Casinò e gioco pubblico, trattamenti normativi allo specchio
Ecco similitudini e differenze dei trattamenti normativi riguardanti i casinò e il gioco pubblico, anche in vista della prossima legislatura.
Ho letto con vivo interesse l’intervista, all’assessore regionale del Piemonte Andrea Tronzano candidato al Senato, in tema di gioco pubblico e spero di leggerne altre come anticipato nell’articolo.
Non mi permetto di affrontare il discorso in generale ma, riferendomi alla citata intervista, desidero soffermarmi sulle case da gioco in quanto penso di conoscere adeguatamente l’argomento che seguivo quando lavoravo e continuo a seguire ora che sono in pensione da parecchi anni.
Per quanto al livello occupazionale e in stretta relazione al costo del lavoro sono convinto che si possa efficacemente intervenire con provvedimenti di cui al cuneo fiscale e altro nella identica direzione atto a migliorare anche la disponibilità economica dei lavoratori del settore.
Sono pienamente d’accordo che con l’utilizzo del codice fiscale e un registro di auto esclusione nazionale si possa raggiungere un validissimo strumento per limitare i danni di una possibile o conclamata dipendenza.
Tornando alle case da gioco esiste una possibilità sulla quale sono disponibili autorevoli pareri. In buona sostanza la mancia è una parte della vincita, la parte più piccola. Questo si può leggere in una sentenza della Corte di cassazione, sez. lavoro (n. 1776/76, 18 maggio) che non cito ma ne ho la disponibilità per quanto al dispositivo. Troviamo traccia della suddivisione vincita e mancia già nel 1954 in una sentenza della Cassazione sez. lavoro n.672, 9 marzo).
Le vincite al gioco non sono tassabili ai fini dell’imposta personale sul reddito delle persone fisiche, Legge Europea del 2015 recepita dall’Italia, ma la parte più piccola, al contrario, lo è. Ciò per la parte soggetta a contribuzione pensionistica D.lvo (n. 314/97).
Per brevità, se la vincita non è tassabile, la mancia può seguire identico trattamento. Non mi pare logico trattare in modo differente la parte principale, la vincita ottenuta dal giocatore e la minore della quale beneficia il croupier.
Aggiungo che la mancia in discorso è indiscutibilmente una donazione ma assolutamente non remuneratoria, se lo fosse, ma non lo è, sarebbe perseguibile penalmente.
E mi sia consentito scrivere che appare logico ritenere che è assurdo che una voce di entrata sia fiscale per la parte minore in fase di ingresso nel patrimonio del croupier e non lo sia, invece, per la parte maggiore, la vincita a favore del giocatore.
Il risultato che si ottiene è quello di abbattere il costo del lavoro a carico delle gestioni, incrementare le entrate tributarie (L.488/86 conversione DL 319/86) a beneficio dell’ente pubblico periferico sul cui territorio insiste una casa da gioco così come è dato interpretare i decreti istitutivi delle case da gioco ad iniziare dal 1927.
Il plus percepito dal lavoratore gli consentirebbe la sottoscrizione di una assicurazione privata a scopo pensione integrativa di quella pubblica preesistente.
Allo stesso tempo ricordo che una forma di auto esclusione, nelle case da gioco, già esiste e di conseguenza l’accesso per l’auto escluso è assolutamente vietato. Nulla ostacola che la disposizione in parola sia soggetta a modifiche e/o necessari miglioramenti.
Concludo raccomandando una particolare attenzione all’articolo 1933 del codice civile relativamente ai debiti di gioco considerati, a tutti gli effetti, obbligazioni naturali. Si era già vista una simile iniziativa in più di un disegno di legge in materia di case da gioco nel 1992.