Niente da fare per i ricorsi presentati al Tar Lazio da alcuni concessionari di gioco per l'annullamento dei procedimenti dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli finalizzati "all’applicazione delle penali previste per il mancato rispetto dei livelli di servizio descritti nell’allegato 2 all’Atto di convenzione di concessione relative al periodo di rilevazione 21 marzo 2013 - 31 dicembre 2013".
I giudici amministrativi capitolini hanno risposto i ricorsi, ritenendoli "infondati".
I MOTIVI DI RICORSO - Secondo i concessionari, fra l'altro, "la contestazione delle penali sarebbe avvenuta tardivamente (e cioè soltanto nel 2022 nonostante i fatti denunciati si siano verificati nel 2013), ciò non soltanto in violazione del principio di tempestività che presiede all’irrogazione di misure di natura sanzionatoria (quali sarebbero le penali in questione) ma anche delle specifiche prescrizioni racchiuse nella convenzione di concessione (che stabilirebbero un meccanismo di irrogazione delle penali su base annuale)", "e che a fronte di inosservanze dei livelli di servizio riferite all’anno 2013, l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere alla relativa contestazione entro il 31 dicembre 2014; e così via di anno in anno. Il che non è stato.
Per uno dei ricorrenti, il provvedimento impugnato ha errato nel considerare "- quale limite economico massimo delle penali ex art. 30, commi 6 e 7 della Convenzione - la percentuale dell’11 percento del compenso totale degli apparecchi di gioco Awp e dei sistemi di gioco Vlt (in tal modo sommando, quindi, il compenso Awp con il compenso Vlt), mentre invece detto limite economico avrebbe dovuto suddividersi in tesi in due sotto-limiti, e cioè un 1° sotto-limite pari all’11 percento del compenso degli apparecchi di gioco Awp (per quanto concerne le penali applicabili a detti apparecchi), ed un 2° sotto-limite pari all’11 percento del compenso dei sistemi di gioco Vlt (per quanto concerne le penali applicabili a detti sistemi)".
LA SENTENZA - Il Tar Lazio in risposta ai ricorsi evidenzia che "la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiaramente affermato – con una recentissima sentenza a cui il Collegio intende conformarsi (cfr. Cons. St., sez. VII, 29 aprile 2024, n. 3916) – che proprio le penali di cui ora si controverte (segnatamente le penali previste dalle concessioni di Adm al fine di sanzionare l’inosservanza dei livelli di servizio da parte dei concessionari del servizio di gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 6, Tulps) non hanno natura di sanzioni amministrative.
Dette penali assolvono, infatti, ad una funzione esclusivamente civilistica di predeterminazione convenzionale del risarcimento dei danni in caso di inadempimento contrattuale del concessionario (cfr. art. 1382 c.c.), e ciò lasciando ovviamente impregiudicata sia la rilevanza pubblicistica del servizio erogato dal concessionario, sia i poteri di vigilanza che l’Amministrazione conserva in relazione a tale servizio".
Per i giudici, "la lettera del contratto e della legge è chiara nel prevedere, pertanto, che le penali in questione assolvono alla funzione di 'risarcimento forfettario ed anticipato del danno derivante da tale inadempimento', e che la situazione contra ius a cui esse reagiscono è un 'inadempimento' contrattuale e non un illecito amministrativo.
Detto in altri termini, la sanzione' (in assenza di ulteriori qualificazioni) ben può essere anche una sanzione civile finalizzata a perseguire un inadempimento contrattuale, quale per l’appunto è la penale contrattuale ex art. 1382 c.c."
Ma, "la natura civilistica delle penali de quibus non basta a spogliare il giudice amministrativo della giurisdizione sulla presente controversia.
Va osservato, infatti, che venendo in considerazione una vicenda sorta nell’ambito dell’esecuzione di un rapporto concessorio finalizzato all’espletamento di un pubblico servizio - rapporto la cui cognizione è devoluta in linea di principio, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c) c.p.a., alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo - devono ritenersi attratte alla cognizione di quest’ultimo sia le controversie aventi ad oggetto sanzioni amministrative irrogate in conseguenza dell’esecuzione del rapporto concessorio, sia quelle aventi ad oggetto l’applicazione di clausole penali previste nell’atto di concessione.
Nel caso di specie, infatti, le penali: a) sono state quantificate sulla base di criteri che sono il frutto di una combinazione di regole scolpite non soltanto in atti negoziali (cfr. Convenzione e relativo Allegato 2) ma anche in atti amministrativi (cfr. determinazione direttoriale prot. n. 81362/RU del 16 marzo 2021), ciò che ulteriormente conferma l’inestricabile intreccio di diritti soggettivi e interessi legittimi che contraddistingue il rapporto concessorio de quo; b) necessitano di una preventiva interpretazione della clausola penale di riferimento; c) necessitano, infine, di una valutazione circa l’effettiva ascrivibilità alla ricorrente dell’evento dedotto quale causa di applicazione della clausola penale.
Va da sé che gli atti impugnati nel presente giudizio – a prescindere da quella che è la qualificazione delle situazioni giuridiche soggettive concretamente lese – sono indubitabilmente 'riconducibili anche mediatamente' all’esercizio di un potere, essendo ben possibile che l’Amministrazione persegua interessi pubblici attraverso strumenti privatistici (cfr. art. 7, co. 1, c.p.a. sulla giurisdizione esclusiva del GA, nonché Corte Cost. n. 204 del 2004).
Quanto precede basta a radicare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo adìto, ma non basta – per tutte le ragioni già viste – a configurare la presenza di “sanzioni amministrative in senso stretto” sottoponibili al regime della legge n. 689 del 1981.
Ricondotte le penali de quibus all’ambito civilistico al quale appartengono, va peraltro escluso che il mero ritardo con cui esse sono state irrogate nel caso di specie (circa 8 anni) basti a determinarne l’inesigibilità o illegittimità".
Quanto al limite economico massimo delle penali, invece, il Collegio ritiene di poter disattendere anche questo mezzo di censura, "atteso che: a) esso si infrange sul tenore letterale dell’art. 30, commi 6 e 7, della Convenzione, il quale prevede che il limite massimo annuale delle penali irrogabili 'non può essere comunque superiore all’undici per cento del compenso effettivo per la gestione telematica degli apparecchi di gioco Awp e dei sistemi di gioco Vlt'; ritiene il Collegio che alla congiunzione 'e' - inserita tra la locuzione 'apparecchi di gioco Awp' e l’ulteriore locuzione 'sistemi di gioco Vlt' - vada assegnato il significato congiuntivo che le è proprio, ciò che impone, quindi, di sommare tra loro i compensi Awp e Vlt ai fini dell’individuazione della base di computo dell’11 percento; b) l’odierna ricorrente non ha neppure indicato per quali specifiche (e per quali importi) l’Amministrazione avrebbe superato gli specifici sotto-limiti sopra enunciati, ciò che rende la doglianza generica e priva di adeguate allegazioni".
Il testo integrale di una delle sentenze del Tar Lazio è disponibile in allegato.