“Rivoluzione fisco. Dopo 50 anni, il nuovo fisco”. È questo lo slogan che campeggia sulla pagina Facebook della premier Giorgia Meloni, a “riassumere” l'orizzonte del disegno di legge delega per la riforma fiscale approvato dal Consiglio dei ministri il 16 marzo e che, se i piani verranno rispettati, sarà decisivo per il riordino del gioco, ormai non più rinviabile.
Nel testo, come ormai noto, c'è infatti un intero articolo dedicato al settore – il numero 15 -, prevedendone la completa riorganizzazione: attraverso “regole trasparenti e uniformi nell'intero territorio nazionale”, l’introduzione di regole tecniche atte a prevenire fenomeni di disturbi da gioco d’azzardo patologico, la razionalizzazione territoriale della rete di raccolta del gioco e un innalzamento del livello qualitativo dei punti gioco e dell’offerta, il rafforzamento dei controlli volti al contrasto ad ogni forma di gioco illegale.
Il disegno di legge dovrebbe approdare in Parlamento tra la fine di marzo e i primi di aprile per iniziare il suo iter fra Camera e Senato, dove ovviamente potrebbe subire dei “ritocchi”. Entro 24 mesi dalla sua approvazione in Parlamento, l'attuazione spetterà a uno o più decreti legislativi.
Sperando che questa volta la sorte sia migliore dei suoi predecessori, visto il naufragio della riforma fiscale targata Mario Draghi nella passata legislatura - con la crisi dell'Esecutivo che a settembre 2022 ha fermato la discussione del testo al Senato, già approvato dalla Camera - e vista anche, per la riforma specifica del settore, l'inattuazione dell'accordo in Conferenza Stato-Regioni siglato nel 2017 – ai tempi in cui era sottosegretario con delega ai giochi Pier Paolo Baretta – e il mancato esame da parte del Consiglio dei ministri del disegno di legge delega promosso da Federico Freni.
Non si preannunciano tempi proprio brevissimi, ma all'interno del comparto del gioco legale il dibattito è entrato subito nel vivo. Innanzitutto con la presa di posizione di alcune della maggiori associazioni rappresentative, unite nel chiedere un confronto diretto con il Governo in materia di riordino del gioco, per non essere poi costrette a “subire” decisioni calate dall'alto ma essere parte attiva nella loro stesura.
Gennaro Parlati, presidente Sistema gioco Italia, la federazione di Confindustria che rappresenta in Italia l’industria del gioco legale, ad esempio punta molto sul confronto interno all'industria, fra le varie organizzazioni di rappresentanza, per” realizzare una convergenza delle associazioni sulle tematiche macro e trasversali” e per “unire e rafforzare la rappresentanza istituzionale di settore”.
Per Geronimo Cardia, presidente di Acadi, vanno garantite “un’equilibrata distribuzione tra punti specializzati e generalisti” e “una qualificazione progressiva della specializzazione dei punti generalisti".
Domenico Distante, presidente di Sapar, pone l'accento sulla difesa della filiera e in primis dei gestori e delle piccole e medie imprese che lavorano sul territorio italiano, mentre Massimiliano Pucci, alla guida di As.tro, specifica che il "riordino non deve essere azzeramento e ricostruzione”, ma che è necessario “ripartire da quello che c’è”, indubbiamente cercando il confronto con il Governo.
Un richiamo all'unità infine arriva anche da Emmanuele Cangianelli di Egp-Fipe, per il quale è necessario dare risposta una volta per tutte alle incertezze del settore.
Il percorso del disegno di legge delega inoltre dovrà fare i conti non solo con le opposizioni in Parlamento ma anche con quelle che provengono “da fuori”, dalla società civile e in primis dalle organizzazioni sindacali o datoriali, che in alcuni casi hanno già annunciato battaglia in merito alle norme di natura squisitamente fiscale.
Cgil, Cisl e Uil sono infatti contrari all’introduzione della flat tax, e di pari passo chiedono una forte riduzione delle tasse a vantaggio di lavoratori dipendenti e pensionati, la detassazione degli aumenti contrattuali previsti nei prossimi mesi, l'attuazione del taglio dei cinque punti del cuneo fiscale non entro cinque anni – come pianificato dal Governo - ma fin da subito. I sindacati inoltre si oppongono all’abolizione dell’Irap - anche questa nei piani dell'Esecutivo – per non mettere in pericolo la copertura dei costi del servizio sanitario nazionale
Insomma, nodi non da poco, di fronte ai quali non vengono escluse “né manifestazioni di piazza né iniziative di sciopero”.