giochi) conseguirebbe non alle delibere di mappatura del 2017-2019 ma alla variante del citato Regolamento (tempestivamente impugnato dinanzi al Tar) – vale rilevare che sia prima che dopo la variante l’insediabilità era pari allo 0 percento del territorio comunale, con la conseguenza che nulla era mutato per effetto di detta variante ed il cd. effetto espulsivo non poteva che discendere dalle delibere di mappatura.
Anche l’ultimo motivo non è suscettibile di positiva valutazione in quanto la restituzione della licenza è conseguenza della chiusura della attività, la cui illegittimità non è – come si è ampiamente dimostrato – accertabile”.