Roma - “Oggi voi tutti siete qui per proporre alla politica una riflessione alla quale la politica non può sottrarsi: è opportuno o meno per colpa di un distanziometro scritto male mettere per strada le migliaia di lavoratori delle realtà preesistenti del comparto del gioco pubblico della regione? Io mi rendo conto della situazione e veramente vorrei cogliere l’occasione per lanciare un appello ai consiglieri”.
Arrivano dal palco della manifestazione “Legalità, lavoro, Lazio. I lavoratori del gioco pubblico in piazza per tre buoni motivi”, tenutasi oggi, 29 aprile, sotto la sede della Giunta della Regione Lazio a Roma, le parole “forti e chiare” di Geronimo Cardia, presidente dell'Associazione concessionari apparecchi da intrattenimento, una delle assi portanti del coordinamento Alleati per la legalità.
“Da subito lo diciamo con chiarezza: il disturbo da gioco d’azzardo è un problema serissimo, che va preso sul serio, ogni forma di dipendenza va presa sul serio e merita il suo trattamento clinico. Qualcuno l’ha definito una delle piaghe sociali perché colpisce indistintamente tutti i ceti sociali, tutte le fasce d’età, è pervasiva e diffusa e richiede un piano serio di aggressione. Come il tabagismo, come alcolismo è un problema che si ha il dovere di prendere sul serio, che gli operatori hanno preso sul serio e che a sua volta la politica ha il dovere di prendere sul serio. E allora quali soluzioni? Si potrebbero potenziare i Sert ed i Serd (servizio per le tossicodipendenze, per le dipendenze); si potrebbero prevedere risorse maggiori per il servizio sanitario regionale; si potrebbe impostare una diversa politica sanitaria a livello regionale orientata alla prevenzione come alla cura; si potrebbe individuare un sistema regionale che faccia quadrato contro il Dga un sistema tra istituzioni sanitarie pubblico-private, operatori del terzo settore ed operatori del comparto che dai rispettivi ruoli quotidianamente si confrontano con il problema del Dga. Oppure, molto più comodamente (ma solo in apparenza), si potrebbe rimettere in discussione la bontà della scelta di regolamentazione dell’offerta di gioco degli anni 2000. Ma attenzione, forse non lo vedevamo ma il problema del Dga era una piaga anche 20 anni fa, senza che attorno vi fosse quest’attenzione, questo controllo. E per di più alimentava economia illegale criminale. Si potrebbe anche dire che sia giunto il momento di dire che lo Stato smetta di fare il biscazziere. Si potrebbero fare scelte politiche così radicali, così profonde. Ma bisogna fare i conti con la realtà: dei diritti acquisiti dalle aziende del comparto; dei diritti dei lavoratori che svolgono un pubblico servizio; della necessità di un presidio di legalità dei territori con un’offerta misurata a controllata", rimarca Cardia.
"Non si può contrabbandare agli occhi dell’opinione pubblica di avere trovato nel distanziometro, da questi parametri urbanistici, una soluzione mediata tra proibizionismo e distribuzione, perché il distanziometro per come strutturato vieta completamente ed è come se si fosse deciso di proibire, che la soluzione dei problemi del Dga sia il distanziometro soprattutto se espulsivo, perché la scienza, non i 'terrapiattisti', la Scienza, quella con la S maiuscola ci dice che il distanziometro non cura né previene e il distanziometro come questo del Lazio che relega nelle periferie contribuisce al degrado delle periferie e si concentra sulla popolazione delle periferie che tra l’altro sono a maggiore densità abitativa (la scienza ufficiale non di quelli che vogliono curare la xilella con l’acqua ed il limone, cit. Paolo Campo, consigliere regionale della Puglia). Tra l’altro, non si può contrabbandare agli occhi dell’opinione pubblica neanche il fatto che la Regione possa cancellare un’attività regolamentata. E non lo diciamo noi, lo ha detto un autorevole presidente emerito della Corte Costituzionale ricordando a tutti i profili di incostituzionalità sottesi ad un distanziometro espulsivo, ad un distanziometro escludente. E non è da solo nell’indicare che un distanziometro espulsivo non sta né in cielo né in terra: lo dicono più della metà delle regioni italiane che sono tornate sui loro passi e lo dice il legislatore nazionale anche con la conferenza unificata e poi con tutti i tentativi di riordino", prosegue il presidente di Acadi.
"Il ragionamento oggi è semplice e lo hanno fatto già tante regioni, a partire dalla Regione Puglia del governatore Emiliano e dalla Regione Campania del governatore De Luca. Abbiamo capito che non c’è un posto in cui possa essere presente l’offerta di gioco pubblico per colpa dei parametri del distanziometro espulsivo? C’è un errore tecnico urbanistico emerso in sede di applicazione concreta della norma? Rimuoviamolo. Abbiamo dei problemi collaterali per il contrasto al Dga? No perché lasciare il distanziometro espulsivo significa peggiorare la situazione sotto il profilo della cura e della prevenzione. Vogliamo proprio mettere un distanziometro? Facciamo in modo che sia misurato, sostenibile e riferito a luoghi sensibili che effettivamente meritano. Vogliamo dimostrare di contrastare autenticamente il Dga? Prevediamo delle politiche attive di contrasto sia per la prevenzione sia per la cura. Vogliamo presidiare i territori con un’offerta di Stato che è peraltro negli anni già ridotta? Facciamo salve le realtà preesistenti che hanno già la grande esperienza diretta. Dobbiamo avere coraggio. E il coraggio dobbiamo trovarlo anche superando le ipocrisie ideologiche ed elitarie secondo cui voler rimuovere un distanziometro espulsivo sia fare un favore allo Stato biscazziere o peggio ancora alla criminalità per le infiltrazioni nel comparto, perché abbiamo sentito anche questo. La verità è un’altra ed è sotto gli occhi di tutti: lo Stato non è biscazziere ma si prende solo la briga, la grande responsabilità di dare ai propri cittadini un prodotto misurato e controllato per una domanda che comunque esiste, e le infiltrazioni sono rigettate dal sistema concessorio stesso, che è sofisticatissimo ed invidiato da tutta Europa e nel mondo, ancor meglio di quanto accada negli altri comparti produttivi del Paese, e perché, a ben vedere, è lasciare il distanziometro espulsivo così com’è che significa fare un favore alla criminalità: significa aprire alla criminalità nuovi mercati sui territori della nostra meravigliosa città, della nostra meravigliosa regione. La politica spesso si illude che le cose possano risolversi da sole, con il tempo, ma la verità è che oggi è il momento in cui occorre avere coraggio. Consiglieri, come diceva Romano Prodi, è il tempo delle scelte. Consiglieri, abbiamo ora la possibilità di rifarci alla legge delega nazionale, attendendola, oppure, meglio ancora abbiamo la possibilità di anticipare una regolamentazione sostenibile e di concreto contrasto al Dga: le proposte che sono sul tavolo sono sostenibili e concrete e potrebbero rappresentare la base per diventare un modello che parta da Roma, dalla Regione e sia d’esempio a livello nazionale”.