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Chiamami ancora Amusement (o intrattenimento)

20 febbraio 2023 - 10:36

L’intrattenimento ha, ancora oggi, un duplice valore: non solo come business e come oggetto di svago, ma anche come alternativa al gioco a vincita: un motivo in più per tutelarlo, ma la politica deve prima capirlo.

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Il settore dell’intrattenimento è ancora in grado di occupare le prime pagine dei giornali. Lo abbiamo visto durante lo scorso fine settimana, quando l’inaugurazione del Museo del flipper e del modernariato di Marmore, a Terni, ha conquistato la scena. Non come nei mesi scorsi, però, quando ad attirare l’attenzione di Media e Politica in tema di Amusement erano stati i fatti di cronaca e, in particolare, i sequestri delle cosiddette “Sale Lan”, all’interno delle quali venivano praticate varie attività, tra le quali anche quella degli eSports. Questa volta, a esprimersi al meglio è stato il valore sociale, ricreativo ma anche didattico e culturale che questo meraviglioso mondo del “coin-op” - come lo chiamano gli anglosassoni, o “dell’automatico”, come veniva definito un tempo nel nostro paese – è in grado di svolgere all’interno della comunità.
Ma se in un Museo, si capisce, il valore aggiunto è dato anche e soprattutto dagli aspetti legati al vintage, proponendo dei giochi di varie epoche, in grado quindi di suscitare ricordi ma anche di esplorare l’evoluzione tecnologica, nonché quella degli usi e costumi della società, ciò che non dovrebbe sfuggire, agli occhi della politica e più in generale del Legislatore, è il ruolo che questo comparto può (e deve) avere e mantenere al giorno d’oggi. Se non altro perché rappresenta la prima alternativa al gioco con vincita in denaro: cioè a quel gioco (volgarmente detto) “di azzardo” che in tanti promettono di combattere e contrastare. Quale modo migliore, allora, se non quello di mantenere, tutelare e sviluppare la diffusione di gioco di puro intrattenimento? Dai videogiochi Arcade, al (sempreverde) flipper, ai biliardini, alle freccette e così via. Invece, ciò che accade in Italia, è esattamente il contrario: non solo questo settore è stato relegato nel dimenticatoio per anni, forse decenni, rischiando di sparire dalla circolazione a causa di una normativa vetusta e ostativa della libera circolazione dei prodotti, che ha reso sempre più difficile rimanere sul mercato, ma negli ultimi anni la situazione è addirittura peggiorata, da quando il Legislatore ha pensato bene di rimettere le mani sul sistema, salvo tuttavia introdurre norme ritenute assurde dagli addetti ai lavori. Come abbiamo più volte affrontato su queste pagine, infatti, l’articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ha introdotto l’obbligo per tutti gli apparecchi rientranti nella categoria di cui al comma 7 dell’articolo 110 del Tulps (con riferimento agli apparecchi senza vincita in denaro) di essere sottoposti ad una verifica tecnica. Rischiando così di uccidere definitivamente il mercato italiano, a causa di tmepi e costi palesemente insostenibili per l’ormai ridotta filiera. Non a caso, tramite un emendamento approvato al decreto legge “Pnrr 2” (ovvero, il DL 36/2022), è stato stabilito che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli  potrà escludere in automatico dall’obbligo di autorizzazione i modelli di apparecchi che non prevedono il pagamento di vincite, inclusi in un elenco da redigere entro il 15 novembre di ogni anno. Salvando così una buona parte dei prodotti a rischio (come i flipper, calcetti ed elettromeccanici) ma risolvendo solo parzialmente il problema. Sì, perché se tale quadro normativo dovesse permanere, il problema rappresentato dalle procedure di omologazione resterà per tutte le altre tipologie di apparecchi nel  puro intrattenimento che non rientreranno nell’elenco di AdM, minando di nuovo alla base la sostenibilità di un comparto, quando sembra ormai evidente che per certe tipologie di giochi potrebbe essere ritenuta sufficiente una mera autocertificazione dell’apparecchio da parte dell’importatore, pur sempre sotto la supervisione del regolatore. Come le aziende chiedono da tempo. Tenendo conto anche che tutto questo arriva proprio nel periodo di uscita dalla pandemia, quando il comparto del gioco terrestre ha subito un durissimo colpo, ancora da ammortizzare, trattandosi di un settore che coinvolge circa    60 mila addetti    e più di 6.200 imprese, ma perlopiù di carattere familiare, con un fatturato annuo di circa 750 milioni di euro. Altri numero, dunque, rispetto a quelli del gioco a vincita.
Ma oltre a il messaggio che si vuole far arrivare alla politica (come stanno cercando di fare gli operatori attraverso le associazioni di categorie), ciò che vale la pena di condividere è anche un messaggio all’intera filiera del gaming. Tornando per un attimo all’esempio del Museo del flipper, tra gli aspetti più interessanti e significativi che si vuole qui rilevare, è che il puro intrattenimento “funziona” ancora oggi. Nel senso che è ancora in grado di attirare le persone e di catturare il loro interesse. Tra i vari servizi andati in onda sull’evento, ce n’è uno in particolare, realizzato dal Tg3, che vale la pena guardare, e ascoltare. Con il giornalista che chiede ai visitatori cosa pensano del flipper e se andrebbero a giocare se solo si potessero trovare ancora oggi nei locali. La risposta è stata in tutti i casi affermativa e arricchita pure da un certo entusiasmo. Ecco dunque che oltre alla politica, che non ha mai sostanzialmente affrontato la tematica, anche la stessa industria dovrebbero valutare le possibilità offerte ancora oggi dall’Amusement. Un settore da molti completamente ignorato, perché meno redditizio rispetto a quello delle Slot o delle Vlt, ma che è ancora in grado, invece, di regalare soddisfazioni. E di conquistare la scena.
 

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