“Il nostro percorso è rivolto particolarmente ai giovani, oltre che ai nostri stakeholder, perché riteniamo che bisogna parlare alle giovani generazioni; bisogna spiegare loro che la mafia non è estinta, non appartiene solo ai tempi di Falcone e Borsellino, ma che invece è solo in una fase di sommersione perché gli fa comodo. Gli fa comodo che non si parli di mafia, in maniera tale che possa fare i suoi affari, che possa cercare di infiltrarsi nei settori economici e fare quello per cui è nata: fare soldi”.
Lo sottolinea Maurizio Vallone, direttore della Dia – Direzione investigativa antimafia, nel corso del convegno “Gambling: infiltrazioni mafiose nel gioco legale”, tenutosi venerdì 11 marzo a Salerno nel quadro delle iniziative per il trentennale della Dia.
L'iniziativa vede anche l'intervento di Lorena Di Galante, capo del II reparto Investigazioni giudiziarie della Dia. “Per quello che ci riguarda, possiamo dire che le organizzazioni criminali sono interessate al settore da tantissimo tempo con prospettive differenti.
Il settore è oggetto di aggressione e di infiltrazione da parte di tutte le consorterie mafiose; già negli anni '70 il clan Santapaola-Ferrera era interessato alla gestione delle case da gioco d'azzardo, oggi c'è stato 'un salto di qualità', perché anche tali organizzazioni hanno compreso che con il digitale ci può sottrarre alla fiscalità e alla tracciabilità. Poi c'è un sistema parallelo di gestione delle apparecchiature in modo illegale, le strutture hanno una 'gestione d'azienda', piramidale con un manager al vertice che potremmo identificare nel master di riferimento dell'organizzazione mafiosa, che anche in questo caso diventa uno specialista, un tecnico. Affiancato da statistici, ingegneri, informatici che creano degli algoritmi e dei sistemi statistico-matematici che fanno di loro dei professionisti insostituibili e ben pagati, molto di più, specie nei paradisi fiscali.
Peraltro, questo sistema si sottrae alla fiscalità legale anche per il pagamento delle imposte che vengono richieste dalla legge dello Stato italiano. Lo stesso Giovanni Falcone forse oggi avrebbe avuto una visione diversa delle scommesse e del gioco online. Negli anni '80 si riteneva che il gioco non fosse un settore di interesse per 'gli uomini d'onore', tesi a non dover 'dare nell'occhio'. Si è cercata una motivazione sulla diffusione del gioco illegale, probabilmente oggi si dà più valore ad aspetti edonistici ed effimeri, a vantaggio di un numero di high domanders, di giocatori che virano verso la patologia. La mafia quindi crea queste 'organizzazioni aziendali' anche come forma di controllo del territorio.
L'apertura di punti vendita e agenzie rientra sicuramente in questo. Di recente la Dia ha svolto un'operazione in Sicilia per scompaginare un'organizzazione dedita al gambling, con la creazione di un sistema aziendale e gruppi ognuno con la propria specializzazione, agenti e sub-agenti, esperti tecnologici. Tale organizzazione ha raccolto profitti per quasi 30 milioni di euro".