In questi giorni l'europarlamentare della Lega Silvia Sardone è salita alla ribalta della cronaca per le minacce e gli insulti ricevuti a mezzo social per le sue prese di posizione contro il velo islamico imposto alle donne musulmane.
Noi l'abbiamo incontrata per parlare di tutt'altro, di gioco pubblico innanzitutto, chiedendole di aiutarci a capire meglio come sia visto, dalla prospettiva europea, questa industria così importante per il nostro Paese, in un'intervista pubblicata sul numero di marzo della rivista Gioco News (consultabile integralmente online a questo link).
Come vede il gioco pubblico dall’Europa, dalla sua posizione di europarlamentare?
“Partendo dal presupposto che in Europa non esiste una legge comunitaria che regoli il settore del gioco, lasciando in capo ai singoli Stati la materia legislativa, non mancano ovviamente differenze tra il nostro Paese e l’estero: per fare un esempio, in Francia, patria delle sale casinò, la sensibilità e la propensione al gioco non è paragonabile alla nostra. Trovo invece che l’Italia, al contrario, sia più simile alla Spagna, dove le scommesse sportive prevalgono sulle slot machine. Personalmente credo che, anche per il gioco come per ogni attività, non debba mai mancare la responsabilità. Bere un bicchiere di vino ai pasti può far bene all’organismo, bere una bottiglia, al contrario, fa male. Lo stesso penso valga per il gioco: finché è responsabile e lo si pratica per divertimento è un discorso, se si esagera, un altro. Del resto, è un settore che contribuisce a trainare l’economia del Paese e come tale va trattato, non certo demonizzato. Ma ripeto: responsabilità al primo posto.”
Lei si è occupata di gioco pubblico anni fa, in particolare per la situazione di Milano, dove sostanzialmente chiedeva con forza il rispetto delle regole (si parlava, allora, di rispetto degli orari di attività) da parte di tutti. Purtroppo la responsabilità individuale non è sufficiente.
“Già, per questo io credo che la regolamentazione, del gioco come del resto di ogni settore, sia fondamentale. Regole chiare contribuiscono a prevenire qualsiasi tipo di problema o ‘zona grigia’ e a conquistare la fiducia del consumatore. In Italia il giro d’affari prodotto dal gioco si aggira attorno ai 136 miliardi di euro annui: basta questo per comprendere il traino del settore per l’economia del nostro Paese. Per quanto invece riguarda il ‘sommerso’ ritengo che a partire dall’Unione europea fino ai governi nazionali bisogna lavorare per mettere fuori gioco gli operatori clandestini. Il settore del gioco legale va tutelato, proprio a partire dalla lotta a quello illegale.”
C’è un’altra grande questione che parlando di gioco emerge sempre, ossia la necessità di bilanciare le esigenze economiche dello Stato con la protezione dei consumatori. A livello politico lei su cosa punterebbe?
“Io ritengo fondamentali le campagne di informazione che hanno come unico obiettivo quello di informare al meglio e far comprendere eventuali rischi ai consumatori, possibilmente con il coinvolgimento di esperti della materia, polizia postale e psicologi. Non bisogna demonizzare ma comunicare nella maniera più chiara possibile, per evitare situazioni spiacevoli. Innanzitutto bisogna mettere in guardia il cittadino dalle piattaforme di gioco online e dalle troppe truffe che purtroppo si nascondono nel web.”
Tempo fa ricordo un suo intervento sulla stampa contro una bisca clandestina scoperta a Milano, mentre eravamo in pieno lockdown, con il gioco legale di fatto congelato. Concorda con gli esponenti del settore, che ritengono episodi del genere sintomatici di quanto sia importante il gioco legale anche per arginare l’illegalità?
“Assolutamente sì. A Milano, la mia città, sono ricorrenti i blitz delle forze dell’ordine in abitazioni private e scantinati trasformati in sale gioco illegali spesso gestite da cittadini cinesi. Si potrebbe anche lavorare a un inasprimento delle pene per chi organizza e partecipata a bische clandestine. Ripeto: il valore del settore del gioco legale va preservato. E per fare ciò bisogna innanzitutto rendere la vita difficile ai ‘furbetti’ che si arricchiscono senza pagare un centesimo di tasse allo Stato.”
Dopo anni di attesa il Governo attuale sembra procedere deciso sulla strada che porterà al riordino del gioco pubblico in Italia. Si è partiti dal gioco a distanza, puntando sul dialogo con gli operatori del settore, con gli enti locali e con chi si occupa di tutelare i giocatori. Pensa sia stata finalmente imboccata la strada giusta?
“Trovare i giusti equilibri non è mai facile ma è doveroso provarci. Comunque sì, credo che la strada imboccata dal governo, dopo anni di sonni profondi, sia quella giusta perché al centro ci sono legalità, responsabilità e trasparenza, a partire dal tavolo permanente istituito tra concessionari e tabaccherie/ricevitorie. La stabilità delle concessioni bloccherà i soliti aumenti delle tassazioni e questo contribuirà a sviluppare ulteriormente il settore che ha già dimostrato di essere un valore aggiunto per il Paese.”
Dopo arte e ricostruzione dopo calamità naturali si è parlato anche di sostegno allo sport da parte del gioco, anche se ne è nato un diverbio tra il ministro dello sport, che auspica dalle scommesse si possa ricavare un contributo per le società sportive, e il Pd, che sostiene una proposta di legge (di Mauro Berruto) che punta a promuovere l’attività sportiva aumentando la tassazione sul gioco. Lei come la pensa su questo argomento?
“Le scommesse sportive sono state al centro delle polemiche negli ultimi mesi a causa delle situazioni personali di alcuni calciatori molto famosi ma non per questo, sull’onda dell’emotività, bisogna affossare il settore legale. Penso che il vizio del Pd di tassare qualsiasi attività non sia da tenere in considerazione: l’attività sportiva, specie per bambini e adolescenti, è troppo importante per essere infilata in una polemica populista come questa. La promozione dello sport prescinde dal gioco, tanto è vero che con l’attuale governo di centrodestra sono in crescita gli stanziamenti a favore delle politiche sportive con oltre 110 milioni messi a bilancio.”
Relativamente al fenomeno del match fixing, tema del quale l’Europa si è già occupata (i dati parlano di un raddoppio delle scommesse sportive illegali nell’ultimo anno), ritiene che possa essere utile un’azione congiunta a livello Ue? Ci sono delle misure specifiche che a suo parere andrebbero implementate?
“Quella delle partite truccate è una piaga che oltre a essere diseducativa soprattutto per i più giovani produce anche un ‘sommerso’ che va a riempire i portafogli della criminalità organizzata. L’Ue deve muoversi in maniera unitaria sul tema, coinvolgendo le polizie postali di tutti i Paesi membri, con controlli incrociati ogni qualvolta fiumi di denaro vengono convogliati su incontri sospetti. Chiaramente serve anche un lavoro di sensibilizzazione in ogni Paese diretto agli atleti di qualsiasi livello, specie nelle categorie inferiori dove il richiamo ai guadagni e le infiltrazioni mafiose sono maggiormente possibili.”
Un’ultima domanda su un settore emergente, quello degli esports. A fine 2022 il Parlamento europeo ha votato una risoluzione che riconosce il valore di queste competizioni e dell’intera industria videoludica; un settore che, peraltro, attende una regolamentazione anche a livello di Paese. Pensa sia auspicabile un passo avanti anche per l’Italia, così come altri Paesi hanno già fatto in Europa?
“La risoluzione è stata un documento che definirei storico, che riconosce l’importanza del settore, non solo dal punto di vista economico ma anche da quello culturale. E torniamo al valore dell’aggregazione soprattutto tra i più giovani. Gli esports stanno creando nuove professioni e nuove opportunità lavorative in tutta Europa e perciò vanno sostenuti: oltre allo svago c’è la componente competitiva, valore aggiunto non solo per gli sport tradizionali ma anche per quelli ‘virtuali’. Per quanto riguarda la regolamentazione la Lega è sempre in prima linea quando si tratta di valorizzare le eccellenze, in questo caso gli esports. Sicuramente entro quest’anno il comparto sarà finalmente regolamentato. I player avranno un inquadramento lavorativo vero e i team avranno un quadro normativo di riferimento. Senza dimenticare tutti i professionisti che gravitano attorno al settore degli esports, comprese le aziende che li producono e gli sviluppatori.”