Il nuovo sguardo della politica sui giochi e i primi passi verso il cambiamento
Nel momento in cui il governo si prepara a riformare l'industria del gioco, la filiera cerca di fare quadrato chiedendo tutele e certezze, nel percorso di legge delega.
Su una cosa sono tutti d'accordo, anzi, due: il gioco pubblico rappresenta una risorsa centrale nella realizzazione degli obiettivi di interesse costituzionale che sono presupposto dell’esistenza stessa dell’intero sistema concessorio: oltre agli aspetti fiscali, previdenziali, occupazionali e di Pil, quindi, anche il presidio sui territori sotto il profilo della tutela della salute, del risparmio e dell'ordine pubblico. L'altra, invece, è che non si può più ritenere rinviabile il riordino nazionale del gioco, proprio per il mantenimento dei principi di cui sopra, quindi per tutelare imprese e cittadini e contrastare illegalità. Questo, almeno, è quanto è emerso chiaramente nei giorni scorsi, in occasione del Forum Acadi-Confcommercio 2023, al quale hanno partecipato i principali stackholder istituzionali che gravitano attorno al comparto del gioco: con una ricca (e degna) rappresentanza della politica, che si è mostrata concorde sui temi sopra elencati.
Del resto, come ha ben evidenziato il report sul gioco pubblico proposto dalla stessa Acadi, al comparto sono ascrivibili 11,2 miliardi di euro di gettito che è entrano nelle casse dello Stato nel 2022. DI questi, ben 10,2 miliardi, pari a circa il 91 percento, è la quota generata dal gaming retail. Una rete, questa, distribuita sull'interno territorio nazionale che conta oltre 85mila punti vendita, di cui ben 75mila appartenenti alla rete generalista, che presidiano oltre 6mila comuni italiani. Ragion per cui, almeno tra i partecipanti all'evento di Acadi, è emersa un'altra posizione condivisa che è quella che vede protagonista l’offerta di gioco sul territorio, e in particolare quella della rete generalista e delle sue filiere. Una consapevolezza fondamentale nel momento in cui si stanno riscrivendo le regole generali su cui impostare l'intero futuro dell'industria, dalle quali prenderanno vita le prossime gare per il rinnovo delle concessioni. Con il governo che cerca di rimuovere i corto circuiti istituzionali esistenti (primo su tutti quello dell'annosa Questione Territoriale) provando anche a ridisegnare i criteri distributivi. Il tutto attraverso la proposta di Delega Fiscale, con un intero articolo dedicato al riordino del gioco, che ha già ottenuto l'approvazione in sede parlamentare senza sostanziali emendamenti, portando alla successiva nomina delle commissioni per la preparazione degli schemi di decreti delegati, i cui risultati (seppur non ancora noti), sono stati proposti al viceministro Maurizio Leo entro la scadenza concordata del 20 settembre. Allo scopo di poter definire tutti gli aspetti del Nadef, la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, che come noto fonda le basi per i provvedimenti che saranno adottati di qui alla legge di bilancio, cercando di capire cosa può essere inserito subito e cosa invece potrà slittare ai mesi successivi e all'anno venturo.
In un momento in cui l'industria – a livello globale – assiste a un sostanziale spostamento verso la dimensione virtuale (o telematica, ricorrendo alla terminologia novecentesca), in Italia si tenta dunque di affermare a gran voce l'importanza del territorio, che senza le opportune riforme rischia di finire in secondo piano e di essere fortemente penalizzato dagli eventi e dal lassismo della politica, oltre che dall'evoluzione tecnologica e dalla digitalizzazione: la quale, al contrario, dovrebbe rappresentare un'arma in più (anche) per l'offerta terrestre, e non un ostacolo.
Anche perché, vale la pena ricordare, la scomparsa di un'offerta di gioco “fisica” sul territorio, porterebbe inevitabilmente alla sostituzione della stessa con una proposta illecita, come ci spiega l'esperienza e la storia del nostro paese: e non a una totale migrazione verso l'offerta legale online. Anzi, al contrario, come dimostrano le stime diffuse nei giorni scorsi a livello nazionale e come certificato anche dalla Sottosegretaria di Stato al ministero dell'Economia e delle Finanze, Lucia Albano, il giro d’affari del gambling non autorizzato è di circa 25 miliardi. E tanto basta a farsi un'idea su quanto possa risultare centrale il mantenimento di un'offerta di gioco di Stato nel nostro paese, che nell'apparire (ed è un fatto) altamente capillare e forse addirittura eccessiva a uno sguardo terzo, dall'altro lato risulta addirittura insufficiente a soddisfare le richieste dei consumatori, che vogliono addirittura di più, come dimostra il consenso che ricevere anche la rete illecita.
Per questo, come dice Albano, se “fino al 2022 c’è stata la volontà di ridurre i giochi all’interno dei territori riducendo l’offerta con il distanziamento dei luoghi fisici. Ora è importante considerare la questione giochi come un sostegno alla legalità e alla socialità". Ed è proprio quello che intende fare il Legislatore nazionale con la riforma generale del comparto che scaturirà dalla legge delega. Almeno, queste sono le intenzioni, ed è già un risultato, tenendo conto di ciò che è accaduto fino ad oggi nel nostro paese.
Adesso però si tratta di capire come fare a centrare questi obiettivi, visto che – come ricorda il direttore dei giochi dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Mario Lollobrogida, responsabile anche della Commissione sui giochi incaricata dal vice ministro Leo, “alcuni comparti come quelli degli apparecchi di intrattenimento e delle scommesse fisiche non possono partire ed essere regolarizzati se non c’è prima la definizione di un perimetro certo di regole sul territorio. In caso contrario Adm e operatori non possono programmare investimenti sul territorio perché potrebbero essere messi in discussione dagli enti locali”. Auspicando di poter arrivare a questi risultati già nel primo periodo del 2024, con i lavori della commissione che volgiono essere “una base concreta e uno spunto di riflessione per la futura legislazione”. O, almeno, così sono stati concepiti.
Ma adesso è giunto il momento di fare sul serio perché, come è emerso chiaramente dal Forum in Confcommercio, l’urgenza c’è tutta. Per tenere in sicurezza la stabilità del sistema concessorio, mantenere su livelli di sostenibilità la tassazione del comparto che impatta sugli aggi delle filiere, implementare gli strumenti di concreta tutela degli utenti, tra cui il registro autoesclusione, la valorizzazione e formazione dell’offerta, un processo di qualificazione della domanda (intrattenimento e gioco responsabile), ma senza fare discriminazioni tra verticali distributive. Una preoccupazione, questa, da ritenere legittima visto che la Legge Delega allo studio prevede in un passaggio sul sistema distributivo delle reti di raccolta (si tratta della lettera c) dell’articolo 15 dedicato ai giochi, laddove vengono utilizzati tre concetti “razionalizzazione territoriale e numerica dei luoghi fisici”, utilizzo di “criteri di specializzazione” e di “progressiva concentrazione”.
Per il momento, non rimane che attendere ancora qualche giorno per capire se e come il governo deciderà di intervenire fin da subito sul mercato del gioco, attraverso le Legge di Bilancio, ma soprattutto, se riuscirà a portare a compimento quell'atteso riordino che l'intera industria attende da troppo tempo. Ma che attendono anche gli stessi enti locali, ormai schiacciati dal peso delle norme e dalla responsabilità di una regolamentazione ormai raffazzonata, di cui sono in parte artefici e in parte vittime. Ma che in ogni caso, non è più sostenibile, per nessuno.
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