Gioco e pubblicità, attenzione alle corrette modalità di comunicazione
Hélène Thibault, avvocato specializzato in diritto commerciale e della proprietà intellettuale (Tonucci & Partners) approfondisce il tema della corretta interpretazione del divieto di pubblicità al gioco introdotto dal decreto Dignità.
Il decreto Dignità è stato un vero terremoto per il settore del gioco in Italia.
Dopo il decreto Balduzzi che per primo, nel 2012, aveva introdotto il divieto di effettuare pubblicità a favore di giochi con vincite in denaro nelle trasmissioni televisive e radiofoniche e nelle pagine della stampa scritta, l’emanazione del decreto-legge 12 luglio 2018 n. 87, poi convertito dalla legge 9 agosto 2018 n. 96 – meglio noto come decreto Dignità, era stato annunciato dall’allora governo Cinque Stelle - Lega come il rimedio definitivo al fenomeno della ludopatia.
Infatti, oltre a vietare “qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta”, “comunque effettuata su qualunque mezzo”, “compresi i social media”, includeva tra le forme di comunicazioni proibite anche le sponsorizzazioni e “ogni altra forma di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità [fosse] vietata [ai sensi del Decreto]”, così ricoprendo potenzialmente ogni e qualsiasi tipo di comunicazione promozionale a favore delle società di gaming & betting.
In un contesto di grande preoccupazione circa le ricadute che il Decreto avrebbe avuto per l’intero sistema paese, nel novembre del 2018, l’Agcom pubblicava un Questionario sulle modalità attuative dell’art. 9 del decreto Dignità (3) al quale numerosi operatori del settore contribuirono (4) esponendo le proprie perplessità circa il testo normativo, evidenziando potenziali profili di illegittimità, avanzando richieste di chiarimenti, ma soprattutto auspicando un’interpretazione restrittiva del divieto che consentisse di arginare i principi molti rigorosi enunciati dal legislatore.
E così fu. L’Agcom, in una ricerca di equilibrio tra le aspettative di un settore portante per il Paese e l’interesse pubblico alla tutela del consumatore e alla prevenzione del gioco patologico, ha così introdotto una serie di distinzioni che, di fatto, se correttamente interpretate e implementate, rendono possibile agli operatori del settore la promozione delle proprie attività presso il pubblico.
Tra le varie esclusioni introdotte dall’Agcom (5), particolarmente degne di nota risultano essere le seguenti attività, che l’Autorità considera esulare dal divieto formulato dal Decreto: (i) la diffusione di comunicazioni di mero carattere informativo, in particolare quelle che includono (a) informazioni limitate alle sole caratteristiche dei vari prodotti e servizi di gioco offerto, laddove rilasciate nel contesto in cui si offre il servizio di gioco a pagamento (ad esempio, le informazioni rese disponibili nei siti di gioco o nei punti fisici di gioco, riguardanti le quote, il jackpot, le probabilità di vincita, le puntate minime, gli eventuali bonus offerti, purché effettuate nel rispetto dei principi di continenza, non ingannevolezza, trasparenza nonché assenza di enfasi promozionale) ovvero (b) informazioni, rilasciate su richiesta del cliente - se strettamente pertinenti a quanto richiesto dal cliente e funzionali a consentire scelte di gioco consapevoli - in ordine al funzionamento e alle caratteristiche del servizio di gioco, ovvero sull’esistenza di nuovi prodotti o servizi; (ii) la fornitura di servizi informativi di comparazione di quote o offerte commerciali dei competitors, purché effettuati nel rispetto dei principi di continenza, non ingannevolezza e trasparenza di cui al comma precedente (ad esempio sono consentiti i c.d. “spazi quote” ovvero le rubriche ospitate dai programmi televisivi o web sportivi che indicano le quote offerte dai bookmaker); (iii) l’utilizzo del marchio che identifichi, oltre ai servizi giochi con vincite in denaro o d’azzardo, ulteriori attività, aventi carattere autonomo, purché non sussistano ambiguità circa l’oggetto della promozione e non compaiano elementi evocativi del gioco, fatta eccezione per la mera denominazione del fornitore.
Sul punto, risulta interessante la recente decisione del Tar Lazio (6), resa a seguito dell’emissione da parte dell’Agcom di un’ingiunzione di pagamento di una sanzione di euro 50.000 per violazione del divieto di cui all’art. 9 del decreto Dignità nei confronti di una testata giornalistica online. I fatti erano i seguenti: all’interno di un articolo relativo ai casinò telematici, era stato riscontrato dall’Autorità un collegamento ipertestuale che permetteva all’utente di accedere alla pagina web di un sito internet specializzato nei casinò online, dove erano pubblicizzati diversi siti di gioco online, condotta che l’Agcom aveva ritenuto essere un’attività promozionale del gioco a pagamento vietata ai sensi del Decreto.
Se, secondo la ricorrente, i contenuti pubblicati sul sito della testata e quelli della pagina del sito a cui il collegamento ipertestuale rinviava non costituivano pubblicità in favore di una specifica piattaforma, avendo piuttosto una finalità informativa circa le piattaforme reperibili in rete, il Tar ha invece ritenuto la violazione integrata in base alle modalità di confezionamento del messaggio (per esempio, linguaggio utilizzato, elementi grafici e acustici, contesto di diffusione), decisive secondo il Tribunale nella determinazione della natura informativo o meno della comunicazione. Nel caso di specie, la finalità promozionale del messaggio, secondo i giudici, si sarebbe “concretizzata nel collegamento diretto ed univoco presente nella pagina [della testata] a quella del sito [dell’operatore di gioco], favorita dalla particolare modalità di confezionamento dello stesso messaggio”, che vede “la presenza di uno specifico link ipertestuale, enfatizzato mediante colori e particolari caratteri in evidenza” e “l’indicazione [nella pagina collegata tramite il link] dei 'migliori casinò online', promuovendo direttamente i portali in essa contenuti, con i relativi annessi bonus di benvenuto messi a loro volta in risalto”.
In conclusione, se il divieto di cui al decreto Dignità è stato in (gran) parte ridimensionato dalle Linee guida dell’Agcom, è ancora effettivo il rischio di venire sanzionato sulla base di un atteggiamento comunicativo ritenuto eccessivamente volto a promuovere le attività di gioco. Gli operatori di gioco devono quindi prestare la massima attenzione alle modalità di comunicazione utilizzate, focalizzandosi sull’informazione sui propri prodotti di gioco ed evitando nella relativa attività di comunicazione l’utilizzo di toni, linguaggio, elementi visivi troppo aggressivi e incitativi, e sviluppando strategie di business che consentano di dare visibilità al proprio marchio – notorio nel settore del gioco – in altri settori di attività.
1) - Si ricorda infatti che ai sensi dell’art. 9 comma 1, in particolare, “è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d'azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media”. Dal 1° gennaio 2019 il divieto […] si applica anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità, ai sensi del presente articolo, è vietata”. Il comma 1 esclude dal divieto solo le lotterie nazionali a estrazione differita, le manifestazioni di sorte locali e i loghi sul gioco sicuro e responsabile dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.