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Cassazione: 'Mancato versamento Preu e quota legge stabilità 2015 è peculato'

20 novembre 2023 - 15:55

La Corte suprema respinge il ricorso del legale rappresentante di una società di gioco spiegando che 'tutto il danaro incassato dal gioco appartiene alla pubblica amministrazione sin dal momento della sua riscossione'.

Scritto da Dd
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"Il soggetto che incassa le giocate non ha il possesso di tale danaro, ma è un mero debitore nei confronti dell'amministrazione finanziaria ad una somma commisurata all'entità del danaro percepito."

È questo uno degli elementi sulla base dei quali la Corte suprema di Cassazione respinge il ricorso presentato dal legale rappresentante di una società del settore del gioco, che gestiva slot machines per contro di un concessionario di Adm.

La Corte di appello di Bologna, infatti, riformando una sentenza di primo grado del Tribunale di Forlì, aveva riconosciuto ulteri delitti al legale rappresentante condannandolo alla "pena di due anni e otto mesi di reclusione e al risarcimento del danno, determinato in euro 85.000".

Il ricorrente, a sua discolpa, prova a far notare che "in caso di ritardo o omesso versamento del Preu, il gestore (o il concessionario) non si appropria di una cosa altrui, ma semplicemente si rende inadempiente ad una obbligazione tributaria".

E in altro punto, sempre il ricorrente, sottolinea che "il prospetto elaborato dalla Guardia di Finanza all'esito di indagini, richiamato dalla Corte di Appello di Bologna, infatti, ad avviso del difensore, darebbe conto del fatto che gli importi non versati di cui agli addebiti provvisori per un totale di euro 79.062,06 sarebbero maturati, fatta eccezione per l'importo relativo alla Legge di Stabilità 2015, in un periodo brevissimo, inferiore a tre mesi e, dunque, per gli anni precedenti, l'adempimento di Favola s.r.l. era stato totale".

Ma la Corte di Cassazione risponde in primis che tale interpretazione (che il denaro incassato all'atto della giocata deve ritenersi interamente
di proprietà della società che dispone del congegno) "è stata, tuttavia, disattesa" dalle Sezioni unite e non sono stati addotte argomentazioni nuove o ulteriori".

Aggiunge quindi la Csc, che "la Corte di appello di Bologna ha rilevato come il ricorrente, sulla base delle obbligazioni contrattuali assunte e che per molti anni aveva adempiuto ai propri obblighi, avesse piena consapevolezza dell'appropriazione posta in essere e che la stessa non poteva essere giustificata né da asseriti e indimostrati contro crediti, né dalla tolleranza del concessionario all'inadempimento" del ricorrente.

Tutti motivi che hanno portato quindi la Corte di cassazione a respingere il ricorso.

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