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Casinò e sociale: limiti e opportunità per una sinergia

05 ottobre 2024 - 10:49

L'esperto di casinò Marco Fiore sottolinea le ricadute positive in termini sociali della presenza di case da gioco sul territorio.

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Ecco l'approfondimento sulle ricadute sociali dei casinò pubblicato nell'ultimo numero della rivista Gioco News, consultabile integralmente online a questo link.

Il tema a cui è dedicato questo numero della rubrica "Panno nero" è alquanto delicato. Per affrontarlo in modo corretto ritengo imprescindibile un ritorno al passato a tempi in cui scenari, dinamiche organizzative e norme di legge erano totalmente diverse.

Mi limiterò a raccontare l’esempio del Casinò di Saint-Vincent che conosco in modo approfondito. Nei primi anni di attività della Casa da gioco, avviata nell’aprile del 1947 e sino al 30 giugno 1994, la Regione autonoma Valle d’Aosta percepiva dalla società Sitav, Società incremento turistico alberghiero valdostano, con versamenti decadali, il 72 percento dei proventi lordi di gioco.   

Senza entrare nel dettaglio di cifre che ancora oggi avrebbero molto da dire, pare opportuno evidenziare l’importanza dei succitati versamenti per una piccola regione che stava faticosamente uscendo dalla terribile esperienza della seconda guerra mondiale. Risorse economiche che di certo hanno contribuito alla ricostruzione di strade, di scuole e non solo. 

Inoltre, per un territorio martoriato e povero di risorse, le opportunità di occupazione nate grazie al Casinò rappresentarono, proprio dal punto di vista sociale, una piccola rivoluzione.

Con una non comune lungimiranza, l’ente pubblico obbligò anche il privato a investire sulla promozione della località in cui operava, partecipando pro quota e rendendo possibile la crescita esponenziale della visibilità della località, già nota per le sue Terme, attivando un'importante crescita economica generalizzata di Saint-Vincent.

Eventi, manifestazioni, spettacoli, sponsorizzazioni, tutto contribuiva a generare reddito a favore del territorio oltre che per la Casa da gioco. Da qui la nascita di un detto che ho più volte citato: un casinò ha bisogno del suo territorio, così come il territorio ha bisogno del suo casinò. Una sinergia, meglio, una simbiosi troppe volte sottovalutata in primis dai cosiddetti stakeholder. 

I tempi cambiano, le norme di legge pure, una in particolare ci interessa, quella approvata il 9 agosto 2018, n. 96 che introduce il divieto assoluto per la pubblicità di giochi e scommesse, ivi incluse le sponsorizzazioni e le forme di pubblicità indiretta. Una forte limitazione che ha certamente penalizzato un modello di successo, anche in termini di ricadute sociali. 

Nel contempo la redditività dello specifico business è calata progressivamente, complice, secondo molti, il passaggio della gestione dal modello privato a quello delle partecipate pubbliche. Resta il fatto che, nonostante il drastico mutamento di scenario, le ricadute positive in termini sociali sono rimaste comunque rilevanti: per l’occupazione ancora garantita da queste aziende, per l’indotto che creano sul territorio per l’acquisto di beni e di servizi. 

Nel perdurare della situazione attuale, quindi del divieto di pubblicizzare il gioco d’azzardo  che ovviamente tocca anche il ben più importante settore del cosiddetto gioco pubblico, non posso che auspicare un ulteriore intervento da parte del legislatore sia in ambito nazionale che locale. 

Inutile precisare, per l’ennesima volta, che il gioco d’azzardo deve rappresentare un momento di divertimento nella vita di ognuno di noi e nulla di più. Come non va assolutamente sottovalutato il rischio dipendenza che può colpire le persone fragili. Per questo e per concludere, i proventi di tale attività devono obbligatoriamente essere messi a disposizione del sociale e senza esitazioni. 

Un passo che rappresenterebbe un importante esempio di civiltà!

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