Roma - Ad approfondire l’evento “Gioco pubblico e altre forme di intrattenimento” nella sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale a Roma, in piazza Montecitorio, di oggi, 27 novembre, c’erano quattro relatori nel panel “Gioco pubblico, tra innovazione e analisi comportamentale”.
A parlare è stato Michele Budelli, fondatore e CEO di Pg Esports e Fandango Club, insieme a Laura D’Angeli, founder di Studio D’Angeli ed esperta nel settore del gaming; Rita Mascolo, docente di Storia dell’economia e dell’impresa nell’Università Luiss Guido Carlo; e Niccolò Ruberti, esperto nel settore del gaming di Prisma Mag. A moderare l’incontro è stata Alessandra Micelli, condirettore di Formiche e direttore Healthcare Policy.
L’appuntamento era la presentazione dell’ulteriore puntata del prezioso e interessante lavoro dell’Osservatorio sul gioco pubblico di SWG, che, dal 2020, approfondisce in chiave empirica i principali aspetti del gioco pubblico. A partire dai dati dell’Osservatorio promosso da IGT e realizzato con Formiche, ogni evento indaga su un tema specifico.
A esordire, il CEO di Pg Esports e Fandango Club, Budelli: “Noi come organizzatori di eventi esaltiamo il lato sano delle socializzazioni, portiamo fuori i nerd e creiamo momenti aggregativi. Una soluzione interessante che ha nobilitato questa pratica e valorizza il divertimento. Mi ha colpito in questa ricerca lo spirito dei giocatori legato al divertimento. Io, per esempio, con mio padre non ho giocato ai videogiochi perché non potevo, ma io posso farlo con i miei figli e questa può essere anche una strada per farli imparare.”
Laura D’Angeli ha proseguito: “Possiamo parlare di evoluzione della domanda e dobbiamo considerare aspetti più rilevanti per condizionare nel senso buono l’offerta. Dall’analisi emerge che solo l’8% in realtà è un giocatore esclusivo; ciò vuol dire che le misure di prevenzione devono essere previste per tutti. Non va bene una misura valida solo per un gioco. Un altro dato emerso è che c’è la tecnologia: non possiamo dimenticare che viviamo in un periodo con un’importante accelerazione tecnologica, elemento di dialogo anche tra generazioni. È necessario partire proprio dalla tecnologia per sviluppare strumenti di prevenzione basati sulla consapevolezza. Esistono tante applicazioni che aiutano a gestire meglio questo fenomeno.”
La professoressa Rita Mascolo ha analizzato: “Se il gioco viene incorniciato per motivi sociali e culturali come qualcosa di proibito, viene attenzionato in un modo negativo. Ma questo cambio di passo c’è stato anche negli studi accademici. Finalmente, anche nelle scienze economiche, l’uomo viene trattato come individuo che ha sensazioni e vuole divertirsi. Ecco che il gioco entra nelle abitudini di vita del cittadino. È una sorta di necessità: possiamo riscontrare il gioco presente nella vita degli uomini, in Mesopotamia, Egitto, Cina. Qualcosa che fa parte della vita del cittadino; poi può anche esserci frustrazione, ma è sempre un’emozione.”
A concludere, Niccolò Ruberti di Prisma Mag: “Se guardiamo i giocatori nel complesso, vediamo che il 76,5% dei player spende molto poco. Lo fanno principalmente per divertimento e intrattenimento, sostitutivo di altri segmenti. Il nostro è un settore dove le persone cercano intrattenimento; può essere fisico o online, ma l’obiettivo non è la vincita, bensì il divertimento. Il CNR stima che i giocatori patologici siano circa il 2%, il che vuol dire che il settore sconta una brutta pubblicità e la politica locale ha punito il gioco, dando ulteriore visione di oscurità quando bisogna riprovare a dare una giusta chiave di lettura. Il gioco pubblico offre intrattenimento a utenti, la maggior parte dei quali è sana, non votata alla patologia. Poi c’è chi ne abusa ma succede dappertutto. Le cifre spese sono infatti sostenibili alla maggior parte delle persone.”