La storia dell'ippica italiana è colma di personaggi un po' da leggenda che lavorando dietro le quinte hanno contribuito allo spettacolo in pista e a rendere immortale il nome di tanti cavalli.
Fra loro c'è senza dubbio Alduino Botti, da molti definito “il re del galoppo italiano”, l'allenatore più vincente di tutti, con l'ormai mitica scuderia Dioscuri.
A sua volta figlio di un allenatore – il padre Edmondo, scomparso prematuramente a causa di un incidente quando lui aveva poco più di 20 anni – e fratello, padre o zio di altri fuoriclasse del settore, che hanno ereditato la stessa passione per l'ippica e anche la stessa abilità nel conquistare vittorie e premi.
Ma stavolta il protagonista è lui, ed ecco quindi la sua storia, senza dimenticare il suo punto di vista sul rilancio del comparto.
CINQUANT'ANNI DI SUCCESSI - "Quando mio padre perse la vita, nel 1969, io facevo il fantino, ormai da qualche anno. Era l'epoca di Gianfranco Dettori (leggendario fantino che ha vinto quasi 3800 corse in carriera, Ndr) e di Tonino Di Nardo (altro talento della pista, scomparso proprio quest'anno, Ndr), e io avevo vinto 500 corse, un po' di corse di Gruppo, la Coppa del mare, il Parioli. Ma già il mio fisico cominciava a tradirmi e difatti mio padre mi diceva di smettere".
Con la sua scomparsa si trovò a dover rinunciare per forza e decise di prendere in mano il mestiere del padre, su impulso dei proprietari dei cavalli che lui allenava e con il sostegno del fratello Giuseppe, appena tornato dal servizio militare.
"Avevo 21 anni, e colsi la chance di provare. Ho cominciato piano, nel 1971 ho preso la patente da allenatore, nel 1973 ho vinto la prima classifica degli allenatori del galoppo. Da allora in poi la fortuna ci ha sempre assistito, o forse è merito di nostro padre che ci guarda dall'alto, e abbiamo conquistato la vetta di 49 classifiche, ora stiamo stringendo i denti per vincere la 50esima.
Il mio avversario è mio nipote Edmondo, conosciuto da tutti come Endo, figlio di mio fratello, titolare di una sua scuderia: è cresciuto con noi, e devo dire che ha appreso abbastanza bene il mestiere", dice sorridendo con orgoglio.
"Sicuramente il fatto di essere nato in quest'ambiente dà un qualche vantaggio, ma questo è un lavoro che va fatto con passione, e richiede tanti sacrifici: ci si alza la mattina alle 5, si programmano i lavori da fare, bisogna avere occhio sui cavalli che vanno bene, essere in grado di operare una selezione e saper individuare il migliore del gruppo.
Al mio fianco c'è mio figlio Stefano, che finora ha vinto per 14 volte la classifica gentleman. Abbiamo 150 cavalli, poi da un anno all'altro vanno fatte la selezione, la doma in autunno dei cavalli che correranno l'anno successivo.
I cavalli migliori restano con noi, gli altri li diamo a scuderie più piccole, che hanno meno ambizioni della nostra.
Sicuramente è molto difficile mantenere standard alti, sosteniamo grossi sacrifici, non sappiano cosa siano le ferie, nelle giornate di festa lavoriamo di più perche ci sono le corse, e dobbiamo essere in grado di reggere lo stress anche dei proprietari."
UN GRANDE FUTURO (DIETRO ALLE SPALLE) - Approfittiamo della grande esperienza e capacità di visione di Botti, che fa anche parte del consiglio dell'Anac – Associazione nazionale allevatori cavalli purosangue per chiedergli come vede il futuro del galoppo italiano, considerando che oltre ad essere un allenatore gestisce anche cinque strutture di allevamento, fra la Lombardia, la Toscana, il Lazio e l'Umbria. "L'ippica di oggi è brutta, non è come quella che ho conosciuto io, fatta di e da baroni e marchesi. Oggi purtroppo ci sono società che fanno speculazione, mentre prima era un hobby. Prima la gestione delle società era ottima, venivano tenute bene le scuderie e le piste di allenamento, ora è tutto diverso, incerto. Ad esempio a Roma non si sa neppure se si correrà l'anno prossimo."
Sul pericolo del declassamento del galoppo italiano, che ogni tanto fa capolino, Botti non ha dubbi: "Il galoppo si è declassato perche c'è sempre stata una spinta alla diminuzione della qualità. Dall'Unire (l'Unione nazionale incremento razze equine, ente nato nel 1932, dotato di autonomia finanziaria, amministrativa e contabile e posto sotto la vigilanza del ministero dell'Agricoltura, trasformato in Assi - Agenzia per lo sviluppo del settore ippico nel 2011 e quindi soppresso nel 2012, quando le sue funzioni vennero trasferite quasi interamente al Ministero, Ndr), composta da personaggi di spessore, di competenza, come Carlo D'Alessio, siamo passati nelle mani del ministero, i cui dirigenti o vertici politici cambiano ogni pochi anni, senza avere il tempo di capire davvero i meccanismi che regolano il settore e di poter agire di conseguenza. La situazione sembrava andare meglio ai tempi in cui era ministro Luca Zaia (l'attuale governatore del Veneto, Ndr), che ha preso a cuore il settore. Fuori dall'Italia l'ippica è un'altra cosa, c'è pubblico, c'è passione, ci sono scuderie importanti, sceicchi che investono alle aste comprando cavalli dal costo di milioni, ancora da domare. Qui i pagamenti sono a otto-dieci mesi, con tutto quello che ne consegue. Noi abbiamo un'azienda con 70 persone in regola, e ci piace pagare il personale, ogni mese. Per farlo, considerando i ritardi, qualche volta abbiamo dovuto vendere qualche cavallo buono."
Cosa fare, e come farlo, per rilanciare l'ippica e riportarla ai fasti di un tempo, o almeno nella sua prossimità? "Sicuramente bisogna investire nella promozione, per portare più persone negli ippodromi. Poi è necessario elevare la qualità, migliorare il nostro 'prodotto', non mettere in crisi i lavoratori, tutta la filiera, cercando di tenere i cavalli 'buoni' in italia, invece di venderli perché non puoi fare altrimenti, per poter andare avanti. Di certo c'è chi se ne approfitta. Si sono inventati le corse di cavalli arabi e mezzo sangue, cavalli che costano poco, nati con l'inseminazione artificiale, mentre noi mandiamo le fattrici all'estero, direttamente dagli stalloni, pagando le spese di viaggio, le pensioni."
Per invertire la tendenza può essere utile l'applicazione della riduzione dell'Iva sulle vendite dei puledri per gli animali "fino al 31 dicembre dell'anno successivo a quello della nascita", contemplata dalla legge n° 143 del 7 ottobre 2024. Una misura che per Botti può fare da antidoto alla crisi attuale degli allevamenti, sempre più impoveriti, e permettere di trovare più acquirenti, rimettendo in moto un po' tutto il sistema: "Tante fattrici non vengono coperte, tanti allevatori gettano la spugna, io sono ancora in ballo, ma con tanti sacrifici, visto che dobbiamo anticipare i pagamenti che non arrivano". Fra le altre migliorie da apportare per lo storico allenatore ci sono anche quelle agli ippodromi. "Chi è capo del settore dovrebbe pretendere qualità, non dare milioni per tenere centri di allenamento e poi non seguirli più. Dovrebbe controllare se fanno lavori o meno, se vanno al risparmio, per intascare i contributi che ricevono. Non vengono date direttive su come tenere gli impianti e i convegni di corse non vengono reclamizzati, come accadeva un tempo sulle fiancate degli autobus, mentre si dovrebbe prevedere la destinazione di parte dei contributi ricevuti dal Ministero proprio a questo. Altrimenti come si fa a creare un pubblico nuovo?"
Senza dimenticare l'urgenza di reperire anche nuove risorse per l'ippica attraverso una riforma delle scommesse.