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Dpcm Covid illegittimi secondo il Gup, non serve la Consulta

13 marzo 2021 - 08:33

Una pronuncia del Tribunale di Reggio Emilia dichiara incostituzionale il primo Dpcm anti-Covid.

Scritto da Redazione GiocoNews.it

Il Dpcm - o Decreto del presidente del Consiglio dei ministri - trattandosi di un atto amministrativo, non richiede un rinvio alla Consulta perchè ne venga dichiarata l’illegittimità: a disapplicarlo basta l’intervento della magistratura.

È quanto sostiene la Sezione Gip-Gup del tribunale di Reggio Emilia che - attraverso la sentenza n. 54 del 2021 - dichiara illegittimo il primo dei Dpcm del governo Conte, quello cioè dell'8 marzo 2020, per "violazione dell’articolo 13 della Costituzione".

La pronuncia è relativa alla redazione dell’autocertificazione imposta dal provvedimento per gli spostamenti durante le restrizioni governative, in seguito al ricorso di un cittadino che era stato sanzionato per la non veridicità della motivazione da lui addotta e (auto)certificata. Ebbene, secondo i giudizi emiliani, si tratta di una costrizione "incompatibile con lo stato di diritto del nostro paese". Per questo la falsità del documento, provata negli atti, non ha i connotati dell’antigiuridicità e non deve essere punita sul piano penale. Si configura infatti il caso di un falso inutile perchè incide su un documento irrilevante. 

A nulla serve poi il passaggio del divieto dall’area della libertà personale a quello della libertà di circolazione, circoscrivendo solo a quest’ultimo la prescrizione del Dpcm. Per la sentenza infatti la libertà di circolazione, come affermato dalla Corte costituzionale, può trovare limitazione con riferimento all’accesso a determinati luoghi, magari perchè giudicati infetti, ma non può essere confusa con una vera e propria limitazione della libertà personale.
Il Dpcm, dunque, non è un provvedimento con forza sufficiente per disporre un obbligo di permanenza a casa e di conseguenza non ha rilevanza penale la compilazione di una falsa autocertificazione. Deve quindi essere prosciolto il dichiarante, perchè il fatto non costituisce reato per chi, un anno fa, in violazione alle prescrizioni del Dpcm dell’8 marzo 2020 si era fatto sorprendere in strada con un modello di autocertificazione che riportava ragioni prive di fondamento, asserendo la necessità di una visita in ospedale.
POSSIBILE INCOSTITUZIONALITÀ - La pronuncia mette in dunque evidenza come non si configura un falso ideologico in atto pubblico per effetto della trasgressione di un Dpcm che è intervenuto a istituire un obbligo di permanenza domiciliare che, per giurisprudenza consolidata anche della Corte costituzionale, rappresenta una limitazione della libertà personale che può essere disposta dall’autorità giudiziaria o comunque dall’autorità giudiziaria deve essere valutata.
Come peraltro dispone l’articolo 13 della Costituzione, il quale stabilisce che le limitazioni della libertà personale possono essere adottate solo su atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei casi e modi stabiliti dalla legge. Per queste ragioni, sottolinea la sentenza, è evidente che un Dpcm, atto regolamentare di rango secondario nella gerarchia delle fonti di natura giuridica, non può intervenire a disporre un obbligo di permanenza in casa.
 
DPCM DISAPPLICABILE DAI GIUDICI – Ma il Gip-GUup di Reggio Emilia si spinge anche oltre ricordando che, trattandosi di un atto amministrativo come il Dpcm, non è necessario un rinvio della questione alla Consulta perchè ne venga dichiarata l’illegittimità. A disapplicarlo basta l’intervento della magistratura. A nulla serve – nel caso specifico - il passaggio del divieto dall’area della libertà personale a quello della libertà di circolazione, circoscrivendo solo a quest’ultimo la prescrizione del Dpcm. Per la sentenza infatti la libertà di circolazione, come affermato dalla Corte costituzionale, può trovare limitazione con riferimento all’accesso a determinati luoghi, magari perchè giudicati infetti, ma non può essere confusa con una vera e propria limitazione della libertà personale.
 
Per il giudice di Reggio Emilia quindi il Dpcm è illegittimo per violazione dell’articolo 13 della Costituzione e la redazione dell’autocertificazione rappresenta una costrizione “incompatibile con lo stato di diritto del nostro paese”. Per questo la falsità del documento, provata negli atti, non ha i connotati dell’antigiuridicità e non deve essere punita sul piano penale. Si configura infatti il caso di un falso inutile perchè incide su un documento irrilevante.
 
DPCM, ALTRO PRECEDENTE – Ecco quindi che, al di là della specifica questione trattata dal tribunale di Reggio Emilia relativa agli spostamenti, ciò che sembra più significativo è “l'inconsistenza” giuridica dei Dpcm, che diventa vieppiù importante dal momento in cui, come ampiamente noto, il precedente governo ha strutturato l'intero impianto emergenziale di gestione della pandemia sull'emanazione di provvedimenti di questo tipo. E attraverso gli stessi Dpcm sono state disposte anche altre restrizioni, come quella del divieto di esercizio dei giochi pubblici. E forse non è un caso se i lnuovo governo, pur avendo emesso il primo provvedimento anti-covid nelle stesse modalità, nel suo secondo atto di queste ore ha optato per un decreto legge invece del “classico” Dpcm.
 
Occorre inoltre notare che non si tratta della prima messa in discussione dei Dpcm, né tanto meno della prima pronuncia che “boccia” lo strumento legislativo, mettendone in discussione il valore, prima ancora che il contenuto. Anche se, va detto, la materia del gioco, come quella di tante altre aperture, deve essere giudicata dal Tribunale amministrativo, e nello specifico quello capitolino, e non da un giudice ordinario. Ed è qui che tutti i ricorsi conto i Dpcm, di qualunque tipo, si sono incagliati, venendo respinti. Anche se nel caso dei giochi, l'ultimissimo episodio di cui ci siamo occupati in queste ore, ha visto i giudici capitolini richiedere all'avvocatura di Stato di depositare documenti che attestino le ragioni della sospensione del comparto provenienti sia dal Comitato tecnico scientifico che dalla Conferenza Stato-Regioni. Posto che, come indicato dalle difese, la “materia gioco” sembra non essere mai stata studiata, analizzata e approfondita, applicando un divieto senza alcun tipo di valutazione. E chissà che anche in questo caso non si arrivi prima o poi al superamento dei Dpcm.

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