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Cappelli: 'Meglio un libro mirabolante che strappalacrime'

04 gennaio 2025 - 10:00

Lo scrittore Gaetano Cappelli a tutto campo su vezzi, vizi e virtù della letteratura italiana contemporanea. In attesa che qualche altro protagonista di un suo libro si faccia affascinare dal gioco.

Scritto da Amr
foto tratta dalla pagina Facebook di Gaetano Cappelli

foto tratta dalla pagina Facebook di Gaetano Cappelli

Chi ha letto i suoi libri è rimasto incantato già dai loro titoli. Come dimenticare “Storia controversa dell'inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo” oppure “Romanzo irresistibile della mia vita vera raccontata fin quasi negli ultimi e più straordinari sviluppi “, solo per citare due tra quelli che subito hanno catturato l'attenzione e che erano solo il preludio di opere allo stesso tempo colte, divertite e spregiudicate?
L'autore è il potentino Gaetano Cappelli, una tra le voci più autentiche e inconfondibili della letteratura e della saggistica contemporanea. Già, perché le sue opere spaziano tra diversi generi, oltre a scavalcare diversi decenni, dali anni Ottanta a oggi. 

Ma c'è un fil rouge che le lega assieme?

“Mah, forse la curiosità… la curiosità per il genere umano. È la stessa molla che fa scattare le mie storie e le ricognizioni sul costume che ogni tanto do alle stampe. Insomma, protagonisti e  ambienti sono gli stessi.” 

Come si è sviluppata in te la passione di scrivere e quanto trae spunto dalla sua vita personale?

“È una cosa iniziata all’università. Allora mi occupavo di critica musicale e mi capitò di pubblicare per Re Nudo un racconto 'esoterico' sull’armonia delle sfere  con tra i personaggi Athanasius Kircher, ben prima di Eco,  e di rimanere stupito per la reazione dei lettori che presero per vere quelle che erano solo delle fantasie. È vero che si trattava d’ un pubblico di fattoni ma insomma, ero in grado di imbastire storie credibili partendo da un presupposto del tutto fantasioso. E così ho continuato a fare.”  

I personaggi dei tuoi romanzi hanno spesso una vita ricca di vicende mirabolanti e finiscono spiantati o comunque in difficoltà. C'è mai stato qualcuno di essi che si è fatto affascinare dal gioco in denaro?

“Sì, un trisavolo di Carlino di Lontrone, di Parenti lontani, era il frequentatore classico dei casinò d’un tempo, uno di quelli che si accendeva i sigari con banconote fruscianti.  A ogni modo sì, mi piace raccontare questi destini, come tu dici 'mirabolanti', sempre in bilico tra gloria, ricchezza e rovina. Ho in odio invece il dolorismo di gran parte della narrativa italica, con tutte le suorine della Schadenfreude che riempiono le librerie d’ ogni genere di tragedie e malattie e disgrazie,  come non ce ne fossero già tante nella vita reale. I miei romanzi vogliono fornire invece un piccolo conforto contro quello che Jean Paul chiamava il Weltschmerz, il dolore cosmico. Certo leggendoli ci si potrà anche commuovere ma sulla tragedia prevale la commedia e l’ atteggiamento di chi affronta con un’alzata di spalle i rovesci del destino.” 

Parlando degli ultimi libri e facendo riferimento al tuo saggio Quanto sei cool: che cosa è stato cool in questo 2024 ormai alla fine e che cosa invece ha perso totalmente tutto il suo fascino?

“Quella era una raccolta, uscita per Sonzogno, dei miei pezzi di costume sul cool e sulla percezione volatile che se ne ha. Per dire, gli occhiali da vista che oggi chiamiamo 'strutturati', e sono il massimo del cool,  una volta erano quelli, cosiddetti da 'cecato', che passava la mutua. Tutti mutamenti che però richiedono tempo. Lo stesso vale per il mercato editoriale fermo da decenni sul giallo, e i suoi derivati, e che solo da un po’  inizia a essere contrastato dai romanzi 'lacrimali', di cui dicevo prima. Eppoi c’è sempre più incalzante, soprattutto da dopo il Nobel alla Ernaux, il fenomeno dell’autofiction… ovvero dei diari senza date.”   

Una definizione un po’ snob! Del resto  allo snobismo, hai dedicato ultimamente il saggio Lo snob nella società dello snobismo di massa (Oligo Editore). Ma chi è il vero snob nella società dello snobismo di massa? E tu ti senti tale?

“Be’, la parola snob è molto controversa ed evoca significati  negativi, come superbia, vanagloria, supponenza. Ma io  ne ho individuato un ultimo e definitivo che indica proprio la qualità dell’ individuo che non si conforma al pensiero dominante e che anzi fa un suo punto d’onore il discostarsene. In questo senso sì, mi sento uno snob.”  
In Italia sono sempre più numerose, e in effetti anche affollate di pubblico, le manifestazioni letterarie o poetiche. Ma oltre a coloro che scrivono, ci sono ancora i lettori o si vanno via via perdendo?
“Massì dai, lettori ce ne sono tanti… e sempre più appassionati: chi sopporterebbe sennò le code d’attesa che si fanno in ogni festival che si rispetti? O la noia della gran parte delle presentazioni?”  

Se dovessi scrivere un libro prendendo spunto dall'attualità, quali vicende o personaggi ti affascinerebbero maggiormente? Infine, a che cosa stai lavorando?

“Guarda, dopo quello che ti ho appena detto sicuro non te lo aspetteresti ma ho in mente proprio una storia sulla creazione di un nuovo festival: il primo festival letterario di Matera! Naturalmente dietro c’è un intrigo per accaparrarsi un’eredità che include proprio uno di quegli splendidi palazzi cinque-settecenteschi che sovrastano i Sassi e che Carlo Levi,  nel Cristo s’è fermato a Eboli, ha ignorato per poter enunciare il suo bizzarro teorema sulla Basilicata come terra fuori dal Tempo e dalla Storia. Insomma, ci sarà da divertirsi!”

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