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Cdm: nel Dl Cultura il ritorno della pubblicità indiretta del gioco

23 dicembre 2024 - 17:53

Nel testo del decreto Cultura al vaglio del Consiglio dei ministri di oggi, 23 dicembre, il ritorno della pubblicità 'indiretta' del gioco.

Scritto da Redazione

© Consiglio dei ministri - Sito ufficiale

"All’articolo 9, comma 1, del decreto legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, le parole ', anche indiretta,' sono soppresse."

È quanto recita l'articolo 14 comma 4 dello schema di decreto legge "Misure urgenti in materia di cultura" all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri di oggi, 23 dicembre, che andrebbe quindi a modificare il celeberrimo decreto Dignità e il divieto di pubblicità al gioco.

In particolare la modifica, inserita nell'articolo dedicato a dedicato a "Disposizioni urgenti in materia di Istituto per il credito sportivo e culturale", riguarda  l'articolo del decreto Dignità dedicato proprio all'Adv ban: "Ai fini del rafforzamento della tutela del consumatore e per un più efficace contrasto del disturbo da gioco d'azzardo, fermo restando quanto previsto dall'articolo 7, commi 4 e 5, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, e in conformità ai divieti contenuti nell'articolo 1, commi da 937 a 940, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d'azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media".

Il tutto allo scopo di reperire per sostenere il settore dello sport e del calcio in primis, come chiesto a gran voce da molti soggetti dalla Federazione italiana giuoco calcio alla Lega di Serie A, e dallo stesso ministro dello Sport, Andrea Abodi.

Il ritocco nei giorni scorsi poi è stato al centro dei lavori della commissione Cultura del Senato sulla riforma del calcio con la redazione di un documento ad hoc da sottoporre al Governo.

LA RELAZIONE ILLUSTRATIVA - Il comma 4 modifica l’art. 9, comma 1, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, in materia di divieto di pubblicità giochi e scommesse.
Con l’adozione del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2018, n. 96” (“Decreto Dignità”), è stato introdotto, all’articolo 9, il divieto di pubblicità, sponsorizzazioni e tutte le altre forme di comunicazione a contenuto promozionale relative a giochi
o scommesse con vincita in denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuate e su qualunque mezzo, in qualsiasi forma anche indiretta. Il divieto, così come formulato nella disciplina vigente, ha un contenuto normativo considerevolmente restrittivo, in quanto investe la sponsorizzazione di giochi o scommesse con vincite di denaro nonché il gioco d’azzardo, su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici e i social media, comprese tutte le forme di comunicazione di contenuto promozionale, nonché la sovraimpressione del nome, marchio, o simboli che possano in qualche modo pubblicizzare giochi o scommesse.
A tale proposito, la previsione è stata circoscritta dalle Linee Guida attuative (cfr. Allegato A alla Delibera n. 132/19/Cons) adottate dall’Agcom, Autorità competente alla contestazione e irrogazione delle sanzioni per violazione del divieto.
Il documento provvede ad elencare fattispecie ulteriori rispetto alle tradizionali forme di pubblicità che sono da considerarsi coperte dal divieto di cui all'articolo 9 nonché, di converso, a indicare quelle che non sono ritenute riconducibili all'ambito applicativo del divieto. Fra queste: “/e comunicazioni di mero carattere informativo fornite dagli operatori di gioco legale. In particolare, non sono da considerarsi pubblicità le informazioni limitate alle sole caratteristiche dei vari prodotti e servizi di gioco offerto, laddove rilasciate nel contesto in cui si offre il servizio di gioco a pagamento. Rientrano in tale categoria, a titolo esemplificativo, le informazioni che sono rese disponibili nei siti di gioco nei punti fisici di gioco, riguardanti le quote, il jackpot, le probabilità di vincita, le puntate minime, gli eventuali bonus offerti, purché effettuate nel rispetto dei principi di continenza, non ingannevolezza, trasparenza nonché assenza di enfasi promozionale. Non configurano pubblicità le informazioni, rilasciate su richiesta del cliente - se strettamente pertinenti a quanto richiesto dal cliente e funzionali. I servizi informativi di comparazione di quote o offerte commerciali dei diversi competitors non sono da considerarsi come forme di pubblicità, purché effettuate nel rispetto dei principi di continenza, non ingannevolezza e trasparenza di cui al comma precedente (a titolo esemplificativo, i c.d. “spazi quote” ovvero le rubriche ospitate dai programmi televisivi o web sportivi che indicano le quote offerte dai bookmaker). Esulano dall'ambito di applicazione del divieto i c.d. servizi gratuiti di indicizzazione mediante algoritmo forniti direttamente dai motori di ricerca o dai marketplace (es. Apple Store, Google Play) [..]”. Sulla base della ratio esplicitata nella norma, ovverosia “rafforzare la tutela del consumatore e realizzare un più efficace contrasto del disturbo da gioco patologico” sono, fra le altre, ritenute estranee all’ambito applicativo del divieto, “le comunicazioni “cause related marketing”, effettuata sotto forma di citazione del concessionario quale finanziatore di un determinato progetto o iniziativa di carattere sociale e benefico, senza esposizione del marchio o del logo; l’utilizzo del marchio che identifichi, oltre ai servizi giochi con vincite in denaro o d’azzardo, ulteriori attività, aventi carattere autonomo, purché non sussistano ambiguità circa l’oggetto della promozione e in questa non compaiano elementi evocativi del gioco fatta eccezione per la mera denominazione del fornitore.

Il documento dell'Agcom fornisce maggiori soluzioni interpretative sulla portata della norma di cui al citato articolo 9 la cui disciplina spiega effetti, in termini di potenziali ricadute economiche, in diversi settori come quello audiovisivo e dell’editoria quotidiana e periodica.
Alla luce di quanto esposto, l’intervento normativo si rende necessario e urgente per effettuare un “riordino” del divieto, escludendo dal campo applicativo la pubblicità indiretta, al fine di permettere una migliore interpretazione della disciplina del gioco lecito, oggetto di concessioni pubbliche e che, in quanto tale, produce anche effetti positivi per la finanza pubblica.
In un ordinamento che consente l’attività di offerta del gioco a pagamento, sottoponendola a regime concessorio, è necessario evitare il disallineamento sia con la normativa euro unitaria, con particolare riferimento al principio di proporzionalità e non discriminazione: nei considerando della Direttiva (Ue) 2018/108 sui servizi di media audiovisivi emerge la necessità di improntare ogni forma di limitazione della pubblicità al gioco d’azzardo al principio di proporzionalità e alla garanzia della libera prestazione dei servizi, prevista dal Trattato Ue; nella disciplina nazionale è necessario considerare la tutela della libertà di impresa, a fronte di un divieto che investe indiscriminatamente a qualsiasi forma di comunicazione commerciale. In tale contesto, convogliando ogni forma di gioco d’azzardo verso il gioco lecito — a discapito di ogni attività illegale sommersa — risulterebbe più agevole anche la promozione di forme di comunicazione trasparente, che non incidano surrettiziamente sulla libertà di scelta dei consumatori, nonché la verifica, monitoraggio e correzione di ogni eventuale fenomeno di dipendenza e patologia connessa al gioco, anche al fine di adottare eventuali ulteriori iniziative normative volta a controllare e risolvere i rischi di derive patologiche.

L’abrogazione del divieto di pubblicità indiretta, inoltre e su altro piano, consentirebbe di “redistribuire” il volume economico incrementale generato nell’ambito della filiera, anche in favore dei soggetti diversi dai concessionari del gioco lecito, attualmente principali beneficiari dell’indotto economico. Con riguardo all’industria del calcio, rispetto alla quale si concentrano i maggiori volumi di scommesse, la soppressione del divieto a forme di pubblicità indiretta potrebbe consentire di arginare le ripercussioni economiche negative sulle società sportive, causate dalla decurtazione degli introiti derivanti dagli accordi di sponsorizzazione, con effetti evidenti anche a livello europeo, dove le società sportive nazionali sono poste in una situazione di ingiustificato svantaggio competitivo (in confronto al mercato estero il betting è il settore merceologico che incide in maniera più significativa - circa il 14% nel 2020 - con riguardo alla categoria di sponsor di maglia rappresentate dalle prime 10 leghe europee).
Simili ricadute non favorevoli in termini economici — sia assoluti sia di competitività delle imprese italiane — sì verificano, peraltro, anche in altri settori economici, come quello audiovisivo e dell’editoria quotidiana e periodica.
Con particolare riguardo all’industria sportiva, ripristinando la legalità di forme di pubblicità indiretta — come la presenza di banner e cartellonistica negli impianti — si potrebbe perciò garantire una più equa redistribuzione del volume economico generato nell’ambito della filiera, soprattutto in favore del soggetto organizzatore, che investe nell’evento e dovrebbe poter beneficiare da tutte le “ramificazioni” della catena del valore della filiera. Simili forme di pubblicità indiretta, del resto, non avrebbero di per sé l’effetto di promuovere il gioco d’azzardo in sé, piuttosto quello di garantire il più efficace dispiegarsi delle dinamiche competitive tra gli operatori concessionari del gioco lecito, mediante iniziative promozionali che garantiscano il miglior posizionamento di mercato e/o la valorizzazione dei singoli marchi. Sul piano concorrenziale, infatti, il divieto generalizzato di fare pubblicità potrebbe provocare distorsioni delle normali dinamiche competitive precludendo di fatto l’accesso al mercato di nuove società — ancorché legittimate a operare sul mercato in forza di titolo concessorio — che non riuscirebbero a competere con quelle con una posizione di mercato più consolidata.

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