Un'occasione persa, anzi: due. Non per disfattismo né tanto meno per pessimismo. Sta di fatto però che non si può commentare in altro modo la pubblicazione del testo ormai definitivo della prossima legge di Bilancio che si appresta a riscrivere, in parte, le regole del gioco. Letteralmente. Come noto, infatti, la manovra relativa al 2025 interviene in modo ampio e vario (ancora una volta) nei confronti del comparto del gioco pubblico, andando ben oltre le mere “buone intenzioni” della prima ora, che vedevano il governo occuparsi unicamente dell'attuazione di una proroga (di due anni) delle attuali concessioni per la gestione degli apparecchi da intrattenimento, ritenuta inevitabile e doverosa alla luce della situazione di impasse che caratterizza i lavori di riordino, tutt'oggi incagliati nello scoglio – apparentemente insormontabile – della trattativa con le Regioni. Alla fine, in maniera subdola e repentina, l'esecutivo ha partorito anche una serie di ulteriori misure, per lo più di carattere fiscale, che finiscono anche in questo caso con lo scontentare tutti. Non solo l'industria e gli addetti ai lavori, ma anche i rappresentanti del Terzo settore. Sì, perché nel testo appena approvato da Camera e Senato, si è finiti con l'incrementare la tassazione sulle scommesse sportive, sia terrestri che online (peraltro proprio alla vigilia della pubblicazione del bando di gara per il rinnovo della concessioni di gioco online, come abbiamo avuto modo di sottolineare), oltre a ritoccare la percentuale di vincita del gioco del bingo, creando non pochi (e ulteriori) grattacapi agli operatori di un settore divenuto ormai di estrema nicchia, e già fortemente penalizzato da vari fattori: non soltanto di mercato e, quindi, di natura di concorrenzialità con le altre offerte del paniere dei giochi di Stato, ma anche e soprattutto per via delle carenze e anomali normative e legislative che ne compromettono la ripartenza o anche solo l'esistenza, pensando alle mancate gare per il rinnovo delle concessioni, attese ormai da anni, oltre alla stratificazione normativa che ha visto varie sale soccombere di fronte alle leggi regionali o disposizioni comunali. Ma accanto allo sconforto degli addetti ai lavori che si vedono ancora una volta aumentare la tassazione e cambiare le carte in tavola dalla sera al mattino, con la solita ed esclusiva attenzione alla cassa da parte del Legislatore, stavolta l'indignazione arriva anche dal mondo del Terzo settore, dopo che l'esecutivo ha provveduto ad abrogare le norme relative all'istituzione del Fondo da 50 milioni di euro presenti nella legge di Stabilità del 2015 e quelle sull'Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave ricostituito presso il ministero della Salute, dopo il primo triennio 2016-2019, con decreto interministeriale del 12 agosto 2019 del ministro della Salute di concerto con il ministro dell’Economia e della finanze, sancendo al loro posto la costituzione di un Osservatorio dedicato “a ogni forma di dipendenza” e di un Fondo per le dipendenze patologiche (Fdp).
E nonostante alcuni piccoli e grandi passi in avanti nella trattazione della materia “gioco”, anche senza voler entrare nel merito degli aumenti dell'imposizione, tenendo conto che gran parte del paese è stato chiamato a dover compiere dei sacrifici, in virtù di un quadro economico non troppe felice, non si può fare a meno di notare ciò che più manca all'interno di questa manovra, che rappresenta la classica incompiuta. O, peggio ancora, un'autentica beffa. Leggendo nell'incipit delle misure sui giochi, in effetti, si legge come il legislatore nazionale interviene sui giochi “A fini di parità di trattamento tributario fra tipologie omologhe di gioco pubblico raccolto a distanza” (in relazione all'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse); come è giusto che sia. Peccato però che con lo stesso pacchetto di misure di eviti ancora una volta di intervenire nei confronti del segmento che più di ogni altro necessiterebbe di un allineamento della tassazione e di una “parità di trattamento tributario” nei confronti degli altri giochi, ovvero quello degli apparecchi da intrattenimento. Dopo che i dati di quest'anno rivelano ciò che era stato ampiamente previsto, ovvero una contrazione della raccolta e di conseguenza delle entrate erariali, da parte del principale contribuente dello Stato tra i vari giochi pubblici. E nonostante le varie richieste da parte dell'industria e di esperti vari di pensare a un passaggio (anche qui) alla tassazione sul margine se non all'introduzione di aliquote calmierati per ridare fiato alle imprese, il governo ha scelto ancora una volta di non scegliere. Il che appare una duplice beffa se si tiene conto anche dell'altro incipit di estremo interesse che si può scorgere nello stesso testo di legge, quando si parla di proroga delle concessioni: “In considerazione dell’obiettivo del ri ordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, (...), in considerazione della persistente mancata intesa con le regioni e con gli enti locali in ordine a un appropriato quadro regolatorio ed economico idoneo a identificare un corretto equilibrio finanziario delle concessioni in materia di distribuzione e raccolta del gioco pubblico, tenuto altresì conto delle dovute esigenze di continuità delle connesse entrate erariali”. Sarebbe dunque bastata unire i punti tra le due misure, per rendere ancor più evidente e inevitabile la riscrittura delle regole fiscali e tributaria anche per gli apparecchi. Invece, non è accaduto. Nemmeno stavolta. Ma a proposito di occasioni mancate, come dicevamo in premessa, non se ne scorge soltanto una: l'altra, pure grossolana, è quella relativa alla tassazione di scopo, anche questa più volte invocata a gran voce da addetti ai lavori e analisti vari, quale possibile soluzione al conflitto tra Stato ed enti locali e in vista di un'armonizzazione più generale della regolamentazione del gioco pubblico all'interno del sistema-paese. Stiamo parlando della tassazione di scopo, alla stregua della good causes del sistema britannico, che in questo caso viene soltanto sfiorata nel caso (e in favore) del settore ippico, ma senza esplorare la materia nella sua interezza e, quindi, in tutta la sua complessità. Con il governo di turno che, come nella peggiore delle tradizioni, ha scelto di intervenire mettendo la solita, ennesima toppa, ma senza risolvere davvero i problemi. Continuando a gettare la palla in avanti. Fino alla prossima crisi: o, meglio, fino al prossimo governo.
Ma se proprio si vuole essere ottimismi, come la settimana natalizia vorrebbe, si potrebbe auspicare che tutto questo lavoro attorno ai giochi operato all'interno della cantiene della Manovra, possa essere propedeutico per i prossimi lavori di riordino: in quel caso, dunque, non sarebbero del tutto campate in aria le riflessioni fatte dal legislatore e messe nero su bianco negli approcci normativi di cui sopra, come pure i vari sacrifici compiuti dagli addetti ai lavori rimasti a fatica sul mercato in attesa di un cambiamento che ancora, comunque, non è arrivato. Ed è proprio il caso di fare gli auguri agli operatori, di tutto il comparto.