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Tecnico di gioco polivalente, come cambia la formazione

24 ottobre 2022 - 09:36

La formazione dei tecnici di gioco polivalenti dei casinò si evolve: ecco il ricordo dell'analista di gioco Mauro Natta.

Photo by Renato Marques on Unsplash

Il titolo la dice lunga: “Casinò St. Vincent e GiGroup: un corso di formazione per tecnico di gioco polivalente”.
L’obiettivo del corso è fornire ai partecipanti le conoscenze culturali di base del tecnico di gioco e le capacità professionali per poter operare all’interno dei Casinò.
Un solo commento: come cambiano i tempi!

Sicuramente, dai miei, sono passati quasi sessanta anni, ma una volta non era in questo modo che si diventava apprendista e poi croupier.
Ora ve lo racconto, premetto che per essere polivalente era necessario passare molto tempo al tavolo da gioco dopo una scuola (così la si chiamava). Era la pratica che precedeva la grammatica o viaggiavano insieme, così mi pare. 
C’è da ammettere che un tempo, all’epoca c’erano solo giochi francesi (roulette, trente et quarate e chemin de fer) e le “materie” di studio erano minori. Si imparava il maneggio dei gettoni, poi, dopo averne tirati su una quantità industriale e lanciati altrettanti, si passava all’uso del rastrello. Allo stesso tempo si imparavano i pagamenti, i settori e dopo qualche mese si era ammessi a far pratica da bout de table alla roulette. Questo per far l’occhio al tappeto dal vero ed osservare il procedimento per “pulire” il numero vincente. Intanto la pratica continuava così come la scuola. In poche parole si può dire che,  mediamente, per essere un discreto croupier di roulette che logicamente poteva lavorare anche al cilindro occorreva molto tempo.

Con la buon volontà e con tanta attenzione si poteva, come allora si diceva, rubare il mestiere. Ricordo ancora quando mi facevo la barba con la mano sinistra per poterla usare convenientemente. Altri tempi!
Per lavorare allo chemin de fer la strada cominciava dalla roulette francese per quanto al maneggio dei gettoni, l’uso della paletta era impegnativo e lo si doveva considerare come la prolunga della mano eTe il mestiere si rubava svolgendo la mansione di changeur. Era anche indispensabile conoscere il regolamento che, a memoria, era composto da un numero altissimo di regole a cominciare da quelle sul tiraggio della carta.
C’era poi la carriera: da impiegato a capo tavola, poi ispettore alla roulette e al trente et quarante; per lo chemin a commissario.
Ora i giochi da tavolo che possiamo trovare nei casinò sono molti di più, quindi il corso sarà più lungo, altrettanto dicasi per la pratica e per la carriera professionale.
Per possedere l’esperienza e la professionalità adatti ad  ambire ai più alti gradi della carriera i tempi si sono dilatati. 

Mi è agevole pensare che le vigenti normative sul lavoro impediscano all’Azienda di assumere direttamente qualche pensionato con le doti necessarie per una scuola da croupier e lo facciano per interposto soggetto.
Mi è abbastanza difficile credere, invece, che la società incaricata abbia  disponibile tutto quanto necessita, sono, in ogni caso, pronto a ricredermi.
Quanto precede è storia o cronaca che dir si voglia; ecco, di seguito, la mia personale opinione che potrebbe essere condivisa anche da chi è, da minor tempo di chi scrive, pensionato. 
Magari bastasse un corso per formare un “impiegato polivalente”, sarebbe la soluzione alla maggior parte dei problemi legati alla professionalità e ai costi del personale. 

Non credo che ciò sia possibile nella realtà, ma solo sulla carta, purtroppo per chi decide di conseguire seriamente questo obiettivo si presenta un percorso complesso ed articolato.
Per un allievo che parte da zero, infatti, iniziando con i giochi più semplici (poker e black jack), transitando per quelli di media complessità (fair roulette e punto banco) per poi giungere a quelli d’élite (roulette francese, chemin de fer e trente et quarante) non sono sufficienti, a mio avviso, 10 anni di servizio ai tavoli.
Se poi parliamo di ispettori e commissari i tempi si dilatano a 15 o 20 anni di servizio. Ogni tentativo di saltare questo percorso professionale è destinato, per mi conto, a rimanere una “boutade” utile, forse, a ricavarne un articolo di stampa ed a creare un interesse momentaneo riguardo a nuove e affascinanti  iniziative lanciate, c’è da credere, dallo staff gestionale.

Tra qualche anno è molto probabile che le problematiche saranno altre e nessuno tornerà indietro nel tempo a verificare quali sono state le iniziative che hanno portato benefici e quelle utilizzate, invece, solamente per avere una certa visibilità nel breve periodo. Chiaramente sarebbe interessante se si potesse procedere alla verifica.
Il percorso professionale di un croupier non ammette scorciatoie e chi ha provato ad inventarsele spesso ha creato gravi difficoltà a se stesso e alla propria azienda. 
Mi pare che nell’ultimo decennio, ma anche di più, sia scomparsa o quasi la figura del direttore giochi inteso come dirigente a contratto, spesso sostituta da funzionari (quadri aziendali) con contratto a tempo indeterminato e, quindi, almeno economicamente, al riparo da tutti gli effetti derivanti da iniziative aziendali inconcludenti.
Sicuramente ho espresso una opinione del tutto personale frutto di un passato vissuto e, purtroppo, per me poco verificabile dato che riguarda il futuro. Anche in questo caso, se quanto espresso mi sarà dimostrato non fondato, sono più che pronto a ricredermi. La dimostrazione contraria alla mia opinione l’aspetto e vorrei tanto che fosse possibile per il futuro delle case da gioco del Paese.

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