Covid-19: e se il plexiglas non fosse sicuro? I dubbi della scienza e i rischi per i locali
Dopo un anno e mezzo di protocolli e adeguamenti dei locali di tutto il mondo emergono dubbi sulla sicurezza dei divisori in plexiglas: un nuovo rischio anche per le sale da gioco.
Cosa succederebbe se i divisori in plexiglas con i quali ormai abbiamo imparato a convivere, all'interno di tutti gli edifici e locali pubblici, dovessero essere dichiarati non efficaci in termini di riduzione dei contaggi da Covid-19 o, peggio ancora, se dovesse rivelarsi che - addirittura – il loro impiego possa aumentare il rischio di diffusione del virus? Uno scenario talmente nefasto che forse gran parte della popolazione non vorrebbe neppure sentirne parlare.
Soprattutto gli operatori di qualunque comparto – ivi compreso quello del gioco pubblico – visto che le barriere sono state installate su mezzi di trasporto e in qualunque tipologia di locale o edificio - pubblico o privato - per separare le persone e parare le goccioline. Adottando lo stesso principio della mascherina, se si vuole. Volendo cioè proteggere le persone dai temibili “droplet”. Eppure, secondo quanto riportato nelle scorse ore dal New York Times, alcuni studi scientifici - pubblicati dalla American Association for the Advancement of Science e oggi in fase di approfondimento - metterebbero in dubbio l’efficacia di questo tipo di protezione, comunque adottata in ogni paese del mondo.
Guardando nello specifico della questione, secondo quanto riportato dal quotidiano, a sollevare i dubbi sarebbe uno studio pubblicato lo scorso giugno dai ricercatori della Johns Hopkins, i quali hanno dimostrato che gli schermi delle scrivanie nelle aule sono associati a un aumento del rischio di infezione da coronavirus. In particolare, in un distretto scolastico del Massachusetts, i ricercatori hanno scoperto che i divisori in plexiglas con pareti laterali nell'ufficio principale ostacolavano il flusso d'aria. Successivamente, uno studio analogo condotto sulle scuole della Georgia ha scoperto che le barriere sulle scrivanie hanno avuto scarso effetto sulla diffusione del coronavirus rispetto ai miglioramenti della ventilazione e al mascheramento. In condizioni normali nei negozi, nelle aule e negli uffici, le particelle di respiro esalato si disperdono, trasportate da correnti d'aria e, a seconda del sistema di ventilazione, vengono sostituite da aria fresca ogni 15-30 minuti circa. Ma l'erezione di barriere di plastica può modificare il flusso d'aria in una stanza, interrompere la normale ventilazione e creare "zone morte", dove le particelle di aerosol virale possono accumularsi e diventare altamente concentrate.
I PRECEDENTI - Eppure non si tratta di una suggestione nuova. Anzi. A dirla tutta, già molto prima dell'attuale pandemia, un precedente studio pubblicato nel 2014 aveva già rilevato che i divisori degli uffici erano tra i fattori che potevano aver contribuito alla trasmissione della malattia durante un'epidemia di tubercolosi in Australia.
Ma non è tutto. Oltre agli Stati Uniti, il tema è stato studiato anche in Regno Unito dove alcuni ricercatori britannici hanno condotto studi di modellazione simulando ciò che accade quando una persona posizionata su un lato di una barriera, come un cliente all'interno di un negozio, espira particelle mentre parla o tossisce in varie condizioni di ventilazione. Ebbene, se lo schermo è più efficace quando la persona tossisce, perché le particelle più grandi hanno uno slancio maggiore e colpiscono la barriera, quando una persona parla nromalmente, lo schermo stesso non sembra intrappolare le particelle espirate, che si limitano a fluttuare intorno ad esso. Mentre il commesso del negozio può evitare un colpo immediato e diretto, le particelle sono ancora nella stanza, rappresentando un rischio per il commesso e altri che potrebbero inalare l'aria contaminata.
"Abbiamo mostrato questo effetto di bloccare le particelle più grandi, ma anche che gli aerosol più piccoli viaggiano sullo schermo e si mescolano nell'aria della stanza entro circa cinque minuti", afferma Catherine Noakes, professoressa di ingegneria ambientale per gli edifici presso l'Università di Leeds a Inghilterra, al quotidiano estero. "Ciò significa che se le persone interagiscono per più di pochi minuti, probabilmente sarebbero esposte al virus indipendentemente dallo schermo".
COVID, I RISCHI DEL PLEXIGLAS – Pertanto, se le barriere in plexliglas schermano due persone separate dalla barriera, bisogna considerare che il coronavirus si diffonde principalmente via aerosol, cioè attraverso le famose goccioline che restano sospese. Con il plexiglas che potrebbe quindi cambiare la direzione di queste goccioline oltre a complicare il ricambio dell’aria all’interno di un locale chiuso. Quindi i rischi potrebbero (clamorosamente) superare addirittura i benefici.
Considerando che gli esperti concordano sul fatto che il ricambio d’aria, insieme all’uso della mascherina quando e dove possibile, è uno degli strumenti migliori per contrastare la diffusione del virus in uno spazio al chiuso, rimane del tutto evidente che l'adozione dei protocolli adottati dai singoli paesi per la riduzione dei contagi continuano ad essere in ogni caso piuttosto sicuri. Sta di fatto tuttavia che questi aspetti legati alle barriere in plexiglas che rappresentano un ostacolo in grado di non consentire un ricambio completo di aria, aumentando i rischi di contrarre il virus all’interno del locale in questione, meriterebbero ulteriori approfondimenti. Potendo provocare la revisione di tutti i protocolli di sicurezza precedentemente utilizzati. In questo caso, viene subito da chiedersi: cosa ne sarà di tutti quei denari spesi dagli operatori di tutte le attività per adeguare i propri locali alle nuove misure di sicurezza che imponevano, tra le varie cose, proprio la separazione degli ambienti attraverso le ben note barriere? Anche per questo la prudenza non è mai troppa. E prima di arrivare a questo punto bisognerà certamente approfondire questo tipo di studi, che di certo non sfuggiranno agli scienziati della task force governativa che aveva consigliato le misure ad oggi in vigore.
MASCHERINE E VACCINI PER DIFENDERSI – Quello che è bene ricordare ancora una volta e sottolineare ulterioremente, dunque, è che al di là delle barriere, ciò su cui tutti gli esperti concordano è il fatto che le armi più efficaci contro il Covid sono le mascherine e soprattutto i vaccini, che anche nel corso di questa nuova ondata stanno limitando il numero di decessi e ricoveri. Ed è proprio su queste misure che bisogna continuare ad insistere.