In questi giorni, i giornali danno ampio spazio alla revisione delle norme sul Superbonus del 110 percento relativo all'edilizia e alle ristrutturazioni. Era il 2013 quando molte Regioni decidevano di emanare leggi restrittive sulla distribuzione del gioco mediante apparecchi con vincita in denaro. Credo che sia nell’origine delle due misure che nelle conseguenze della loro applicazione vi siano alcuni tratti fondamentali comuni.
Quanto all’origine: in entrambi i casi le normative rispondono sì a un’esigenza, nel primo caso quella di accelerare la transizione energetica e di ridurre i consumi energetici e nel secondo quello di regolare la distribuzione del gioco fisico in assenza di una normativa nazionale, ma è anche vero che entrambe le norme strizzano l’occhio all’elettorato alla ricerca di consenso in modo un po’ scomposto.
Scomposto nella misura in cui nessuna delle due ha tenuto in sufficiente considerazione la complessità dei fattori nell’ambito delle aree che intendevano regolare. Quando infatti è stata emanata la legge che dava più soldi ai proprietari di casa di quanti ne dovessero spendere per fare il cappotto termico o per rifare gli infissi, era abbastanza chiaro che la misura avrebbe sì avuto un’enorme richiesta da parte dei cittadini ma anche che avrebbe dato un’ulteriore mazzata al debito pubblico che di per sé non dimostrava e non dimostra proprio un ottimo stato di salute.
Del resto, come spiega benissimo la professoressa Veronica De Romanis (professore associato di Diritto romano e diritti dell'antichità presso il Dip. di Giurisprudenza dell'Università di Napoli Federico II, Ndr) in una sua recente pubblicazione, non esiste il pasto gratis e una misura come quella del 110 risulta un fuoco di paglia di cui pagheremo le conseguenze nei prossimi anni. Senza considerare poi che risultava piuttosto evidente, per chi conosce un po’ l’Italia, che vi sarebbero stati innumerevoli abusi e che lo Stato non sarebbe stato in grado di tenere sotto controllo le dinamiche, viste le dimensioni delle adesioni.
Errore in buona fede? Forse sì, ma personalmente ritengo che si sia voluto privilegiare di più il facile consenso che dare ascolto a chi lavora quotidianamente nel settore. Risulta infatti che l’Ance, Associazione nazionale dei costruttori edili, avesse manifestato alcune criticità della norma sin dalle sue origini.
Non troppo diversa la dinamica che ha portato a emanare varie leggi espulsive del gioco. È ormai chiaro a tutti, infatti, che molte leggi regionali che espellono il gioco fisico dai territori sono state volute da amministrazioni che, inseguendo un facile consenso, non hanno tenuto conto che in assenza di un presidio legale del gioco avrebbero lasciato campo libero alle organizzazioni che proliferano nell’illegalità.
Anche in questo caso non si è dato ascolto a chi opera quotidianamente nel settore. Le imprese che operano nella legalità sono state più spesso ostacolate che non considerate come alleati contro l’illegale. Un’altra caratteristica che accomuna le due norme è che nessuna parte politica, al momento della loro emanazione, ha avuto il coraggio di dare un giudizio negativo su misure che evidentemente avrebbero creato grandi problemi. Sempre per paura di perdere consenso.
Ebbene: sul Superbonus 110 finalmente si sta facendo un bagno di realismo e si sta trovando il coraggio di definire regole forse un po’ meno “popolari” ma senz’altro più aderenti al buon senso e meno gravose per le prossime generazioni. L’auspicio è che anche sulle leggi regionali espulsive del gioco si trovi il coraggio, nei prossimi mesi, di rivedere con buon senso, dando ascolto agli operatori, le regole di ingaggio per gli operatori e le regole della distribuzione dell'offerta fisica.