Campione, le ragioni della crisi e l'intervento del legislatore
Anche secondo la Corte dei Conti è centrale la progressiva flessione degli introiti del Casinò, ma ci sono altre cause già oggetto di intervento parlamentare.
Nel doveroso presupposto che le decisioni della magistratura si accettano (o si impugnano, azione per la quale la nostra testata non è titolata), Gioconews.it, spettatore ultradecennale delle vicende dei casinò nazionali, prova a dare un contributo in termini di narrazione alle recenti vicende di Campione d'Italia, viste dal proprio osservatorio.
Un primo aspetto che emerge dalla lettura della decisione della Corte dei Conti, che ha respinto il bilancio stabilmente riequilibrato del Comune, riguarda la “genesi” della crisi campionese. Ancora una volta la si imputa a una “progressiva flessione di fatturato del casinò campionese”. Flessione che, dopo la situazione di equilibrio economico-finanziario del 2009, guardando i dati si è verificata (seguendo un generale trend di mercato) nei soli anni 2010 e 2011 mentre il fatturato del 2012, in un quadro di stabilità ultraquinquennale, è stato praticamente analogo a quello del 2017, prima del “crollo” del 2018.
In realtà, come più volte ribadito nei nostri editoriali, le ragioni della crisi possono essere comprese basandosi su pochi elementi, quali il piano in continuità e i reiterati interventi del legislatore che, nella terza legge approvata nel 2017, indica in “fino a 10 milioni all’anno” il pregiudizio subito da Campione d Italia a causa del”crollo” dell’euro sul franco svizzero. Da ricordare che la proposta iniziale, poi dimezzata in Aula, era stata “fino a 20 milioni di euro all’anno”(a nostro giudizio più aderente alla realtà).
Cercando sempre di comprendere le ragioni della crisi, cosa non facile, concentriamoci sul casinò inteso, unanimemente, come “motore finanziario” dell'enclave.
Come si evince dal piano di concordato in continuità, i flussi di denaro verso il Comune che potevano essere prodotti erano nell’ordine di 20 milioni all’anno anche nel 2017. Ma, senza il condizionamento esogeno, del cambio, sarebbero stati fino a 30, addirittura fino a 40 milioni di euro, tenendo conto della legge esistente (nel primo caso) della proposta legislativa (nel secondo caso).
Questo ragionamento è stato scarsamente utilizzato “a difesa” di Campione d'Italia, tant'è che non ne troviamo cenno nella decisione della Corte dei Conti.
Eppure, anche negli anni di crisi il Casinò avrebbe potuto "coprire" i costi del Comune fino a 40 milioni di euro senza lo "tsunami" macroeconomico subito dal 2009 e comunque, al di là di questo, valendosi della legge "scudo" sul cambio del 2017, anche la società pre-fallimento avrebbe potuto sostenere il Comune se fossero intervenuti i provvedimenti circa la razionalizzazione del costo del personale dell'ente e la rinegoziazione del mutuo relativo al palazzo del Casinò, la cui dimensione economica conosciamo dalla lettura della delibera della Corte dei Conti. Per quanto riguarda il costo del personale si passa dai circa 15 milioni di euro del 2018, ai 2,3 milioni di euro del 2022, mentre il mutuo scende dai circa 6,4 milioni di euro a circa 2 milioni di euro nel 2022.
La riduzione di costo complessiva (per solo due voci) è quindi di circa 20 milioni di euro, un lavoro enorme, nel primo compiuto in questi anni da chi si è avvicendato alla guida del Comune.
Oggi il casinò sembra indirizzato verso una ripartenza positiva, come dichiarato dal sindaco Roberto Canesi e dall'amministratore delegato Marco Ambrosini, e nei prossimi 15 anni l'obiettivo è quello di trasferire al Comune circa 33 milioni di euro (secondo la convenzione attuale).
La nostra speranza è quella che una soluzione positiva venga trovata per Campione di Italia, travolta nel 2009 da una tempesta macroeconomica ancora in corso ma che, comunque, ha dimostrato la forza di saper ripartire.