Ritorno sull’argomento mance per completare l’affermazione inerente la natura giuridica della parte lasciata al gestore, sia diretto sia in concessione, che l’ente pubblico cede alla gestione per garantirne, unitamente alla quota dei proventi netti contrattualmente concordata, l’autonomia economica e finanziaria necessaria.
La complessa problematica mance non è recente ma risale a molti anni or sono.
Secondo una prassi costante presso le case da gioco, le mance percepite dai dipendenti tecnici del casinò sono ripartite tra gli stessi dipendenti ed il gestore, nel caso di specie il Comune di Venezia, stralcio da una delle tante sentenze sul tema.
I contratti aziendali di lavoro disciplinano il riparto attribuendo all’Azienda il 50 percento o il 54 percento (a seconda dei giochi) delle mance. (Si vedano, ad esempio, l’art.30 del contratto aziendale 14 luglio 1965; l’art.30 del contratto aziendale 14 luglio 1969; l’art.29 del contratto 27 maggio 1975, l’art.31 del contratto 13 marzo 1979).
La divisione delle mance tra il personale è disciplinata da un regolamento allegato al contratto aziendale. Giornalmente, (...) e di vari ispettori del Comune, i proventi aleatori vengono conteggiati. (Su tale prassi, cfr. App. Venezia, 25 settembre 1976, n. 562, in causa Comune di Venezia c. Enpals e altri).
Con questa piccola parte, riportata dall’introduzione ad un parere illustre in merito al trattamento fiscale delle mance (quota dipendenti), ho inteso evidenziare che:
1) la ripartizione delle mance tra dipendenti tecnici croupiers e gestore è regolata contrattualmente;
2) sempre contrattualmente viene fissata la percentuale in considerazione dei giochi praticati;
3) al conteggio delle mance è sempre presene un rappresentante del Comune (nel caso in esame, molto probabilmente, anche gestore).
Approfitto dell’occasione per riportare un’altra porzione del parere in discorso: “Dal punto di vista civilistico assume rilievo l’art. 770 cod. civ., che nel primo comma definisce la donazione rimuneratoria e nel secondo comma la liberalità d’uso. Per comune consenso la mancia è una liberalità d’uso.
Si ritiene invee che il carattere rimuneratorio difetta nelle cosiddette mance elargite da giocatori vincenti al personale delle case da gioco.
L’elargizione qui non è connessa al servizio che è reso allo stesso modo a tutti i giocatori vincenti e non. Non trae neppure l’occasione dal servizio, ma dalla vincita e a questa è di solito commisurata”. Aggiungo personalmente che se vi fosse un servizio questo sarebbe punito dalle norme del codice penale.
Approfitto per ampliare l’accenno alla sentenza 9 marzo 1954, n. 402 della Cassazione altre volte richiamata che, prendendo in esame il caso specifico dei dipendenti, nello specifico alcuni del Casinò di Sanremo contro il Comune, poneva una serie di principi ai quali si è conformata la giurisprudenza successiva. Eccoli in sintesi:
- le mance assumono carattere retributivo quando il contratto di lavoro le include e congloba nel trattamento economico dei dipendenti;
- per tali ragioni, le mance vanno computate agli effetti dell’indennità di preavviso, della tredicesima mensilità e dell’indennità di anzianità;
- il patto che attribuisce all’azienda (la gestione era diretta) una parte delle mance non è nullo per mancanza di causa, dato che il datore di lavoro offre al lavoratore l’organizzazione e l’occasione per ricevere le mance.
Sicuramente ho inteso rafforzare ove ve ne fosse necessità, stante la natura giuridica delle entrate derivanti all’ente pubblico, che il controllo accurato e preciso non dovrebbe difettare e, questione che non può e non deve sfuggire, che la suddivisione tra i dipendenti aventi diritto è seria e codificata dai precedenti che confermano la pattuizione contrattuale del quantum a favore delle parti in causa.
Invece vorrei concludere definitivamente l’argomento mance nelle case da gioco con l’augurio sincero che venga considerate in un più ampio contesto che, prendendo l’avvio dalla necessità che il gioco d’azzardo necessita di una legge organica, tenga doverosamente conto di altri fattori quali occupazione, maggiori entrate tributarie per gli enti pubblici periferici e sviluppo turistico.
A questo proposito mi piace citare quanto a suo tempo, scrisse, nel suo illustre parere, il professor Francesco Tesauro in tema di mance percepite dagli impiegati tecnici di case da gioco: “Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel definire tali proventi quali liberalità non rimuneratorie: come tali, esse non costituiscono reddito e quindi non sono tassabili”. Devo aggiungere, per completezza di esposizione, che per quanto riferibile allo stipendio convenzionale, ovvero quella parte che appunto convenzionalmente era considerata retribuzione, era ammessa alla contribuzione pensionistica (art.4, 2° comma, n.30, art. 35, lett.e, Dpr. n. 1420/71) e, conseguentemente al pagamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.