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Zappolini (Cnca): 'Servono regole, non proibizionismo'

30 aprile 2021 - 09:26

Il presidente del Cnca ricorda che 'la storia ci insegna che il proibizionismo non ha mai prodotto alcun risultato educativo'.

Scritto da Daniele Duso

"Serve una regolamentazione, ma senza essere proibizionisti. Ci sono vari tipi di gioco d'azzardo, ma non tutti sono pericolosi". Così don Armando Zappolini, presidente del Cnca, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza e promotore della campagna Mettiamoci in gioco, intervenuto, con il senatore Franco Mirabelli (Pd) e la consigliera regionale del Piemonte Monica Canalis (Pd), su Radio Imagina nella trasmissione "Ludopatia non è un gioco", che ha cercato di rispondere alla domanda "come trovare il giusto compromesso tra libertà di impresa, gioco legale e salvaguardia dei fragili?"

"Abbiamo visto che a volte una obbligata lontananza dall'azzardo ha prodotto per molte persone il ritorno a una vita normale - ha spiegato Zappolini introducendo un discorso molto articolato -. Questa è la strada verso la quale dobbiamo andare, se non si parte dalla riduzione dell'offerta è chiaro che non ce la si fa a diminuire il problema che molte persone hanno per questo motivo".

L'ORIGINE DELLA DIPENDENZA - "Ogni dipendenza non è provocata soltanto dall'oggetto che la produce - ha continuato don Zappolini -. Come avviene per l'alcool, o per le droghe, una persona che ha la sua padronanza e una sua stabilità, può avere un incontro occasionale con una sostanza o un comportamento, ma ciò non fa scattare automaticamente la dipendenza. Anche perché non tutto l'azzardo è ugualmente pericoloso, come non tutte le droghe sono ugualmente pericolose. La dipendenza può venire per due fattori: uno insito nel meccanismo che la origina, fatta da gesti ripetitivi e dalla bramosia del gioco, date ad esempio da Gratta e vinci ma soprattutto dalle macchinette fisiche, le slot e le vlt, che sono quelle che producono la maggiore dipendenza; la seconda motivazione invece dipende dalla condizione della persona.

NO AL PROIBIZIONISMO - "Va considerato che la maggior parte delle persone sanno gestire in modo adeguato il gioco, usandolo in modo sociale, come anche l'alcool e la droga - spiega ancora Zappolini -. Quindi non si tratta di essere proibizionisti. Qualche corrente politica si è fatta paladina dell'abolizionismo, ma la storia ci insegna che il proibizionismo non ha mai prodotto nessun risultato educativo".

RICERCA DI EQUILIBRIO - Serve equilibrio, e questo, secondo Zappolini, si avrà "solo quando lo Stato deciderà che da questo settore invece che 8 miliardi deve ricavarne meno. Quei soldi in meno che prende lo Stato, dipendono dalla partita che dura di più, da un limite massimo di tempo di gioco, da un limite massimo di soldi giocabili, dipende dall'uso tessera sanitaria, dipende dalla riduzione di un'offerta che ora costituisce una fetta molto grassa, per il Governo e per tutta la filiera".

LE RESPONSABILITÀ DELLA POLITICA - "Già qualche anno fa portai avanti una campagna di confronto anche con i settori di Confindustria, sistema gioco, un percorso che poi fu aggredito da questioni ideologiche anche interne al movimento. L'idea di base deve essere quella di un sistema che guadagna meno, che si riduce un po', considerando che in Italia siamo ai vertici mondiali per consumo di gioco. Siamo terzi in assoluto al mondo dopo Stati Uniti e Giappone. La politica si è fatta manipolare da un sistema economico che ha fatto esplodere l'azzardo in questo modo".

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