Ancora una volta e non credo sarà l’ultima, il sindaco di Taormina Cateno De Luca torna a parlare di casinò. Non si può non condividere la richiesta di una casa da gioco quando la condizione essenziale è la qualità del luogo destinato al tale scopo: l’interesse turistico che la località dimostra e ha sempre dimostrato.
Come si può omettere la rilevanza della cittadina e il notevole contributo nel campo che, alla fine dei conti, ha una notevole importanza nella attività tanto rilevante nella formazione del reddito nazionale?
Chiaramente pare impossibile, eppure siamo di fronte ad una realtà difficile da ammettere, esiste ma possiamo e dobbiamo chiederci quali sono o potrebbero essere le motivazioni a conforto dell’attuale situazione.
Eppure esiste; forse allorché si provò a incrementare il numero delle case da gioco nel Paese, e, contemporaneamente, dar corso alla raccomandazione della Corte costituzionale del 1985 per consegnare al settore dell’azzardo autorizzato la legislazione organica che mancava, fu un tentativo al quale ne seguirono altri ma senza alcun effetto.
I diversi progetti e disegni di legge di allora (1992) prevedevano la domanda della Regione e la rispondenza del sito ad una serie di elementi qualificanti in campo turistico, pareva un iniziativa ben avviata ma si fermò, ebbe un seguito con iniziative che, però, non trovarono alcun accoglimento.
Premetto che sono a scrivere perché, esaminando le motivazioni per le quali le case da gioco sono state autorizzate a datare dal 1927, mi pare si possa trovare un mezzo idoneo di autofinanziamento per il Comune che non peserebbe più nella stessa misura sulla Regione che ne ricaverebbe, per contro, una più larga autonomia finanziaria.
Lungi da me l’idea di pensare a 203 casinò come in Francia; mi pare ragionevole parlare di una forma di attività che, nel caso in parola, vede una presenza di qualità che si coniuga perfettamente con l’industria del lusso presente a Taormina.
Qualcuno potrebbe obiettare che la casa da gioco non corrisponde a criteri di sicurezza, invece il doppio controllo dell’ente pubblico anche in considerazione della natura giuridica delle entrate che ne derivano tranquillizza. L’impossibilità di accesso ai minori e ai ludopadici segnalati è un altro punto a favore, l’occupazione diretta e dell’indotto non può che incrementarsi a tutto beneficio del Comune e della Regione.
Invece, seguitando la situazione attuale, ritengo che il vero beneficio lo ricevono i casinò della vicina Malta che, dalla Sicilia, si raggiunge in pochissimo tempo.
Chiudo queste brevi note a commento dell’articolo appena letto notando che, poiché il gioco d’azzardo si pratica in deroga ad una precisa norma del codice penale, sarà anche lo Stato, con i mezzi a disposizione, incaricato del controllo dell’attività gestita direttamente o in concessione al privato.
In precedenza ho fatto cenno alle forme di controllo già in atto, personalmente sono un discreto conoscitore del ramo di attività e in buona parte ho trovato una metodologia che non posso, onestamente, che condividere.
Questa che mi appresto brevemente a esporre è già adottata in una casa da gioco italiana e, come leggerete, presume, ragionevolmente oltre che logicamente, le integrazioni che non ho potuto constatare de visu e che non possono mancare.
Questo sistema di controllo si conclude annualmente con una serie di rilevazioni tutte mirate alla regolarità del gioco, alla verifica dell’adeguamento dell’offerta alla domanda e altro ancora facilmente immaginabile e interessante per la gestione.
Per ogni gioco, da tavolo e meccanico, sono riportati nel caso in parola annualmente ma è agevole comprendere come l’inizio sia giornaliero e, quindi, paragonabile per qualunque periodo inferiore, a mio parere almeno ogni sei mesi.
I dati sono: il ricavato netto, le mance, l’importo dei contanti cambiati dai giocatori direttamente al tavolo, le ore lavorate. Ne derivano il raffronto mance/netto, netto/contanti, la resa oraria e, lo trovo veramente interessante anche ai fini del citato adeguamento, l’incidenza del gioco sul totale degli introiti.
Personalmente aggiungerei l’incidenza del gioco meccanico sul totale degli introiti e, nel caso specifico di Taormina, quella dei giochi tradizionali sul totale dei giochi da tavolo con un preciso riferimento alla qualità.
È certo che quanto precede non esaurisce il discorso controlli che non mi pare il caso di integrare con quanto la mia esperienza professionale può suggerire.
Mi permetto di chiudere con la mia disponibilità ad ampliare l’argomento quando dovesse essere oggetto di approfondimento. Faccio ancora presente che in qualunque tipologia gestionale, pubblica o privata, il controllo è una problematica rilevantissima che, come è agevole intuire, il contratto di concessione potrà provvedere a colmare per quanto riguarda le questioni economiche e non.