Un anno di Green pass, che ha salvato (e compromesso) il gioco
Varato il 16 maggio 2021, prima per spostarsi poi per andare al lavoro e nei locali, il certificato di Draghi ha evitato nuovi lockdown.
Oggi è il compleanno di quel “temibile” codice a barre (o QR code) che ha caratterizzato la vita quotidiana di tutti gli italiani e, in particolare, quella degli addetti ai lavori del gioco pubblico. Nel bene e nel male. Sì, perché se da un lato il certificato verde ha rimesso tutti nelle condizioni di tornare alle abitudini che l’emergenza Covid aveva praticamente cancellato, dall’altro ha creato nuove barriere che non tutti sono stati disposti a superare. Il Green Pass, voludo dal governo guidato da Mario Draghi, è entrato in vigore esattamente un anno fa: il 16 maggio 2021. Da quel momento in poi, tutti i cittadini hanno dovuto tenere a portata di mano il lasciapassare governativo, tenendo una copia stampata in tasca, oppure una versione digitale sul proprio cellulare, E c’è pure chi ha voluto tatuarselo sulla pelle, facendo da contraltare a chi, invece, ha manifestato contro la sua adozione o chi ha pensato bene di clonarne una versione per aggirare la legge. Sta di fatto, tuttavia, che il Green Pass, per molti, ha rappresentato una forma di (ritrovata) libertà, anche se alcuni lo hanno definito un elemento discriminatorio e una soluzione ampiamente liberticida.
In ogni caso, con il certificato verde elettronico, oggi rimasto in vigore solo per accedere negli ospedali e nelle Rsa, l’Italia è riuscita ad entrare in una nuova fase dell’emergenza Covid, gettandosi alle spalle definitivamente il ricorso a lockdown e chiusure delle attività. In effetti, quello strumento che era stato inizialmente pensato solo per gli spostamenti, per far ripartire il turismo e allentare le restrizioni alla mobilità, ben presto fu esteso a praticamente tutte le attività. Consentendo così il graduale ritorno alla normale vita quotidiana (o, per lungo tempo, a un surrogato di essa).
In effetti, proprio il premier Mario Draghi, in occasione dell’approvazione del decreto che ne introdusse la misura, parlò di un “pass verde nazionale”, in attesa che entrasse in vigore il Green pass europeo previsto un mese e mezzo dopo. Si decise in quella occasione di semplificare e digitalizzare, in un solo lasciapassare digitale, le regole già previste da alcune settimane precedenti con le “certificazioni verdi” cartacee, utilizzate per spostarsi tra regioni arancioni e rosse: la gente esibiva il certificato di avvenuta vaccinazione, quello di guarigione oppure il risultato negativo del tampone.
Verso la fine della primavera del 2021, quando i numeri delle vaccinazioni erano ancora bassi, solo pochi italiani ne erano in possesso: ma da quel momento in poi in tutto il susseguirsi di misure - continuamente rimodulate a seconda dell’andamento dei contagi - che sono state aggiornate in tutti i decreti legati all’emergenza pandemica, le certificazioni verdi digitali hanno regolato anche la partecipazione a spettacoli, eventi sportivi, concerti, feste, palazzetti sportivi, locali, festival o arene all’aperto, ricevimenti di matrimonio e altre cerimonie civili e religiose. E, dunque, anche l’accesso ai locali di gioco, a partire dal 6 agosto Per la gioia del comparto del gioco pubblico, che ha potuto riaprire i locali dopo un interminabile e rovinoso lockdown, ma anche nel dolore di molti, che hanno comunque visto crollare la raccolta, proprio a causa dell’obbligo di certificazione per accedere nei locali, visto che tanti avventori si rifiutavano di mostrarlo.
IL CAMBIAMENTO A OTTOBRE E DICEMBRE - A ottobre, poi, il lascia passare è diventato obbligatorio sui luoghi di lavoro, con i contagi in aumento per poi arrivare, a dicembre, alla creazione di due versioni distinte: “base” (ottenibile con tampone) e “super” o rafforzato (per i vaccinati con dose booster o guariti). Un distinguo che in poche settimane ha sostituito di fatto l’applicazione del vecchio Pass in quasi tutti gli ambiti, tanto che qualcuno ha parlato di “lockdown per i non vaccinati”.
Naturalmente, non sono mancati gli inghippi, fin dal primo momento, con una delle questioni più delicate che è stata da sempre quella dei controlli: con i titolari di locali di gioco e ristoranti che stati tra i primi a porre il problema delle verifiche, chiedendosi se fosse un loro compito domandare un documento per verificare l’identità associata al Pass esibito. Senza contare le svariate operazioni delle forze dell’ordine che hanno individuato anche diversi canali di vendita di pass falsi venduti a centinaia di euro o semplicemente messi a disposizione in chat come Telegram. Sempre dai social, tuttavia, sono è scaturito anche il dissenso dei “No pass”, scesi in piazza fin dall’estate scorsa in diverse città italiane: a Roma la protesta più dura, cavalcata dalle frange della destra estremista, che portò all’assalto della sede della Cgil ad ottobre. Ma le certificazioni digitali ancora si scaricano e viaggiano verso i 285 milioni di download in un anno. Nella speranza generale che non dovrà più servire, a nessuno, in nessun posto e in nessuna versione.