"Segnaliamo criticità di metodo e di merito. Avevamo chiesto che fosse disciplinato l’intero mercato, nella sua offerta, perché sono necessarie delle regole certe e equilibrate". Inizia così l'intervento di Generoso Bloise, rappresentante di Sapar, alla commissione Finanze e tesoro del Senato oggi, 7 febbraio, nel corso della sua audizione nell’ambito dell’esame del decreto relativo alle Disposizioni in materia di riordino del settore dei giochi, a partire da quelli a distanza.
"Quello che viene evidenziato da questo decreto attuativo", nota Bloise, "è di prediligere un meccanismo che penalizza le piccole e medie imprese, molte delle quali sono anche concessionarie per l’online. Con una fee d’ingresso 35 volte maggiore della precedente almeno la metà di queste saranno escluse. Nel capitolo che riguarda la relazione tecnica apprendiamo che è individuato in una marginalità di circa 1,5 miliardo l'attuale rete di raccolta e su 82 operatori solo 40 percento raggiungono l’obiettivo. Si favorisce l’aggregazione, ma si perde tanto sul territorio. Penalizzando soprattutto la potenzialità di raccolta delle rete generalista, ma così si mette anche a rischio anche il fatto che tutti i giocatori rimangano sulla raccolta legale".
Spiega, quindi, il rappresentante di Sapar, che "dispiace non solo il profilo economico, ma anche per il potenziale rischio in termini occupazionali. Chiaro che in questo momento ci troviamo di fronte a un decreto più semplice che non prevede un passaggio per la conferenza unificata, ma ci si trova in un mercato caratterizzato sempre più spesso dalla multicanalità. Si creerà sicuramente una situazione di disequilibrio, l’auspicio è che il prima possibile si avvii un confronto in sede di conferenza unificata per dare una regolamentazione unitaria per la materia del gioco".
Analizzando quindi altri dettagli del decreto Bloise evidenzia come "vi sia prevista una tracciabilità totale della raccolta. Bene utilizzare i pagamenti elettronici", sottolinea su questo punto, "ma il limite imposto nelle ricariche rischia di essere autopenalizzante, rischia di rendere, per l’utente, più appetibile una offerta diversa di gioco, e questa è una di quelle armi delle quali la rete pubblica non deve privarsi".
Nota quindi che "un anello più debole può essere rappresentato dall’esercente nel momento in cui non ha margini di guadagno interessanti, soprattutto in una fase negativa dell’economia come quella che stiamo vivendo. Si tratta di un settore che comunque è in sofferenza, ha ridotto gli operatori, e gli addetti".
Rispondendo alle domande dei senatori Bloise spiega che, "per quanto riguarda la rischiosità del gioco, sicuramente l’impresa non può negare le implicazioni sociosanitarie, ma allo stesso modo non si può pensare che negare l’attività sia l’unica soluzione". Nota che "sul territorio ci sono spesso stati troppi allarmismi, ma mi rendo che per un’amministrazione locale", dice, "anche la semplice somministrazione di una sanzione comporti dei costi. Allo stesso modo anche le Asl si sono trovate a far fronte a richieste nuove legate a una patologia cui sono state date tante definizioni senza un approccio scientifico preciso. C’è un approccio che spesso non consente di ottenere dati precisi sull’utenza che si rivolge alle asl, dati che, nel rispetto delle privacy, abbiamo chiesto più volte, ottenendo poco risposte precise. Posso segnalare che dalle stime, parliamo di 87 percento di giocatori non a rischio, un 9 percento di giocatori a rischio minimo e di un 4 percento di giocatori problematici, che si traduce in qualche decina di migliaia di persone a livello nazionale".
Interessante, tra i vari interventi dei senatori, quello di Claudio Lotito, che segnala la "necessità di uscire dall’ipocrisia con la pubblicità", in quanto "viene proibita la pubblicità anche indiretta delle società di gioco, ma poi consentiamo a qualcuno di esercitare il gioco", e chiude auspicando "una maggiore chiarezza".
A tal proposito Bloise sottolinea che "effettivamente un'altra implicazione del divieto di pubblicità è quella di far pervenire un messaggio poco chiaro all'utenza".